Milano, 23 marzo 2012 - Il verdetto delle urne in Giunta di Confindustria, scontato nell’esito ma non nei risicati numeri, non risolve la complessa partita interna a Viale dell’Astronomia, ma anzi la complica. Da un lato, infatti, non indica chiaramente una linea fra quelle che ormai sembrano essere le due anime dell’Associazione: una, incarnata da Alberto Bombassei, più dura nel chiedere drastiche riforme anche a costo (o forse per) spaccare il sindacato e rompere definitivamente il cordone ombelicale fra centrosinistra e Cgil; l’altra, quella che ha prevalso di misura con Giorgio Squinzi, più attenta a mantenere il dialogo e la pace sociale, soprattutto in momenti difficili come gli attuali. Dopo la «quasi patta» di ieri, Squinzi dovrà dunque raddoppiare i suoi sforzi di mediazione, aggiungendo un fronte interno a quello, già complesso, esterno.

Ma, dall’altro lato, il risultato di ieri apre anche una questione di potere, o di «governance» per dirla in modo asettico. Finora, infatti, il presidente designato poteva permettersi di formare la squadra dei vice a propria immagine e somiglianza e in assoluta autonomia; poi la sottoponeva nuovamente alla Giunta, quindi al Direttivo e infine all’assemblea plenaria (in calendario il 24 maggio) che la votava a occhi chiusi. Ma questa volta Squinzi dovrà «tener conto del voto», come ammonisce Luca Montezemolo, e quindi mediare anche sulla squadra, aprendola a qualche fedelissimo del rivale Bombassei. I nomi che circolano sono quelli dell’ex direttore di Confindustria Stefano Parisi, di un veneto doc come Andrea Riello, del presidente di Confindustria Lombardia Alberto Barcella, forse di un «torinese» gradito alla Fiat. Fra gli uomini della cordata vincente, si fanno invece i nomi del leader degli industriali del Lazio Aurelio Regina, del presidente siciliano Ivan Lo Bello, forse dell’emiliano Gaetano Maccaferri.
 

Dunque si avrebbe una «spartizione» del potere interno, anche questa senza precedenti nella storia dell’Associazione.
A molti può anche non piacere, forse nemmeno alla stesso Squinzi che è uomo di mediazione ma non di compromesso. Ma l’alternativa può essere l’apertura di una voragine, con gli sconfitti nei panni di una vera e propria opposizione intestina e Bombassei in quelli di presidente «ombra». In questo momento, ragionano i big degli industriali, nemmeno Confindustria può permetterselo.