Boretto (Reggio Emilia), 10 gennaio 2014 -  DOVEVA essere un punto di riferimento per la navigazione commerciale su fiume, ma dal 2007, anno della sua inaugurazione, in pratica non è mai entrato in funzione. Una vera e propria ‘cattedrale nel deserto’ da otto milioni di euro. È il Tec, il Terminal dell’Emilia Centrale di San Rocco di Boretto, un porto progettato nel paese reggiano per fungere da attracco per navi commerciali, unica infrastruttura idroviaria di questo tipo sulla sponda emiliana del Po.
Pensato già alla fine degli anni Novanta dai vertici dell’ex Arni (poi confluita in Aipo), il porto commerciale borettese doveva offrire un’alternativa al trasporto su strada e portare al fiume i flussi di traffico che si prestano al trasporto su acque interne: interti, sabbie, argille, ghiaia, ma anche olio combustibile, gas, prodotti chimici, farine, materiali ferrosi… Forte dei numeri del 2003 e del 2004 dei valori del trasporto su fiume (circa tre milioni di tonnellate di merci varie), il progetto del Tec sembrava essere un grosso investimento improntato al futuro del trasporto commerciale su una vasta area del nord Italia, fra la zona delle Ceramiche e la Motor Valley.

IL TEC è stato realizzato con una capacità di circa 700 mila tonnellate all’anno (2.500 tonnellate al giorno), con previsione di accogliere da subito circa 70 mila tonnellate di merci, pari a oltre tremila autotreni che sarebbero stati tolti dal traffico stradale. Che significa limitato rischio di incidenti (soprattutto per i possibili effetti di trasporti di materiale chimico o pericoloso) e riduzione di inquinamento atmosferico. Per rendere efficiente il Tec, si era pensato pure ai collegamenti con l’esterno: un’adeguata bretella stradale con collegamento diretto alla Cispadana (il nuovo asse che attraversa tutta l’area rivierasca reggiana, da Codisotto di Luzzara fino a Brescello), ma anche un percorso ferroviario (questo, però, mai realizzato) per raggiungere la vicina linea Parma-Guastalla-Suzzara.
Un progetto, quello del porto commerciale, approvato nel 1998 dalla Regione Emilia-Romagna con fondi dello Stato, per una somma di oltre otto milioni di euro. Un prezzo concorrenziale del carburante per le navi e accordi con grossi gruppi industriali avrebbero dovuto lanciare il trasporto fluviale. Ma, dopo i timidi segnali di interesse iniziali, in molti avevano preferito mantenere il servizio di trasporto su rotaia e su gomma, evitando così i possibili disagi dovuti allo stop della navigazione nei periodi di secca del fiume Po. Così, al Tec di Boretto di grandi navi non ne sono mai arrivate. Così come il grande piazzale è sempre rimasto deserto.

A ECCEZIONE di un periodo in cui un’azienda locale, la Bacchi Spa, nel 2008 aveva ottenuto il permesso di usare l’area esterna del piazzale come deposito per tubi in metallo, pagando un affitto di 18mila euro all’anno. Ma anche quel deposito, in tempi brevi, era stato ‘smantellato’, togliendo pure quella minima attività che si era creata attorno alla struttura. Una realtà che non è cambiata nel tempo: il Tec di Boretto resta abbandonato a sé stesso. Resta la segnaletica che indica il porto, ma il grande cartello all’ingresso è stato rimosso dalla struttura, che ai passanti sul vicino argine appare come un gran piazzale su cui crescono solo… erbacce.