Tallinn, 29 dicembre 2010 - Nel bel mezzo della peggiore crisi della sua storia, l’Eurozona accoglie un nuovo Paese membro: dal primo gennaio 2011 l’Estonia abbandonera’ la corona a favore dell’euro, diventando il 17esimo Paese dell’area valutaria, il terzo fra i Paesi dell’ex blocco comunista dopo Slovenia (2007) e Slovacchia (2009).

L’obiettivo principale è ridare nuovo impulso a un’economia messa a dura prova dalla recessione mondiale: il piu’ piccolo e il piu’ solido dei tre stati baltici vuole tuttavia unirsi all’Eurozona anche per rafforzare la stabilità e attirare investimenti dall’estero. Secondo un recente sondaggio governativo, il 52% degli estoni (1,3 milioni in tutto) è favorevole al passaggio all’euro contro un 39% di contrari, timorosi soprattutto degli effetti sui prezzi.
 

Malgrado la crisi europea, l’adesione dell’Estonia all’euro ha una sua logica, sottolineano gli analisti: l’ex tigre del Baltico ha conti pubblici perfettamente in ordine e, anzi, al momento sarebbe l’unico Paese a rientrare ampiamente entro i parametri di Maastricht. Inoltre, il passaggio dalla corona all’euro è in preparazione da tempo e, afferma Michael Schubert, analista di Commerzbank, filera’ liscio come è gia’ successo con Malta o la Slovenia.

Lo stato baltico è grande all’incirca come l’Olanda: il suo pil, circa 14 miliardi di euro, è circa un decimo di quello irlandese, il Paese dell’euro con i maggiori problemi al momento, e con un peso minimale nel totale dell’Eurozona. Dopo una pesantissima recessione nel 2008 e nel 2009 (-14,1% il pil l’anno scorso), l’Estonia è tornata a crescere nel 2010 (+2,4% la stima) e una netta accelerazione è prevista nel 2011 (+3,9%). Il debito pubblico è pari all’8% del pil, un decimo del tetto del 60% previsto dai Trattati europei, e il deficit è stato dell’1,7% nel 2009 con un calo all’1,3% previsto per quest’anno e un 1,6% nel 2011.

“Il Paese - commenta Ansgar Belke, economista dell’istituto di ricerca tedesco Diw - ha attuato le necessarie riforme e tagliato le spese, invece di aumentare le tasse”. Invece di destinare il denaro pubblico a costosi salvataggi, il Governo estone ha preferito affrontare un drastico ridimensionamento del pil per poi ripartire.

Se fosse per la Bce, tuttavia, l’Estonia avrebbe dovuto aspettare ancora per l’adesione: in un rapporto in maggio l’Eurotower ha criticato l’Estonia per l’andamento dei prezzi che nei prossimi anni potrebbe accelerare (1,5% la stima per il 2010 ma nel 2008 era del 10,4%) anche per combattere il grave problema della disoccupazione (dal 4,7% nel 2007 al 17,5% quest’anno).

Per l’estone medio, tuttavia, la speranza non è quella di attirare investimenti dall’estero e di rafforzare il commercio, ma di risparmiare sul mutuo, acceso come per molti altri suoi concittadini con le grandi banche europee attive nel Paese e pagato in euro. Dal primo gennaio, comunque, la corona, creata nel 1992 per sostituire il rublo russo, lascerà il posto all’euro (ma i prezzi devono essere in entrambe le valute fino a meta’ 2011) anche se banconote e monete saranno fornite dalla Zecca finlandese. La conversione avverra’ a 15,6466 corone per un euro e, in futuro, gli estoni invece di una banconota da 10 corone si ritroveranno in tasca 64 centesimi di euro. Il Consiglio direttivo della Bce dovra’ fare posto al Governatore della Banca centrale estone, Andres Lipstok, che da gennaio prendera’ parte a pieno titolo alle riunioni al 36esimo piano dell’Eurotower.

Tempi piu’ lunghi, invece, per gli altri Paesi dell’ex area comunista, spaventati dalla crisi: per Lituania e Lettonia si va al 2015, stimano gli economisti, per Polonia e Ungheria al 2019, cinque anni piu’ tardi rispetto a quanto previsto.