Roma, 24 aprile 2014 -  Ci sarà un nuovo processo d'appello sul rogo scoppiato nello stabilimento torinese della Thyssenkrupp nel dicembre del 2007 e in cui morirono sette operai. Lo ha deciso la Cassazione, a sezioni unite penali, che ha disposto il rinvio degli atti per la "rideterminazione delle pene".

I giudici supremi hanno confermato la responsabilità degli imputati - tutti alti dirigenti dell'acciaieria - ma hanno annullato senza rinvio una parte della sentenza di appello che riguarda una circostanza aggravante. Tuttavia bisognerà attendere le motivazioni, che per legge vanno depositate entro 90 giorni, per chiarire tutti i punti della decisione.

LA RABBIA DEI PARENTI - Le urla "Vergogna, vergogna" hanno accompagnato i minuti successivi alla pronuncia della sentenza da parte della corte di Cassazzione. Dopo la lettura è infatti esplosa la rabbia dei parenti delle vittime, che si erano raccolti in presidio a Roma con gli striscioni e le foto dei loro cari sperando in un esito diverso. "Avete scelto di non decidere in modo che questi vigliacchi non vadano in carcere", ha inveito una dei familiari degli operai morti.

LìOPERAIO SUPERSTITE - "Quella della Cassazione è una sentenza che ci delude perché non mette la parola ‘fine’ dopo sei anni e mezzo di processi. Speriamo che nel nuovo processo di appello le pene vengano riconfermate. Intanto vorrei capire a fondo la sentenza e tutti aspettiamo le motivazioni della decisione", ha commentato invece Antonio Boccuzzi, l’operaio superstite e ora parlamentare eletto nel Pd.

LE RICHIESTE DEL PG - Il pg di Cassazione Carlo Destro, invece, aveva chiesto la conferma della condanne pronunciate in appello, peraltro più lievi rispetto a quelle che erano state inflitte in primo grado, per tutti gli imputati nel processo. "I manager e i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che quasi quotidianamente si verificavano: chi agisce nella speranza di evitare un evento evidentemente, se l’evento si verifica, non può averlo voluto", aveva detto il pg respingendo quindi la tesi dell'omicidio volontario. "Questi fatti - aveva sottolineato il pg - sono più rispondenti a un disastro colposo, e, quindi, al reato di omicidio colposo. C’è stata una colpa, per negligenza ed imprudenza, da parte di tutti gli imputati". Non è possibile, secondo il pg Destro, parlare di dolo eventuale, "perché il dolo ricorre quando si accetta l’evento.

GLI IMPUTATI E LE CONDANNE - La sentenza d’appello aveva previsto condanne per i sei imputati che andavano dai 7 ai 10 anni di carcere. L’ex amministratore delegato Harald Espenhahn era stato condannato a 10 anni (in primo grado invece gli erano stati inflitti 16 anni e mezzo); Daniele Moroni, direttore del reparto responsabile per gli investimenti, a 9 anni in appello (in primo erano 10 anni e 10 mesi); Marco Pucci, membro del comitato esecutivo e responsabile vendite e marketing, a 7 anni in appello (13 anni e 6 mesi in primo grado); Raffaele Salerno, ex responsabile dello stabilimento torinese, a 8 anni e mezzo in appello (13 anni e 6 mesi in primo grado); Gerald Priegnitz, ex direttore finanziario, a 7 anni (13 anni e 6 mesi in primo grado); Cosimo Cafueri, ex responsabile sicurezza dell’impianto, a 8 anni (13 anni e 6 mesi in primo grado).