Firenze, 2 ottobre 2010 - L’Italia sembra non comprendere gli sforzi della Fiat, anche in nome del Paese: “Ci prendono a schiaffi”, tuona Sergio Marchionne, dopo essere intervenuto a un convegno dei Cavalieri del Lavoro, a Firenze. L’ad di Fiat muove da un’analisi severa, a tutto campo, assieme a un’autentica serie di critiche, lanciate dal palco dell’auditorium della Cassa di Risparmio di Firenze.


Quella più forte però sembra rivolta tanto a chi alimenta la tensione sociale, quanto a coloro che criticano l’accordo di Pomigliano e lo giudicano incostituzionale, quanto forse anche al clima politico invelenito di questi giorni: rispondendo a una domanda sugli ultimi episodi di violenza, Marchionne dice: “è andato perso il senso delle istituzioni”, “la bussola è partita”, rincara la dose, e “tutti”, aggiunge, sono usciti “dallo zoo”. “E’ sempre più difficile - ha concluso - andare in giro a spiegare cosa succede in Italia. E’ vergognoso”.


Marchionne dipinge in toni sempre più foschi il quadro sociale ed economico, tanto in Italia quanto in Europa, con cui deve confrontarsi la sua azienda. L’Europa scarica sulle imprese gli ammortizzatori sociali, esternalizzandoli; e i piani di investimento e di riprogrammazione della Fiat non sono stati facili da spiegare “agli analisti” e risultano incomprensibili a certa parte del sindacato. Addirittura, alla Fiat, presa “a schiaffi” nonostante il piano di investimenti da venti miliardi, la logica suggerirebbe di effettuare altre scelte, guardando all’estero.
 

Eppure, la direzione giusta è quella di Pomigliano e di ‘Fabbrica 2010’, un accordo della cui costituzionalità, secondo Marchionne, dubita solo chi alimenta il clima di tensione. Dall’illegibilità delle buste paga (decifrarle “è un esercizio bizantino”) al ricorso “collettivo” ai certificati medici, fino all’ostilità degli analisti, restii a comprendere ‘Fabbrica Italia’, tutto congiura contro il rinnovamento che Marchionne sta cercando di imporre.


Ma la Fiat va avanti, nonostante tutte queste avversità e punta assolutamente su ‘Fabbrica Italia’. La Fiat è convinta di questo progetto, precisa Marchionne perchè “ha il dovere di guardare prima di tutto all’Italia, per quello che ha sempre rappresentato e per quello che significa ancora oggi per il Paese”. “Fabbrica Italia non è un progetto che nasce da un calcolo di convenienza”, ribadisce Marchionne. E, persino, la Fiat sta scartando, pur di venire incontro al Paese, le “logiche economiche e finanziarie” che “ci spingerebbero verso altre scelte e verso altri Paesi che offrono condizioni più vantaggiose e maggiori certezze”.


Marchionne però procede con ‘Fabbrica Italia’, a dispetto anche dell’Europa, che ormai scarica sulle aziende i costi degli ammortizzatori sociali. “Guardate il conto dell’Inps e chi sta pagando la cassa integrazione”, alza la voce l’ad del Lingotto, condannando una pratica ormai diffusa anche nella Ue.


La Fiat dunque per il suo massimo dirigente resta un’eterna incompresa davanti a un Paese che non ricambia come dovrebbe: “vi pare possibile che noi investiamo venti miliardi e poi ci prendono anche a schiaffi?”, domanda Marchionne, l’amministratore delegato che si sente sempre più controcorrente in un’Italia dove “non è facile” nemmeno “mantenere un’attività produttiva”.