Torino, 24 aprile 2014 - Dalla nausea alla cefalea all’insorgenza di tumori: ecco cosa hanno rischiato i 101 pazienti che si sono sottoposti alla metodica Stamina di Davide Vannoni. E’ quanto si ricava dalle carte dell’inchiesta svolta dai carabinieri del Nas e dalla procura di Torino che ha portato a iscrivere il suo ideatore e altre 19 persone nel registro degli indagati.

I problemi, secondo gli inquirenti, sorgono in ognuna delle tre fasi del trattamento: la biopsia midollare, eseguita "in assenza di documentati esami ematochimici" e in locali - come gli scantinati - di cui non erano certificate "sterilità e adeguatezza"; la manipolazione e la criopreservazione delle cellule "in condizioni non controllate o non in regime Gmp (‘good manufactoring practice’ - ndr) in sedi non autorizzate e omologate, trasportate da personale inesperto"; la reintroduzioni delle cellule mediante puntura lombare senza "cautele" e senza "documentate procedure cliniche".

Inoltre per imporre il metodo Stamina, Davide Vannoni non esitò ad "approfittare" della malattia di un dirigente della Regione Lombardia per convincerlo ad agevolare la collaborazione con gli Spedali Civili di Brescia. Vannoni, secondo l’indagine, "approfittava dello stato di malattia di dirigenti pubblici" insieme al medico Marino Andolina, suo stretto collaboratore.

Secondo quanto hanno appurato le consulenze disposte dalla procura di Torino, poi, nel 20-25% di casi di pazienti sottoposti alla terapia Stamina si sarebbero verificati "eventi avversi" che non sono stati segnalati, come dovuto, alle autorità sanitarie.

L'ORIGINE DELL'INCHIESTA - A dare il via all'inchiesta fu il rapporto di due medici legali torinesi, chiamati a pronunciarsi sulla morte di un piemontese affetto da Alzheimer e morbo di Parkinson nel 2009. "Il trattamento con cellule staminali cui venne sottoposto Claudio Font e’ avvenuto contro qualsiasi norma di legge e, incidentalmente, deontologica", scrissero i due specialisti Roberto Testi e Daniele Imperiale.

Il fascicolo, che riguardava in gran parte le responsabilità dei sanitari dell’ospedale di Cirié (Torino) che lo ebbero in cura, venne archiviato anche perché non venne trovato un nesso con l’impianto delle staminali: ma le irregolarità nella metodica, portate a conoscenza dei carabinieri del Nas, diventarono subito l’oggetto della nuova indagine.

GLI SPEDALI CIVILI DI BRESCIA - "Stiamo valutando il da farsi in previsione dell’ipotizzata disponibilità di Stamina a riprendere l’attività a partire dal 5 maggio" come indicato ieri da Davide Vannoni, ha comunicato intanto il direttore degli Spedali Civili di Brescia Ezio Belleri. "Da inizio aprile i clinici hanno comunicato all’azienda di non voler proseguire nella somministrazione del trattamento fino a quando non ci saranno i risultati del comitato scientifico’’. "Ad oggi - ha aggiunto Belleri - i risultati non ci sono ancora e i medici non hanno cambiato idea. Al cinque mancano però ancora una decina di giorni. Stiamo facendo tutte le valutazioni del caso".

IL PM GUARINIELLO - Un'eventualità, quella della ripresa del trattamento Stamina a Brescia, che non interessa il pm Raffaele Guariniello. "Sto promuovendo un’azione penale e non mi occupo di questioni che non sono di mia competenza - ha spiegato il magistrato interpellato -. Seguo gli aspetti penali della vicenda. E le conclusioni sono quelle contenute nel l’avviso di chiusura indagine notificato ieri".