di Valeria Caldelli
Parigi, 17 aprile 2014 - Una maga glielo aveva predetto quando era sempre Rose, figlia di un proprietario terriero dell'isola francese della Martinica: "Tu diventerai ancor più di una regina". In quegli anni Maria Antonietta ancora riempiva delle sue lussuose frivolezze la corte francese e l 'uragano della Rivoluzione non era  nell'aria. In realtà a portare in Francia  appena sedicenne Marie Josephe Rose de Tascher fu davvero il destino travestito da tempesta di pioggia e vento che si portò via tutte le piantagioni di canna da zucchero, mandando sul lastrico la famiglia.

Il suo matrimonio con il visconte Alessandro de Beauharnais a Parigi, combinato da una vecchia zia, avrebbe risolto queste improvvise difficoltà finanziarie. E così fu. Non troppo bella, né troppo colta, la piccola creola si trovò catapultata nei salotti aristocratici parigini, sposa per forza e moglie non amata di un militare un po' libertino che non mancherà mai di sottolineare la sua  provincialità rispetto al 'grandeur' della capitale.  Ma di certo fece presto a capire come funziona il mondo la giovanissima Rose, tutta grazia e seduzione, se in pochi anni percorse da sola chilometri di storia e diventò Josephine, prima imperatrice della Francia, oltre che moglie di Napoleone, amante del lusso e dissipatrice di ricchezze in maniera anche  più sfrenata della appena ghigliottinata Maria Antonietta. Proprio lei che veniva dal nulla, che non poteva vantare antenati illustri né alti lignaggi, un esserino con la bocca piccola e i denti talmente brutti da non concedersi mai una risata, ha lasciato un segno così forte da impersonare il mito della donna esemplare.  

Tanto che  a 200 anni dalla sua morte i francesi la celebrano con una mostra al Musée du Luxemburg  per ricordare i suoi gusti raffinati, all'origine di mode diventate classiche, dai mobili agli abiti, dai gioielli all'arte. Oltre al gusto, però, diciamolo,  sua maestà Josephine aveva a disposizione grandi ricchezze. Infatti non ha mai badato a spese né per acquistare, né per arredare il castello di Malmaison, sua dimora preferita, né tantomeno per agghindare se stessa in maniera elegante, stando bene attenta ad un maquillage che la facesse sempre apparire più giovane.

Eppure la signora, quando ancora si chiamava Rose, aveva conosciuto anche tempi difficili, comprese  le prigioni rivoluzionarie. Arrestata poco dopo il marito visconte, scampò alla ghigliottina per un paio di giorni e a liberarla fu l'uccisione di Robespierre. Al  suo consorte, invece, era andata peggio:  la sua testa era caduta neanche una settimana prima della morte del tiranno del popolo. Quando si dice il destino: la piccola creola si ritrovò di colpo libera e vedova di un marito da tempo soltanto scomodo. Non essendo donna da privazioni, riprese dunque  subito la sua vita mondana, trovando nei numerosi e importanti amanti i benefattori per le sue spese e per la crescita dei due figli, Eugene e Hortense, nati durante il matrimonio. Napoleone, allora generale della grande armata rivoluzionaria, la conobbe ad una festa e fu soggiogato all' istante dal suo charme e anche dalla sua civetteria.

Non dal suo nome, che lui cambiò subito, con la consueta autorità, in Josephine.  Si sposarono dopo appena cinque mesi, quando lei aveva 33 anni e lui soltanto 27, ma entrambi ne dichiararono 28 sul contratto di nozze, per pareggiare i conti e far tacere sul nascere qualsiasi pettegolezzo. Tanto a Bonaparte della suà età non importava: era così innamorato  da scriverle ogni giorno appassionate lettere d'amore anche durante il suo viaggio in Italia alla guida dell'esercito francese. Josephine no, lei non era innamorata, ma, donna accorta, doveva pur sempre sistemarsi, anche se  quel ragazzo corso, tanto piccolo e trascurato nella cura della sua persona, le sembrava addirittura buffo. Hippolyte Charles invece, era proprio bello, alto, elegante. Trascorsero solo un paio di mesi dal matrimonio prima di cadergli tra le  braccia e di restarci  parecchio, almeno fino a quando la famiglia di Napoleone non la colse in flagrante denunciando la relazione al novello marito.

La mostra al Musée du Luxemburg glissa su questi aspetti 'personali' della vita della futura imperatrice e si concentra invece sulla sensibilità artistica, sulle  sue grandi passioni per i fiori, i vestiti e i gioielli. Nel suo scrigno personale si trovano oro e  pietre preziose, oltre a veri e propri oggetti d'arte come il diadema realizzato con la madreperla di una rara conchiglia dagli artigiani di Torre del Greco. Basti pensare che alla sua morte i figli Eugene e Hortense ereditarono parures di diamanti, perle, rubini, smeraldi e zafferi pari all'epoca a tre milioni di franchi. Niente male per la piccola creola comparsa dal nulla. D'altronde Napoleone le perdonò anche la scappatella e qualche anno più tardi la incoronò lui stesso nella cattedrale di Notre Dame. Per la verità nel frattempo lei si era anche innamorata di quel suo piccolo marito, soprattutto dopo essersi  accorta che tutte le donne erano pronte a buttarsi nel suo letto. Per tenerselo aveva fatto ricorso a  qualsiasi civetteria possibile. E anche ad altro, compresa la menzogna di fargli credere di essere lui stesso infecondo mentre  sapeva bene che invece era lei a non potergli più dare un figlio. Ma quando Eleonore Denuelle de la Plaigne prima, e Maria Walewska più tardi, misero al mondo due infanti di Napoleone il trucco non funzionò più e scattò l'ora del ripudio. Docile come un agnello, Josephine fu pronta al sacrificio e quei suoi ultimi cinque  anni di vita da sola nel castello di Malmaison hanno riscattato sia la sua nascita 'borghese', sia i suoi 'peccatucci' giovanili,  dandole l'immagine della donna composta, raffinata, al servizio dello Stato, assai più che qualsiasi altra sovrana di nobile nascita. "Solo la sua felicità mi può consolare di un così grande sacrificio", scriveva poco dopo aver firmato il divorzio. Per dirla tutta si consolò anche continuando senza sosta ad abbellire la sua dimora e soprattutto il parco, nel quale, in onore del suo primo nome,  fece piantare oltre duecento varietà di rose provenienti dalla Persia. E poiché non poteva vivere se non nel massimo della raffinatezza poche ore prima di morire di bronchite chiese e ottenne di indossare una veste da camera color rosa allacciata con i fiocchi.  Era il 29 maggio 1814. Napolone era esiliato all'Elba e le sopravviverà altri sette anni. Si dice che nel delirio dei suoi ultimi giorni  a Sant'Elena l'ex imperatore abbia più volte ricordato la Francia, l'esercito e la "cara Josephine".

La mostra al Musée du Luxemburg a Parigi resta aperta fino al 29 giugno. Metrò Saint Sulpice. A partire da 5 giugno, in occasione del bicentenario della morte, nel castello di Malmaison verrà aperto il giardino delle antiche rose  di Josephine.