Roma, 17 marzo 2014 - Trentatrè anni, con la “febbre” per l’Egitto declinato in tutte le sue forme: Irene Morfini, lucchese doc, insieme alla collega spagnola Mila Alvarez Sosa, è l’unica italiana ad aver lavorato nell’équipe Canario-Toscana (www.min-project.com) che vanta un record di cui pochi si possono fregiare. Ha scoperto a Luxor nientemeno che la tomba May, funzionario dell’antico Egitto della 18esima dinastia. E lei, una passione per la musica rock e la danza, sa benissimo che adesso quella scoperta che ci riporta indietro nel tempo di 3.500 anni la «costringerà» a lavorare sodo per continuare gli scavi. Le sorprese, insomma, non mancano.

Irene, una scoperta mondiale...
«Prendere dalla sabbia un oggetto antico di 3.500 anni e raccontarne la storia è un po’ come farlo tornare in vita».

Racconti come è andata.
«Ci eravamo già accorte che lo spazio vuoto che si trovava nelle mappe nella montagna dietro la tomba di Min, la tomba TT109, era sospetto: sembrava strano che in quell’area non ci fosse una tomba dal momento che il resto della necropoli ne è totalmente costellato. Non ci aspettavamo però quello che poi abbiamo trovato. Siamo entrate carponi in un cunicolo: c’era un’aria soffocante. Si vedeva pochissimo, avevamo solo le nostre piccole torce. Poi sono comparsi i primi colori, ci siamo guardate intorno, abbiamo studiato i geroglifici e alla fine, ecco il nome tanto atteso: May. Il nostro urlo ha rotto a metà il silenzio che ci circondava».

Quando nasce la sua passione per l’Egitto?
«Da quando avevo cinque anni. I miei se ne andarono a fare un viaggio in quei posti meravigliosi. E io, invece, rimasi con i nonni. Quando tornarono dissi: “Da grande farò l’egittologa”. E così ho fatto».

E dunque, come si è sviluppata la sua carriera?
«Mi sono laureata in Egittologia all’Università di Pisa, poi ho preso la laurea, sempre in Egittologia, anche a Leida, in Olanda, dove adesso sto facendo il dottorato con il dottor Demarée».

È l’unica italiana nella missione. Un motivo di orgoglio?
«Certamente. Sono orgogliosa di essere toscana e lucchese».

Ha 33 anni: in Italia, alla tua età, spesso i giovani non trovano grandi spazi. Che differenze vede con l’estero?
«Se si continua a non investire... In America investono molto in cultura».

E allora come è arrivata fin qui?
«Non è stato facile. Abbiamo dovuto lottare, c’era tanta invidia».

Però è andata bene, alla fine...
«Abbiamo presentato un progetto al Ministro dell’Antichità egiziano, e durante il difficile conseguimento dei permessi di scavo l’Ambasciata italiana al Cairo è stata fondamentale. Ci ha aiutato tantissimo».

Un Egitto che al momento vive una situazione forse un po’ di stallo: come si sta là?
«Eravamo dentro alla rivoluzione. I colleghi egiziani però sono amici, non mi sono mai sentita in pericolo. Ora a Luxor non c’è nemmeno un turista. Il suk è chiuso, non ci sono più barche sul Nilo».

Torniamo agli scavi: ora cosa vi attende?
«A naso, abbiamo idea che ci siano altre tombe da scoprire. Probabilmente per i prossimi 15 anni sarò piantata lì».

Ogni missione che si rispetti, al di là delle bellissime scoperte, necessita sempre di un carburante sempre più a rischio estinzione: i soldi. Come siete messe?
«Stiamo cercando nuovi sponsor. Io e Mila Alvarez abbiamo creato una casa editrice che pubblica, oltre a volumi specifici, anche fumetti veritieri sull'antico Egitto. Si chiama 'Ediciones Ad Aegyptum' (www.edicionesadaegyptum.com). Con una parte dei proventi abbiamo finanziato questa missione. Lo abbiamo presentato anche al Lucca Comics e al Cairo».

Quando tornerete in Egitto?
«A metà ottobre. In quel momento inizieremo lo scavo vero e proprio».

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