Roma, 4 gennaio 2012 - È una rabbia che sale quella degli italiani contro Equitalia. Ma non può essere giustificata semplicemente con il fatto che gli italiani, per definizione, sono un popolo di evasori. Anche Equitalia ha le sue colpe. E sono colpe molto concrete. Fino a metà 2011, come approfondito in «Resistere ad Equitalia» (Aliberti editore), ha iscritto ipoteche su abitazioni private, anche prime case, per cifre debitorie inferiori agli 8mila euro, senza notifiche (ex articolo 140 cpc) e senza intimazione di pagamento. Stessa cosa per i fermi amministrativi delle macchine (cosidette ganasce fiscali). All’alba del 1° ottobre 2011, poi, il governo (nella figura di Tremonti) ha dato ad Attilio Befera armi che prima di allora il fisco mai aveva posseduto.

Ecco la sostanza: dopo 60 giorni dall’avviso, Equitalia ora può attivare i suoi mezzi per recuperare il debito. Senza muovere un passo, può iscrivere ipoteca sull’artigiano considerato infedele (facendo scattare una comunicazione alla centrale rischi delle banche con conseguente chiusura dei fidi), può pignorare il suo conto corrente (rendendo impossibile il pagamento di dipendenti e fornitori), avviare i pignoramenti presso terzi e far partire le ganasce fiscali.

Il «titolo di debito» è diventato immediatamente esecutivo. Non c’è più bisogno di istruire una cartella esattoriale che, ricorsi compresi, portava al saldo dell’eventuale debito entro 15-18 mesi. Il problema è che prima, in quattro casi su dieci, i ricorsi davano ragione al contribuente: ora non abbiamo più questa opportunità.

Se Equitalia, poi, si convince che c’è «fondato pericolo» di perdere il credito, può fare quel che vuole: sequestrare una pensione, mandare un bene all’asta immobiliare. Che qualcosa non torni in questo meccanismo è evidente. Perché spesso i «clienti» di Equitalia sono persone che i redditi abitualmente li dichiarano e le tasse le pagano, ma che, a causa della crisi economica o di scelte imprenditoriali sbagliate, si sono trovate impossibilitate a onorare debiti fiscali o previdenziali verso lo Stato.

A questi si aggiungano le migliaia di casi di persone che ricevono cartelle esattoriali per multe o bollette già pagate o inesistenti. Gli effetti dello squilibrio del sistema spesso sono drammatici, anche a causa di un meccanismo sanzionatorio e di riscossione perverso che porta le somme dovute a crescere anche del doppio e del triplo nel giro di pochi anni.

Tra le migliaia di casi raccolti da Adiconsum sul fronte della lotta contro «l’inequità» di Equitalia, si trova quello di Mauro Bordis, 58 anni: per 6mila euro gli avevano ipotecato casa e tolto i fidi. Bordis è morto d’infarto mentre lottava contro le cartelle di Equitalia.

E ancora: in quale Paese al mondo può accadere che un debito di 156 euro si trasformi in un’ipoteca su un garage che ne vale 80mila? In Italia sì. La vittima si chiama Nicolò Italo Gueli, medico, multato una volta per divieto di sosta. Fece ricorso al giudice di pace nel luglio 2008 e poi, paziente, restò in attesa della sentenza

Nel frattempo, Equitalia gli ha ipotecato il garage e ha fatto crescere a dismisura la sanzione della multa. Fino a 80mila euro. La causa è ancora in corso.