Napoli, 19 novembre 2013 - è morto a Napoli Marcello D’Orta, 60 anni, l’autore di ‘Io speriamo che me la cavo’, ammalato da tempo di cancro, l’ex maestro elementare era diventato noto con il best seller dal quale venne ricavato anche un film. Era impegnato ora nella stesura di un libro su Gesù.

La notizia è stata data dal figlio, padre Giacomo. I funerali si terranno domani nella Basilica di San Francesco di Paola, in piazza Plebiscito a Napoli. Lascia la moglie Laura.

Commentatore per i nostri giornali, Marcello d'Orta aveva preso posizione in difesa dell'uso del dialetto: "Io, modesto maestro elementare, dissento da glottologi, filologi e professori universitari. Il dialetto nasce dentro, è lingua dell'intimità, dell'habitat, 'coscienza terrosa' di un popolo, sta all'individuo parlante come la radice all'albero; nasce nella zolla, si nutre nell'humus, si fonde nella pianta stessa. È, insomma, l'anima di un popolo"

LA VITA E I LIBRI - Nato il 25 gennaio del 1953 in una casa di Vico Limoncello, nel Centro antico, in una famiglia di dieci persone, Marcello D’Orta ha insegnato per quindici anni nelle scuole elementari. E' diventato famoso nel 1990 con la pubblicazione di “Io speriamo che me la cavo”, libro che ha venduto in Italia due milioni di copie e da cui è stato tratto il film con Paolo Villaggio per la regia di Lina Wertmuller.

Fra le sue opere ‘Dio ci ha creato gratis’, ‘Romeo e Giulietta si fidanzarono dal basso’, ‘Il maestro sgarrupato’, ‘Maradona è meglio ‘e Pelè’, ‘Storia semiseria del mondo’, ‘Nessun porco è signorina’, ‘All’apparir del vero, il mistero della conversione e della morte di Giacomo Leopardi’’, ‘Aboliamo la scuola’, ’A voce d’’e creature’ ’Era tutta un’altra cosa'. (GUARDA IL VIDEO)

Un anno e mezzo fa l’ex maestro della scuola ‘sgarrupata’ di Arzano confido’ di avere il cancro e di lottare contro la malattia anche con la scrittura: ‘Scrivo per non morire'. Dunque, la scrittura per avere ancora dignità e scacciare indietro il male. Un libro, un altro, e un altro ancora per assecondare una passione ed una ‘vocazione' cominciata dai tempi del successo di ‘Io speriamo che me la cavo’ ma anche per combattere, per esorcizzare una malattia spesso molto difficile da sconfiggere.