SCANDICCI (Firenze), 15 GIUGNO 2014 - FARE presto. Prima che uno dei tesori più importanti della provincia di Firenze cada a pezzi. Uno spreco enorme di tempo, quello delle istituzioni nazionali e locali, che in questi anni hanno permesso che l’antica abbazia di San Salvatore e San Lorenzo a Settimo di Scandicci fosse annichilita dal degrado. Un monastero millenario, conservato praticamente intatto, ma che da anni ormai vive un’emergenza alla quale le istituzioni non hanno saputo o voluto porre rimedio. È praticamente tagliato in due. La parte più cospicua in mano ai privati è nel più completo degrado, tanto che si rischia una compromissione delle strutture e delle parti monumentali. La parte più piccola è in mano alla Curia, e grazie all’impegno del parroco, don Carlo Maurizi, è stata recuperata completamente tanto da diventare negli anni meta fissa di appassionati di storia dell’arte. Da almeno un ventennio il ricongiungimento dell’abbazia col sostegno delle istituzioni è un miraggio.


L’ULTIMO atto di questo stillicidio di promesse è arrivato a fine aprile, quando la commissione Cultura del Senato ha inviato al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, una risoluzione approvata all’unanimità per chiedere all’esecutivo di «partecipare all’acquisto e a concorrere al restauro, vigilando sulla destinazione a beneficio del pubblico». Non se ne è saputo più niente. Eppure la Badia di Settimo rappresenta un qualcosa di unico a livello nazionale ed europeo. Fondata alla fine del primo millennio dell’era cristiana su iniziativa della famiglia dei conti Cadolingi e poi affidata ai monaci cistercensi, raggiunse il suo massimo splendore fra XIII e XVII secolo. Poi la proprietà fu smembrata nell’ambito del risanamento delle finanze del Granducato di Toscana; furono venduti gli ambienti monastici monumentali, buona parte delle terre, ad eccezione della chiesa, della residenza abbaziale e di una porzione del chiostro. E mentre si pensa al restauro, non va tralasciata l’idea che i lavori di ristrutturazione sarebbero anche un cantiere archeologico a cielo aperto. Già durante il restauro della parte pubblica, sono affiorati migliaia di reperti.


LE AREE più importanti dell’abbazia da recuperare, come il chiostro e il refettorio nella parte privata, hanno una sedimentazione di almeno tre metri; sicuramente nel ritrovare il piano originale emergeranno preziose vestigia della vita dei monaci. Negli anni una parata di ministri per i Beni culturali sono arrivati a garantire «un rapido recupero».


NEL 2005 Rocco Buttiglione disse lapidario: «La Badia di Settimo rappresenta uno dei punti di riferimento della cultura europea. Cercheremo di dare il nostro contributo per il suo pieno recupero». Nel 2007 toccò a Francesco Rutelli: «Piena disponibilità del ministero a contribuire a uno dei più importanti progetti del territorio». Nel 2009 Sandro Bondi venne per un convegno su Dino Campana (che è sepolto nella chiesa abbaziale) e dopo avere declamato i versi di una sua poesia, altrettanto solennemente si impegnò: «Contribuiremo a riportare all’antico splendore questa abbazia, restituiremo alla comunità e agli italiani questo gioiello d’arte, cultura e spiritualità».

Nel 2013 Massimo Bray twittò la foto della tomba di Dino Campana e promise il suo interessamento. Ma poi lo Stato decise di acquistare la reggia borbonica di Carditello, spendendo 5 volte il costo necessario a unificare la Badia, che rimase orfana come al solito. Non resta che sperare nel premier fiorentino.

di Fabrizio Morviducci