Roma, 13 aprile 2014 - "CHIAMI quando vuoi, ma solo alle mezz’ore", è l’enigmatico invito di Enrico Mentana. Perché alle mezz’ore lo scoprirò solo in seguito: perché alle ore intere ha appuntamento con la radio. Di stare fermo, proprio non gli riesce.

Si sente affine, almeno umanamente, con Matteo Renzi, anche lui un iperattivo?
"Certo, chi ama la battuta pronta, il parlare veloce, il dinamismo, non può non sentirsi affine a Renzi. Ma il problema è che non basta essere sempre sulla palla, ma anche avere un’idea solida della tua missione. Renzi lo conosciamo da due anni appena, non sappiamo la sua tenuta sul lungo periodo. Certo è veloce, socievole, comunicativo, risponde al telefono, manda gli sms: per noi giornalisti è una manna. Però non basta essere comunicativi e allegri, altrimenti Fiorello sarebbe il miglior presidente del Consiglio".

Più di una volta ha citato Emilio Rossi, un tempo direttore del Tg1, come il suo vero maestro, esempio autentico di civil servant. Fu ferito dalle Brigate rosse mentre aspettava l’autobus, altro che auto blu. Anche Renzi, che disdegna i privilegi dei politici e dice che uno stipendio di 100mila euro l’anno è più che sufficiente, è un civil servant?

"Renzi è un innamorato della politica e del potere. Non lo fa per soldi. Non identifica il potere con il conto in banca. Però non è un civil servant, perché insegue la sua ambizione. Il civil servant non si pone il problema della propria carriera".

Chi aveva ragione su Miss Italia? Lei, che non la voleva su La7, o Urbano Cairo che invece l’ha mandata in onda?
"Io ho le mie idee ma non insegno certo al proprietario di una rete come si fa la tv. Sono stato ingiustamente percepito come il grande fustigatore di Miss Italia, ma solo perché non la vedevo adatta al nostro canale. C’è un luogo per tutto. Così come non vedrei un saggio filosofico su Playmen, o le foto di un topless su Micromega. La nostra rete è percepita come fortemente contenutistica".

Sarà contenutistica, ma a Sottile è andata male.
"È andato in onda nella serata più difficile, al martedì, la serata di Ballarò, che sembra un po’ una trasmissione della 7 all’estero. Gli spettatori appassionati delle nostre trasmissioni di approfondimento al martedì guardano Ballarò".

Gad Lerner se n’è andato, perché?
"Diciamo la verità: se n’è andato perché non si è sentito adeguatamente supportato nei suoi intendimenti dalla nuova proprietà. Sento davvero la sua mancanza, e non lo dico con ipocrisia, così come forse lui sente la nostra. Non dimentichiamoci che è stato un protagonista della tv per vent’anni".

Adesso guadagna come quando era a Mediaset?
"Non ci vado distante. Ero arrivato con uno stipendio di 320mila euro lordi, ma avevo stabilito con la proprietà l’aumento della cifra al raggiungimento di certi obiettivi. Giovanni Stella, che era allora l’amministratore delegato, credeva di fregarmi, ma come certi campagnoli invece l’ho fregato io".

Non ha mai preso la patente. È vero che da giovane - ma forse anche adesso - si faceva passare a prendere dalle ragazze?
"Si faceva in tutti i modi: a piedi, in taxi, oppure se la ragazza era automunita passava lei, sì."

Che tipo di corteggiatore è?
"Sono un ex corteggiatore, a gennaio farò 60 anni. Quelli che si erigono a grandi corteggiatori a questa età o sono dei mitomani o degli illusi."

Però ha fama di tombeur de femmes. Ha avuto una vita sentimentale abbastanza intensa: una sola moglie ma molte compagne, quattro figli...
"Ho vissuto come tanti. Diciamo che in questo campo ci sono due possibilità: o hai la fortuna di incontrare la donna della tua vita e ci resti insieme per tutta la vita; oppure decidi di cambiare e, se cambi, è facile che poi cambi ancora. Si rompe l’ideale di perfezione".

Si professa cattolico ed ebreo: come si fanno a conciliare due religioni affini ma anche distanti?
"Non mi professo: sono figlio di mamma ebrea e papà cattolico. Credo che spesso le religioni rappresentino un fatto culturale: non posso pensare che esista un Dio giusto o sbagliato a seconda di dove nasci. Bisogna rapportarsi al proprio credo in modo individuale, è giusto cercare Dio in una chiesa come in una sinagoga".

Torniamo alla politica: Giovanni Toti l’ha conosciuto a Mediaset. Che giudizio ne dà?
"Non ho mai nascosto che per me passare dal giornalismo alla politica è una deminutio capitis. Credo che il nostro lavoro sia superiore a quello della politica. Me l’hanno proposto molte volte ma ho sempre rifiutato. Toti in un anno è il terzo direttore che entra in politica. Ma allora mi chiedo perché fino a ora hanno fatto i giornalisti. In quanto a Toti, molti tendono a sottovalutarlo perché si presenta placidamente. Ma dentro ha il filo di ferro".

C’è almeno un vantaggio nell’invecchiare?
"Sì. Vuol dire che non sei morto".

di PIERO DEGLI ANTONI