NELLA storia di Marco Biagi, lo studioso con lo sguardo mite e la mente che sapeva correre oltre il presente, c’è un processo senza giudici e senza avvocati che ha già prodotto una sentenza inappellabile. Al di là delle responsabilità dei singoli, che non mancarono, un intero contesto sociale e politico tentennò, sottovalutò e non comprese la ‘new age’ delle Brigate rosse, sanguinarie come quelle prima maniera. Politica e pallottole. E Marco Biagi, il giuslavorista che anticipò la flessibilità del lavoro, pagò il conto per tutti.

L’inchiesta bis produrrà forse qualche nuovo imputato ma il risultato non cambia. Come per il commissario Luigi Calabresi il clima di odio, e in questo caso di sottovalutazione, armò la mano e ispirò la follia brigatista. Si capì fin dalle prime battute delle indagini nella Bologna scossa dagli spari di via Valdonica, nell’ex ghetto ebraico, che i terroristi tirarono il grilletto mentre altri, fuori e dentro le istituzioni volenti o nolenti prepararono il terreno. Un teatrino tragico di pasticci, rimpalli, superficialità. Dalle inchieste ad orologeria di questi giorni su Matacena, moglie e soci riaffiorano a margine gli appunti di Claudio Scajola "che sapeva" delle minacce e l’atmosfera alimentata dall’allora leader della Cgil Sergio Cofferati che non salutava più Marco Biagi indicandolo (e isolandolo) indirettamente come un nemico dei lavoratori.

RICORDATE come l’uomo che portò due milioni di persone in piazza definì il libro bianco del giuslavorista? "Limaccioso". Non si può dimenticare. Anche se Sergio Cofferati poi divenne sindaco di Bologna e nel difficile e distaccato rapporto con una città che non lo mai amato affermò che "Colpendo Biagi si è cercato di interrompere un processo di normalizzazione...". Poco aggiungono, dunque, le rivelazioni e gli "appunti riservati" di questi giorni che rilanciano l’inchiesta bis bolognese. La storia ha già emesso la sua sentenza, amara e senza carcere per nessuno, ma molto chiara. Una brutta pagina italiana che, al di là delle commemorazioni e degli anniversari, dovrebbe aver insegnato qualcosa. Speriamo sia così. Questo è un Paese che non sempre sa ricordare cosa è successo ieri per guardare al domani, un Paese che a volte dimentica troppo in fretta. Questo ci deve rimanere nell’anima e nella mente, più che nelle carte processuali.