Roma, 28 marzo 2014 - Nessun obbligo giuridico di denunciare i casi di abuso sessuale nei confronti di minore da parte dei sacerdoti, ma dovere morale di favorire la giustizia che persegue i reati. E' quanto si legge nelle linee guida della Conferenza Episcopale Italiana. "Nell’ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico - salvo il dovere morale di contribuire al bene comune - di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti oggetto delle presenti Linee guida", scrive infatti la Cei.

Dunque "i vescovi sono esonerati dall'obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero" così come stabilito da Codice di procedura penale e dal Concordato lateranense. Ed eventuali informazioni su un procedimento giudiziario canonico possono essere richiesti dall'autorità giudiziaria "ma non possono costituire oggetto di un ordine di esibizione o di sequestro".

"Importanza fondamentale" - si legge ancora nel documento - ha la protezione dei minori e in questa direzione si richiamano i vescovi a un "dovere morale di contribuire al bene comune", ma la collaborazione con l’autorità civile (definita altrettanto "importante") resta a discrezione dei singoli. I vescovi italiani dunque ribadiscono la differenza di ruoli tra autorità ecclesiastica e civile. Il vescovo non è "obbligato" a denunciare ma ha "un dovere morale": è questo il passo in avanti rispetto al precedente documento della Cei che la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva chiesto di rivedere.

Le Linee guida della Cei prevedono poi lo svolgimento - a seguito di denuncia o segnalazione - di una "indagine previa" e indicano le modalità di procedura in caso di riscontrata veridicità dei fatti con la conclusione delle eventuali misure canoniche da applicarsi nei confronti di un chierico riconosciuto colpevole dell'abuso sessuale su un minore e che vanno dalla restrizione del ministero pubblico "in modo completo" escludendo i contatti con i minori, alle pene ecclesiastiche "fra cui la più grave è la dimissione dallo stato clericale".

La Cei, inoltre, raccomanda ai vescovi di avere "una speciale cura" nel discernimento vocazionale dei candidati al sacerdozio o alla vita consacrata. In particolare sottolinea l’importanza di una "rigorosa attenzione allo scambio di informazioni, sui candidati al sacerdozio che si trasferiscono da un seminario all’altro".

Il nodo della collaborazione tra autorità ecclesiastiche e civili per combattere il fenomeno della pedofilia è uno dei punti chiave delle indicazioni del Vaticano. Quella della stretta collaborazione con i giudici è, per esempio, la via scelta dai vescovi d’Irlanda, Germania, Danimarca.