Forlì, 11 aprile 2014 - «Il nuovo carcere di Forlì sarà pronto nel dicembre 2012». Lo dichiarò, nell’ottobre 2009, l’allora ministro di Grazia e giustizia Angelino Alfano in risposta a un’interrogazione del senatore Sergio Zavoli. Anche l’ex Guardasigilli si è sbilanciato sulla fine dei lavori della struttura, in costruzione in via Celletta dei Passeri, nel quartiere Quattro. Al momento di (quasi) pronto c’è solo la palazzina destinata a ospitare la direzione e gli uffici.

«Si parla di fine lavori per il 2015, inizio 2016», dice il vice sindaco del Comune di Forlì, Giancarlo Biserna. È ottimista, l’amministratore, perché fino a qualche mese fa non erano nemmeno chiare le previsioni su quando gli operai avrebbero lasciato il cantiere (i lavori sono iniziati nel 2008). C’è poi un altro punto oscuro, quello dei costi (a carico dello Stato). Inizialmente si era parlato di un progetto di 59 milioni, ma l’allungamento dei tempi è destinato a far lievitare la cifra in fattura. Come si è arrivati a questo punto? Diciamo che si tratta di un impasto di burocrazia, imprevisti, sfortuna, soprintendenze varie, questioni legate agli appalti e, buon ultimo, ritrovamento di ordigni bellici. È mancata giusto un’invasione di cavallette, per citare i Blues Brothers.

I lavori sono divisi in due lotti. Il primo, già avviato, prevede la costruzione del muro di cinta e della palazzina con gli uffici. Il secondo lotto è destinato a partire a breve. Servirà, spiega Biserna, «per costruire altre palazzine. Quella per i detenuti e quella per il personale». I due lotti, in buona sostanza, «dovrebbero proseguire insieme». Ora, completata la bonifica bellica, i cantieri si rimetteranno in moto. «Già in diverse occasioni — continua l’amministratore — abbiamo manifestato la nostra preoccupazione per i troppi e lunghi rallentamenti che in una realtà forlivese, che ha il carcere in così cattive condizioni, non possono essere consentiti».

Già, dove si trovano ora i detenuti? Citofonare alla Casa circondariale, in via della Rocca. Anche questa, un’altra saga infinita. Nel 2011 i detenuti mandarono una lettera al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, minacciando uno sciopero della fame. «Topi che escono dai water, malattie, poco cibo», scrisse il portavoce dei detenuti. «È impossibile vivere in questa struttura fatiscente dell’era fascista», aggiunse. Sì, perché il carcere è inserito nella cittadella della Rocca di Ravaldino (il tutto a cinque minuti dal centro storico di Forlì). «Sul finire dell’Ottocento, all’interno della piazza d’armi vennero edificate le carceri», raccontano Gabriele Zelli e Marco Viroli nel loro ‘Forlì. Guida alla città’. Detto in altro modo: il carcere è vecchio. Al momento un lato è oggetto di lavori.

«Sa cosa succede? — racconta Daniela Avantaggiato, segretaria Settore penitenziario Funzione pubblica-Cgil —. I problemi sono due. Piove dentro al carcere e in più vogliono ripristinare la ‘sezione attenuata’». Quest’ultima, chiusa nel 2009, ospita detenuti con particolari problematiche (come i tossicodipendenti). «Il problema è che per seguire questi carcerati servono agenti penitenziari appositamente formati». E già ora gli agenti scarseggiano. «Tra uomini e donne sono 80, quando dovrebbero essere almeno 100. Inoltre sono 80 solo sulla carta, perché alcuni di loro hanno limitazioni di vario genere. Problemi di salute, non possono lavorare nei feriali o di notte».

Identico ragionamento per la sezione femminile, che conta 20 detenute, 15 guardie carcerarie ma solo 6 con i tutti i requisiti per garantire servizi notturni e nei feriali. Il lavoro dell’agente «è usurante e di responsabilità. Ci sembra che vogliano fare le nozze con i fichi secchi».

Luca Bertaccini