Roma, 4 giugno 2014 - Dalle ciliegie cilene ai mirtilli argentini fino agli asparagi del Perù salgono sul podio della top ten dei cibi che inquinano perché arrivano sulle tavole degli italiani dopo lunghi viaggi con mezzi inquinanti che consumano petrolio ed emettono gas ad effetto serra. E’ quanto emerge dal dossier ‘Lavorare e vivere green in Italia’ con la top ten dei cibi che inquinano di più, elaborato in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente proclamata dall’Onu e presentato al Nelson Mandela Forum di Firenze, dove sono giunti diecimila coltivatori provenienti dalle diverse regioni insieme al Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e ai Ministri dell’ambiente Gian Luca Galletti e dell’agricoltura Maurizio Martina. Nella lista dei prodotti a rischio ci sono anche le rose dell’Ecuador per le quali - sottolinea la Coldiretti - sono state denunciate anche situazioni di sfruttamento del lavoro, condizioni a rischio per la salute, messa in pericolo dai numerosi prodotti chimici con cui sono trattati i fiori e la mancanza di tutele sindacali.

L'ELENCO - Nell’elenco ci sono anche le more del Messico i cocomeri del Brasile, i meloni di Guadalupe, i melograni da Israele e i fagiolini dall’Egitto che arrivano sulle tavole a causa della cattiva abitudine di consumare fuori stagione alimenti di cui - continua la Coldiretti - è ricca anche l’Italia. E’ stato calcolato che - sottolinea la Coldiretti - un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l’emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall’Argentina deve volare per più di 11mila chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica e gli asparagi dal Perù viaggiano per oltre 10mila km, bruciando 6,3 chili di petrolio e liberando 19,5 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto, attraverso il trasporto con mezzi aerei.

Secondo la Coldiretti consumando prodotti locali, di stagione e a chilometri zero e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia può arrivare ad abbattere fino a mille chili di anidride carbonica l’anno. “Fare la spesa con attenzione all’ambiente significa anche impegnarsi per il territorio, la cultura, le tradizioni ed i prodotti che rendono il Made in Italy unico e competitivo nel mondo e quindi sostenere l’economia e il lavoro in Italia in un difficile momento di crisi”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

SPESA 'GREEN' - In controtendenza rispetto agli acquisti alimentari, che sono crollati ai minimi da 33 anni, con la crisi vola la spesa green che raggiunge un fatturato record di quasi 20 miliardi nel 2013, in aumento del 65 per cento rispetto all’inizio della crisi nel 2007, con sempre piu’ italiani che mettono nel carrello prodotti locali a chilometri zero. E’ quanto emerge dal dossier ‘Lavorare e vivere green in Italia’ elaborato in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente proclamata dall’Onu e presentata oggi a Firenze, dove sono giunti diecimila coltivatori provenienti dalle diverse regioni insieme al presidente nazionale della Coldiretti Roberto Moncalvo e ai ministri dell’Ambiente, Gian Luca Galletti e dell’Agricoltura Maurizio Martina.

Dalla green economy vengono dunque grandi opportunità di sviluppo, si legge nel dossier, in grado di generare reddito e lavoro per battere la disoccupazione che ha raggiunto il massimo storico per i giovani. Quindici milioni di italiani nel 2013 hanno fatto la spesa dal contadino nelle fattorie o nei mercati degli agricoltori con un aumento del 25 per cento rispetto all’anno precedente e un fatturato complessivo della spesa a chilometri zero stimato in 3 miliardi di euro. Sono oltre novemila le fattorie, botteghe e mercati che aderiscono alla rete promossa dalla Fondazione campagna amica della Coldiretti dove si trovano prodotti locali del territorio, messi in vendita direttamente dall’agricoltore nel rispetto di precise regole comportamentali e di un codice etico ambientale, sotto la verifica di un sistema di controllo di un ente terzo. I mercati degli agricoltori promuovono la conoscenza della stagionalita’ dei prodotti, ma anche la filosofia del km zero, con i cibi in vendita che non devono percorrere lunghe distanze, riducendo le emissioni in atmosfera dovute alla combustione di benzina e gasolio.

Gli effetti si fanno sentire anche sugli sprechi che vengono ridotti per la maggiore freschezza della frutta e verdura in vendita che dura anche una settimana in piu’, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio. Oltre a cio’, svolgono una importante azione di recupero di varieta’ a rischio di estinzione. Si stima che - rileva la Coldiretti - almeno 100 varieta’ vegetali definite minori, tra frutta, verdura, legumi, erbe selvatiche e prodotti ottenuti da almeno 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta trovino sbocco nell’attuale rete di mercati e delle botteghe degli agricoltori. “I nostri mercati degli agricoltori stanno creando nuove economie e nuova occupazione rappresentando nel contempo un formidabile strumento di coesione sociale, animazione sociale ed educazione alimentare, perche’ ricreano un legame profondo tra consumatore e produttore, tra il luogo di consumo e il luogo di produzione, tra citta’ e campagna”, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “oltre all’ottimo rapporto prezzo-qualita’ il segreto del successo sta nella sincera volonta’ di un numero crescente di cittadini di aiutare con i propri atti di acquisto il lavoro e l’economia nazionale e di comportarsi in modo sostenibile per la societa’ e l’ambiente”. Positivo e’ anche bilancio per gli acquisti di alimenti biologici con un fatturato che sale a 3,1 miliardi con un aumento dell’8,8 per cento dei consumi nel corso del 2013 durante il quale ben il 45 per cento di italiani hanno messo cibi biologici nel carrello regolarmente o qualche volta secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Una opportunita’ resa possibile anche dal fatto che in l’Italia puo’ contare sul maggior numero di produttori biologici in Europa con 49709 operatori certificati tra produttori, preparatori e distributori, in crescita del 3% su base annua, e una superficie coltivata di oltre un milione di ettari.