Roma, 6 giugno 2012 - L'industria italiana è a rischio. Per lo meno "alcune parti importanti". L'allarme è lanciato dal centro studi di Confindustria (Csc).  "L'Italia arretra" nella produzione manifatturiera: la nostra quota passa dal “4,5% al 3,3% e da quinta diventa ottava” nella classifica internazionale, che vede sul podio Cina, Stati Uniti e Giappone.

Nel frattempo, il ministro per lo Sviluppo Economico {{WIKILINK}}Corrado Passera {{/WIKILINK}} invia un messaggio al convegno organizzato dalla Bocconi ‘L’imperativo di crescita per le aziende italiane’ in cui assicura: il governo ha già varato tutta una serie di misure a favore delle imprese e “altri interventi verranno presi a breve per fare in modo che le aziende possano trovare un più chiaro e stabile sostegno alle loro attività, nella ferma convinzione che il primo motore di crescita risiede proprio nella forza competitiva del nostro sistema produttivo”.

FEROCE CREDIT CRUNCH - Il nostro Paese soffre la recessione, un "feroce" credit crunch, ovvero un calo nell'offerta di credito, che insieme alla bassa redditività soffocano l'industria italiana.

“La contrazione dell’attività industriale è stata del 22,1% tra l’aprile 2008, punto massimo - rileva il CsC - e il marzo 2009, punto minimo”; a maggio, stimano gli economisti di viale dell’Astronomia, “ha recuperato appena il 5,2% rispetto al livello piu’ basso toccato a marzo 2009”.

Il ridimensionamento produttivo, secondo il CsC, “non è determinato dall’azione della concorrenza internazionale”, ma dalla “carenza di domanda piuttosto che alla perdita di competitività”.

 Una “carenza difficilmente trascurabile a fronte del netto rallentamento dei consumi interni, diventato vera e propria e prolungata contrazione durante la crisi e con prospettive di ulteriore flessione per gli effetti delle manovre di bilancio restrittive e del credit crunch”. Secondo il CsC, “torna strategica la politica industriale”.

"ITALIA PAESE LENTO" - L’Italia “è oggi un Paese lento, a cui manca una visione di lungo periodo, e dove, di conseguenza s’investe sempre meno”. Inoltre “manca un ‘Progetto Paese’, che identifichi le priorità e le linee di sviluppo da perseguire”. E appare “affievolita” la spinta all’innovazione. A sottolinearlo è il vicepresidente di Confindustria, con delega al Centro Studi, Fulvio Conti, intervenendo al seminario del Csc.

Secondo Conti, “per troppo tempo, negli anni passati, lo sviluppo industriale e la spinta all’innovazione non sono stati al centro del dibattito pubblico. La politica industriale è stata per lo più assente o disarmonica”. E tutto questo proprio nel momento in cui i Paesi emergenti “imboccavano con decisione la via dello sviluppo industriale, diventando rivali temibili per la nostra economia”, ha aggiunto.
 

"TERREMOTO BOTTA MICIDIALE ALLA COMPETITIVITA'" - “Una botta micidiale alla nostra competitività. Una ciliegina amara sulla nostra torta”. Così Luca Paolazzi, capo economista del Centro Studi di Confindustria, commenta gli effetti economici del violento terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna.