Palermo, 19 aprile 2014 - I carabinieri del nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito 8 provvedimenti restrittivi, emessi dalla Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di altrettante persone appartenenti al mandamento mafioso di Porta Nuova, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso. L’operazione, che ha decapitato i vertici della cosca, ha consentito di scongiurare l’inizio di una faida tra famiglie mafiose del mandamento, in contrasto tra di loro per la leadership sul sodalizio.

L’operazione “Iago”, che stamani a Palermo ha portato all’arresto di 8 persone, e allo smantellamento dei vertici del mandamento di Porta Nuova, è il risultato di un’attività d’indagine avviata nel gennaio del 2013 e incentrata su Giuseppe Di Giacomo, braccio destro dell’allora reggente del mandamento, Alessandro D’Ambrogio, ucciso lo scorso 12 marzo.

Dopo l’arresto di D’Ambrogio, Di Giacomo è stato indicato quale successore al vertice, ma tale situazione è destinata a suscitare presto risentimenti in mafiosi di rango che, scarcerati di lì a poco, non condividono la leadership del momento, nonostante Di Giacomo non abbia mai fatto venire meno il  sostentamento  agli affiliati detenuti e ai loro familiari. L’eliminazione di Di Giacomo innesca nei familiari un’incontrollabile desiderio di vendetta nei confronti di coloro che ritengono responsabili del  delitto.

Dalle intercettazioni dei colloqui avvenuti in carcere tra Giuseppe e Giovanni Di Giacomo, gli inquirenti hanno ricostruito il loro intento dei eliminare qualche personaggio ritenuto non in linea con la nuova gestione del mandamento. (VIDEO)

I due, in particolare, per rimarcare lo spessore della loro reggenza, parlano dell’opportunità di uccidere un affiliato, che verosimilmente non vuole mettere a disposizione degli altri le proprie risorse economiche, e della necessità di eliminare un uomo d’onore prossimo alla scarcerazione, in quanto ritenuto responsabile di un tentativo d’omicidio ordito dal boss Salvatore Cancemi nei confronti di Giovanni Di Giacomo quando quest’ultimo era ancora in libertà.