Trieste, 10 marzo 2012 - PIAZZA dell’Unità d’Italia si apre alle Rive — e quindi al mare — con la sua scenografia essenziale, quasi fosse una quinta teatrale ricca di fascino e storia. Anche quando è spazzata dalla bora, Trieste mantiene la sua signorile eleganza, nonostante qualche strada laterale e quelle che si inerpicano sulle colline mostrino talvolta il segno dei tempi e una sorta di decadenza economica figlia di questo tormentato periodo. Ma ciò non impedisce che la città più mitteleuropea d’Italia sia la capitale dei locali storici, titolo che deriva indubbiamente dal fatto che è da secoli la capitale italiana del caffè. Da qui passa il 25% dell’import italiano, è lo scalo per la borsa di Londra e della produzione asiatica e africana, ha un milione di sacchi stoccati giornalmente, nel settore lavorano un migliaio di dipendenti in 50 aziende di ogni genere con un fatturato di oltre 500 milioni di euro. Uno di questi locali, il Caffè degli Specchi, riapre il 14 marzo dopo una disavventura economica (il fallimento della precedente gestione) e grazie a un’azienda che triestina non è, ma bolognese: la Segafredo di Massimo Zanetti. Nella gara per l’aggiudicazione, gli imprenditori emiliani hanno superato il marchio di maggior fama della città, la Illy dell’ex sindaco Riccardo. Ma la cosa importante non è chi sia al comando, ma che il Caffè degli Specchi torni a essere quello che è stato per lunghi anni, fino dal 1839.

LE SUE vetrate, come detto, affacciano proprio su piazza dell’Unità d’Italia, il salotto buono della città, quello amministrativo, con Municipio, palazzo della Regione, Commissariato di governo; finanziario, con le Assicurazioni Generali; della passeggiata per i triestini, che si incrociano per ogni discussione; della foto ricordo per i turisti. Un locale ottocentesco nella sua accezione più classica, che fa parte di un palazzo fatto costruire nel 1837 da una ricca famiglia dell’epoca, di origine greca, gli Stratti, e che ora appartiene proprio alle Generali (anche i locali del bar, e il loro affitto ha fatto franare i precedenti gestori). Stucchi alle pareti color ocra, mosaici sul soffitto, lampadari in cristallo che pendono nei vasti saloni. E ovviamente specchi, tanti specchi (tre sono ancora quelli originali), sui quali erano incise significative pagine della storia europea del primo Ottocento e che emanavano una luce particolare al tramonto: servivano per allungare le giornate e risparmiare le lampade a olio fino a quando nel 1933 fu installata la corrente elettrica. Una via di mezzo fra i locali di Vienna, Venezia, Budapest, le altre grandi città che hanno vissuto la loro storia parallelamente a quella di questo ultimo baluardo d’Italia prima del mondo slavo e la cui avventura parte da molto lontano. Un cammino che il Caffè degli Specchi ha fatto in parallelo lungo questi 173 anni con vari restauri che nel complesso non ne hanno minato la struttura da quando fu aperto dal primo gestore, anch’egli greco: Nicolò Priovolo.

SIMBOLO, il Caffè degli Specchi, con il Tommaseo e il San Marco — e con l’Audace, sempre in piazza dell’Unità d’Italia, riaperto da un mese —, di una città emblematica. Finalmente tutta italiana dal 1954, Trieste ha una storia lunga e difficile, di grande sviluppo e di profonde cadute. La Tergeste romana fu bizantina e franca, quindi libero comune e avversaria di Venezia; finì sotto l’influenza austriaca e ne divenne il porto, lo sbocco al mare dell’impero asburgico durante il quale crebbe l’austerità dei suoi palazzi. La posizione, la capacità dei suoi abitanti nel commercio, principalmente proprio del caffè, ne fecero uno snodo marittimo importantissimo, portando in città greci e turchi e ovviamente serbi, sloveni, croati. Slavi, insomma, molti.

TRA FINE OTTOCENTO e inizio Novecento l’irredentismo la fa partecipe della lotta per l’annessione all’Italia: i suoi abitanti hanno combattuto decenni per sentirsi fieri di sventolare il tricolore diventato la bandiera ufficiale solo a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, dopo che la "zona A" è tornata dall’amministrazione angloamericana a quella italiana, mentre diversi territori della "zona B" sono purtroppo finiti definitivamente in mano alla Jugoslavia (e poi alla Slovenia dopo lo smembramento di quello Stato). Dicevamo di una storia complessa quella di Trieste, drammatica, come dimostrano le esperienze della Risiera di San Sabba, il lager italiano, e delle foibe, dove i titini ammassavano i corpi dei giuliani in uno sterminio che solo negli ultimi anni è stato riconosciuto dalla storia e che proprio qualche giorno fa è stato ricordato con tutti gli onori.

GLI SPECCHI sono stati durante la loro storia anche i magazzini degli arsenali angloamericani, e in altri momenti i locali dove le truppe tenevano le loro feste vietate agli italiani. Ma questo Caffè è stato anche tappa di intellettuali e patrizi che hanno fatto la storia della mitteleuropa. E con esso anche i suoi più augusti concorrenti, il Caffè Tommaseo e il Caffè San Marco, ancora vivissimi nel tessuto cittadino. Non sono passati da questi luoghi della memoria solo i giuliani di ogni tempo, da Svevo a Saba, da Stuparich a Slataper, da Quarantotti Gambini a Magris e Tomizza (e molti hanno scritto veri e propri racconti ambientati in queste sale, come ha fatto per esempio Magris sulle sorelle Stock, proprietarie un tempo del San Marco), ma personaggi come Joyce e Kafka, arrivati come insegnante il dublinese e come dipendente delle Generali il boemo. E Stendhal, che a Trieste è stato console di Francia. Le loro discussioni letterarie hanno rappresentato un periodo d’oro per la città, profondamente immersa in un’Europa centrale che stava scrivendo la storia. E come per gli Specchi, anche il Tommaseo, poco lontano, ha una sua storia da scrivere, rinata nel 1830 e dovuta nientemeno che a Carolina Bonaparte, vedova di Gioacchino Murat, che lo acquistò sotto lo pseudonimo di contessa Lipomana; e il San Marco, fondato nel 1914 sempre in un palazzo delle Generali, è stato fin da subito base dell’irredentismo e per questo gli austriaci lo hanno a lungo tenuto chiuso.
E ognuno di questi Caffè, nella città del caffè, vi proporrà una propria ricetta della bevanda, oltre a donare l’ascolto di musica classica dal vivo mentre si leggono giornali, libri, dispense varie.