SE DIETRO non ci fosse un mondo segnato dalla sofferenza più profonda e terminale, sarebbe da gettare le carte sul banco e gridare al solito scandalo all’italiana nel quale, dopo aver rimescolato ben bene il calderone, le responsabilità si sfilacceranno e tutti, tranne pochi, ne usciranno indenni. Sto parlando della recente conclusione delle indagini sul caso Stamina con il coinvolgimento di nomi eccellenti e gaudio di chi grida ancora «Ma ve l’avevo detto». Peccato che dinanzi alla speranza di tante famiglie, e la speranza in certi casi è peggio del dolore, nessuno l’avesse mai fatto, limitandosi solo a dirlo. Il misteri del caso Stamina stanno contrapposti e paralleli come i binari del treno: da un lato
i negazionisti, dall’altro i positivisti. In mezzo un mondo semigarantista, ma peccato che quel mondo sia lo stesso che mette in atto le leggi mediante le quali sono state somministrate cure ex imperio anche in strutture che quelle cure avevano rifiutato.
O nosocomi all’avanguardia, ma talmente all’avanguardia da gettarsi a piene mani nel metodo oggi oggetto di contestazione.


PER QUANTO mi riguarda, qualsiasi palliativo capace di attenuare un solo minuto di dolore o d’angoscia familiare — e parlo di dolori immani e di sentimenti amputati — ha il diritto di essere somministrato. Per regalare speranze, per riconoscere bisogni, per puro senso di solidarietà. Dietro al placebo non deve però esistere speculazione o malafede. Altrimenti chi si macchia di tali colpe dinanzi alla sofferenza altrui, commette doppiamente reato. A vigilare, come sempre, ci dovrebbe essere un organo di controllo rigido e inflessibile: si tratta della nostra salute. E invece rimpalli, commissioni, vizi, informalità e scrollate di spalle. Nel frattempo chi credeva, non dico al miracolo, ma al piccolo passo di speranza, vede ogni porta drammaticamente preclusa. Era forse questo che avremmo dovuto evitare da persone sensate e sane: regalare speranza — anche fosse fasulla — e poi negarla all’improvviso, corrisponde al peggiore degli affronti verso chi soffre. Come sempre non ci resta che aspettare le decisioni della giustizia. Ma saranno in tanti a non avere
il tempo di aspettare.

di Marco Buticchi