di ANDREA CANGINI

ROMA, 23 giugno 2014 - Ministro Franceschini, un’assemblea sindacale ha ancora una volta impedito ai turisti di accedere agli scavi di Pompei negli orari previsti...
«Il problema non riguarda solo Pompei: non ci si rende conto del fatto che iniziative del genere ledono l’immagine dell’Italia nel mondo. I media internazionali ci vanno a nozze e i turisti che trovano i portoni di un museo o di un sito archeologico inaspettatamente chiusi ne traggono un giudizio sull’interno Paese».

E’ così. Dunque?
«Dunque, bisogna assumere l’idea che i musei siano un servizio pubblico al pari dei treni e degli aerei».

Perciò chi blocca il servizio...
«Guardi, per natura io evito gli scontri, ma su questo terreno non è possibile andare avanti».

Christian Greco, neo direttore del Museo Egizio di Torino, ci ha detto che, per rendere meritocratica la gestione dei Beni culturali, il lavoro dei direttori di grandi musei dovrebbe essere valutato da una commissione di esperti internazionali...
«Conosco e stimo Greco, e sono assolutamente d’accordo con lui. Non solo, trovo assurdo che in Italia il direttore di un museo come gli Uffizi di Firenze non abbia la qualifica di dirigente, ma sia subordinato alla Sovrintendenza».

Possibile cambiare?
«Sì, entro pochi mesi varerò la riforma del ministero e modificherò le norme in modo da attribuire ai direttori dei grandi musei una sostanziale autonomia gestionale. Voglio che ciascuno si assuma le proprie responsabilità e farò in modo che il lavoro svolto venga periodicamente valutato da apposite commissioni composte anche da esperti internazionali».

I Beni culturali contribuiscono al Pil italiano per circa 40 miliardi, ma indietro gliene tornano meno di 2: non lo trova assurdo?
«Sì, ogni euro investito in cultura ne frutta 1,8 sotto forma di indotto... Il fatto è che dal 2000 in poi il settore dei Beni culturali è stato oggetto di tagli dissennati. Gli ultimi due governi hanno arrestato questa tendenza e noi siamo fermamente determinati ad invertirla».

Il decreto cultura appena annunciato va in questa direzione?
«Assolutamente. Pensi solo all’Art bonus: per anni i ministri della Cultura italiani hanno cercato di introdurre incentivi fiscali per incoraggiare il mecenatismo, e mai nessuno ci era riuscito per le resistenze del ministero dell’Economia».

Ora, invece?
«Ora siamo i primi in Europa. Qualsiasi tipo di donazione privata godrà di un credito di imposta del 65%. Guardi che è una vera rivoluzione, sono orgoglioso di aver rotto l’assurda barriera ideologica tra pubblico e privato: dobbiamo scardinare i vincoli burocratici e fare sistema sia nel pubblico sia con il privato».

Il Fai chiede che l’Art bonus sia esteso ai privati...
«E’ solo un problema di risorse, in una fase di crisi e in una stagione di tagli non sarà facile. Ma probabilmente riusciremo ad estendere il bonus a quelle associazioni no profit come il Fai, quando si impegnano a restaurare un bene pubblico che hanno in gestione».

Greco ci ha anche detto di trovare incongruo che nei grandi musei non si faccia ricerca...
«Vero. Infatti il 2 luglio ci riuniremo con il Cnr e il ministero dell’Istruzione per integrare Università e Sovrintendenze in modo da legare in maniera permanente la ricerca con la gestione dei Beni culturali».

Qual è il suo obiettivo?
«Voltare pagina, modernizzare il Paese introducendo criteri di efficienza ed efficacia nella gestione dei Beni culturali. Non è un capriccio intellettualistico, per l’Italia significa ricchezza e sviluppo. Posso citarle un dato?».

Prego.
«Fino agli anni Settanta, l’Italia era il primo paese al mondo per attrazione turistica, ora siamo il quinto, e in Europa veniamo dopo Francia e Spagna. Ebbene, abbiamo l’ambizione di riappropriarci di quell’antico primato ma per riuscirci bisogna rivoluzionare i criteri di gestione dei Beni culturali e investire sia in promozione sia nella qualità delle strutture alberghiere. E quello che, un po’ alla volta, stiamo facendo».