Gabriele Moroni

Bergamo, 27 giugno 2014 - DUE CONSULENTI per la difesa di Massimo Bossetti: un medico legale e un genetista. A queste figure professionali che hanno nominato (e forse anche ad altre, tra cui un criminologo e un informatico) si affidano i difensori di Bossetti. Gli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni si presentano, per la prima volta insieme, nel carcere di Bergamo. Quando escono, dopo tre ore di colloquio, Salvagni si limita a un commento stringatissimo: «Siamo convinti di quello che ho detto l’altro giorno». In altri termini, l’innocenza dell’assistito e la possibilità di dimostrarlo. I difensori affilano le armi. Entro lunedì dovranno depositare il ricorso al tribunale del Riesame di Brescia.

FULVIO Gambirasio e Maura Panarese, i genitori di Yara, compaiono nel primo pomeriggio nello studio dell’avvocato Enrico Pelillo e si allontanano senza una parola. Li ha preceduti Giorgio Portera, il genetista forense consulente del legale della famiglia Gambirasio. Un confronto sugli ultimi avvenimenti e anche un atto ufficiale con la nomina a Portera per gli accertamenti irripetibili che il Ris di Parma inizierà martedì mattina sugli automezzi sequestrati a Bossetti, il furgone cassonato Iveco Daily e la Volvo V40 grigia. Sarà la prima occasione di incontro e di battaglia fra i consulenti delle parti.
Pare cadere intanto uno dei possibili argomenti difensivi prospettati nelle ultime ore: quello che Massimo Bossetti, dopo essersi ferito, potrebbe essere stato derubato o privato per uno scambio dell’attrezzo di lavoro sporco del suo sangue. Lo strumento sarebbe poi finito nelle mani del vero assassino. Impossibile. Quella trovata su slip e leggings di Yara era una traccia ematica 'fresca', un campione concentrato di sangue dell’assassino e di quello della vittima.
Gli inquirenti lavorano in questi giorni a un accertamento tecnico importantissimo. "Stavo tornando a casa — ha dichiarato Bossetti, parlando della serata del 26 novembre del 2010 — alla guida del mio furgone, dopo avere lavorato in un cantiere a Palazzago insieme con mio cognato Osvaldo Mazzoleni. Percorrevo la mia strada abituale, che mi porta a passare davanti al centro sportivo di Brembate Sopra. Per questo ritengo possibile che il mio cellulare alle 17.45 abbia agganciato la cella di Mapello, in via Natta". La cella di Mapello è la stessa che viene agganciata dal telefonino di Yara quando, oltre un’ora dopo, alle 18.49, riceve l’sms dell’amica Martina che le ricorda una gara di ginnastica ritmica. L’accertamento in corso riguarda proprio la cella di Mapello.
Ogni cella, dal punto di vista tecnico, è divisa in ‘coni’, tre spicchi di 120 gradi ciascuno. I tre coni della cella di Mapello coprono tre zone: una parte del territorio di Brembate Sopra che comprende anche via Bruno Locatelli (dove si trova il centro sportivo da cui esce Yara), via Morlottti (la strada dove, presumibilmente, la ragazzina viene aggredita), via Rampinelli (dove abitano i Gambirasio); il territorio della frazione Locate nel Comune di Ponte San Pietro; una parte del territorio di Mapello, compresa la località Piana, dove abita Bossetti.

LA DOMANDA è questa: in quale dei tre coni si trovava il cellulare di Bossetti quando ha agganciato la cella alle 17.45? Se venisse provato che si trovava in transito in via Locatelli o a Mapello, nei pressi di casa, le dichiarazioni dell’arrestato riceverebbero una conferma. Se invece il telefonino si trovava in via Morlotti o addirittura in via Rampinelli, nelle vicinanze della casa di Yara, l’autodifesa di Bossetti riceverebbe una mazzata terribile.