Roma, 12 aprile 2014 -  L’estradizione è un meccanismo di cooperazione giudiziaria internazionale che si concretizza nella consegna di una persona da uno Stato, nel cui territorio si trova, a un altro che ne abbia fatto domanda affinchè la persona possa essere sottoposta a giudizio (cosiddetta “estradizione processuale”) o all’esecuzione a suo carico di una sentenza di condanna o ad altro provvedimento restrittivo della liberta’ personale (cosiddetta “estradizione esecutiva”).

L’istituto è previsto anche dalla Costituzione ed è disciplinato dalla legge italiana e dalle convenzioni internazionali. L’estradizione è “attiva” (dall’estero), quando è l’Italia a presentare domanda a un altro Paese, e “passiva” (per l’estero), quando e’ un altro Paese a farne domanda all’Italia.

L’estradizione attiva, come nel caso Dell’Utri, è regolata dagli articoli 720-722 del Codice di procedura penale. E’ il guardasigilli il “ministro competente (articolo 720) a domandare ad uno Stato estero l’estradizione di un imputato o di un condannato nei cui confronti debba essere eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale”: puo’ farlo sia “su richiesta del procuratore generale presso la Corte d’appello nel cui distretto si procede o e’ stata pronunciata la sentenza di condanna” sia “di propria iniziativa”. Ed è sempre il ministro a decidere “in ordine all’accettazione delle condizioni eventualmente poste dallo Stato estero per concedere l’estradizione, purche’ non contrastanti con i principi giuridici fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano” (in questi casi si parla di estradizione “condizionata”).

In ogni caso, la persona estradata (articolo 721) non può essere sottoposta a restrizioni della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza nè assoggettata ad altra misura restrittiva della liberta’ personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa”.