Roma, 17 aprile 2014 - Papa Francesco si è chinato a lavare e baciare i piedi a dodici disabili, durante la messa del Giovedì Santo nel Centro Don Gnocchi di Via Casal del Marmo. I disabili, malati di diverse patologie, hanno tra i 16 e gli 86 anni. Tre gli stranieri, tra cui un giovane libico di religione musulmana.

"Abbiamo sentito quello che Gesù ha fatto nell’ultima cena: è un gesto di congedo, è come l’eredità che ci lascia. Lui è Dio e si è fatto servo, servitore nostro", ha detto Francesco nella breve omelia a braccio alla messa "in coena Domini" prima di lavare i piedi a dodici disabili ospiti del centro Don Gnocchi che ha visitato nel giovedì santo. "Questa è l’eredità, anche voi dovete essere servitori gli uni degli altri", ha proseguito Bergoglio, "lui ha fatto questa strada per amore, anche voi dovete amarvi, essere servitori e nell’amore. Questa è la verità che ci lascia Gesù e fa questo gesto di lavare i piedi che è gesto simbolico, lo facevano gli schiavi, i servi", "la gente che veniva a pranzo o a cena perché a quel tempo le strade erano di terra e quando entravano in casa era necessairo lavarsi i piedi. Gesù fa un gesto, un lavoro un servizio di schiavo, di servo e questo lo lascia come eredità a noi".

"Noi - ha detto ancora il Papa - dobbiamo essere servitori gli uni degli altri, e per questo la Chiesa del giorno d’oggi" ricorda la ultima cena, "quando Gesù ha istituito l’eucaristia" e poi ricorda "questo gesto di lavare i piedi che ci ricorda che dobbiamo essere servi uno dell’altro. Adesso io farò questo gesto e tutti noi nel cuore nostro pensiamo agli altri, e pensiamo nell’amore che Gesù ci dice che dobbiamo avere con gli altri, e pensiamo anche come possiamo servire gli altri, perché così Gesù ha voluto da noi".

Questa mattina, alla messa del crisma nella basilica di San Pietro, Francesco ha ricordato gli anni del sacerdozio: "Anche nei momenti di tristezza, in cui tutto sembra oscurarsi e la vertigine dell’isolamento ci seduce, quei momenti apatici e noiosi che a volte ci colgono nella vita sacerdotale (e attraverso i quali anch’io sono passato), persino in questi momenti il popolo di Dio è capace di custodire la gioia, è capace di proteggerti, di abbracciarti, di aiutarti ad aprire il cuore e ritrovare una gioia rinnovata”.

Rinnovando le promesse fatte al momento dell’unzione con il crisma, come sacerdoti - ha sottolineato Papa Francesco - riviviamo oggi "una gioia che ci unge, non che ci rende untuosi, sontuosi e presuntuosi: è una gioia incorruttibile ed è una gioia missionaria che si irradia a tutti e attira tutti, cominciando alla rovescia: dai più lontani". "Se non esci da te stesso l’olio diventa rancido", ha affermato il Pontefice ricordando al clero di Roma, nell’omelia della messa crismale, che “l’incommensurabile grandezza del dono che ci e’ dato per il ministero ci relega tra i piu’ piccoli degli uomini”.

“Non esageriamo - ha spiegato il Papa ai preti di Roma - se diciamo che il sacerdote è una persona molto piccola: è il più povero degli uomini se Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il piu’ inutile servo se Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo istruisce pazientemente come Pietro, il più indifeso dei cristiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge”.

Per Francesco, "nessuno è più piccolo di un sacerdote lasciato alle sue sole forze; perciò la nostra preghiera di difesa contro ogni insidia del Maligno è la preghiera di nostra Madre: sono sacerdote perché Lui ha guardato con bontà la mia piccolezza". "A partire da tale piccolezza ha suggerito ai suoi preti, come vescovo di Roma - accogliamo la nostra gioia".