CESARE DE CARLO

WASHINGTON, 17 maggio 2014 - «SÌ, CREDO IN DIO. Ma quando lo vedrò mi deve qualche spiegazione», scrive Jacqueline Kennedy nella sua lettera. È l’inverno 1963. Un paio di settimane prima, il 23 novembre, John, detto Jack, Kennedy, trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti, viene assassinato a Dallas, Texas. La giovane vedova è disperata. «Avrei voluto morire io al suo posto. È morto fra le mie braccia. Dio se l’è ripreso, forse per mostrare quanto il mondo sia perduto senza di lui. Ma perché?»

La lettera è indirizzata a Padre Joseph Leonard, sacerdote cattolico irlandese. È una delle 33 firmate dall’ex First Lady e rese note l’altro giorno dallo Irish Times, giornale di Dublino. Il motivo: saranno messe in vendita il 10 giugno dalla casa d’aste di Philip Sheppard, il quale non ha voluto precisare come ne sia entrato in possesso. Non gliele ha certo passate il vecchio prete deceduto nel 1964 all’età di 87 anni. Presumibilmente è stata la famiglia.

ANCHE il direttore del giornale non fornisce indicazioni. La Curia si limita a notare che esse non sono coperte dal segreto confessionale. Ma il tono è proprio quello delle confessioni. «Queste cose, padre, non le dico a nessuno». E in effetti nessuno, nemmeno i tanti biografi, ne era al corrente.
Eppure Jacqueline, detta Jackie, e Padre Leonard si erano visti solo due volte. Una prima volta nel 1950 quando lei aveva 21 anni, si chiamava ancora Jacqueline Bouvier, studiava letteratura francese all’Università di Dublino. Il sacerdote ne aveva 73. Una seconda volta sempre a Dublino nel 1955: Jackie si era appena sposata e il marito stava compiendo un viaggio in Europa.Due incontri, ma bastarono per conquistare la fiducia di una giovane donna in cerca di certezze, prima dell’assassinio, e di conforto poi.
Nel 1952 ha 23 anni. È fidanzata con un broker di Wall Street e prossima al matrimonio. Ma un giorno viene presentata a John Kennedy, 35enne deputato in Congresso prima di diventare senatore. Il classico colpo di fulmine. «Penso di essere innamorata – scrive – Lui si chiama John Kennedy e forse le interessa sapere che è il figlio dell’Ambasciatore in Inghilterra. Il secondo figlio. Il primo è stato ucciso (in guerra). Forse finirà felicemente. Ma lui è più vecchio di me. E poi è concentrato sulla sua carriera...» E ancora: «Ha una forte personalità. Temo che per lui il matrimonio non significhi molto. Come fu per mio padre. Appartiene a quel tipo di uomini che debbono sempre provare a se stessi di piacere alle donne. Ricordo che mia madre quasi ne morì dal dispiacere».
In effetti le infedeltà coniugali non si contano. Ma non per questo il suo amore ne venne scalfito. «Ama la caccia e presto si annoia delle sue conquiste».

IN UN COMMENTO Michael Parsons, il giornalista che per primo ha visionato e controllato l’autenticità delle lettere, nota: non potevo credere a quanto stavo leggendo. Il ritratto che ne esce è ben diverso da quello consacrato da centinaia di libri storici e biografici. Jackie era una donna tormentata, profondamente religiosa, di grande coraggio e non la disinvolta, cinica opportunista degli anni successivi alla vedovanza. Nel 1968 sposò Aristotile Onassis. Voleva dare un altro padre ai propri figli? O cercava compensazione al grande lutto nel glamour di quello che allora, quando volare era un privilegio, si chiamava jet-set? La figlia Caroline, attuale ambasciatore americano a Tokyo, non ha voluto rispondere.
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