di Achille Perego

Milano, 3 agosto 2012 - L'estate è la stagione del sole e della lettura su carta. Qualcuno pensa sia un’attività arcaica? Guardate che cosa sta facendo il vostro vicino di ombrellone. Legge il giornale o una rivista o un libro. Però è vero, è un’estate calda non solo per le temperature record ma anche per i bilanci dei gruppi editoriali.
"Ma non è vero che la gente legga di meno i quotidiani. Non è vero sicuramente per i giornali del nostro Gruppo – esordisce Andrea Riffeser Monti, ad e vicepresidente della Poligrafici Editoriale, che edita Qn, Il Giorno, il Resto del Carlino e La Nazione) -. Il numero dei lettori in Italia è stabile attorno a oltre 22 milioni al giorno, 33 milioni i lettori di periodici e 6 milioni gli utenti dei siti web dei quotidiani. Voglio dire che i lettori dei giornali sono sempre gli stessi, sono le copie acquistate che si sono rarefatte".
 

Colpa di chi?
"Sicuramente con la crisi la gente ha imparato a risparmiare anche sull’acquisto del quotidiano. Per esempio lo legge gratuitamente al bar, pagando solo il costo del caffè".
Un vantaggio per il lettore, non per gli editori.
"Ma è proprio alla luce dei risultati dei gruppi editoriali che non bisogna stare fermi. Bisogna invece prendere decisioni, intervenire e avere idee".
La sua qual è?
"Dobbiamo trovare una formula di pagamento per le ‘sale lettura’ nei bar. Non ha senso che per trasmettere le partite di calcio i locali pubblici paghino un abbonamento speciale a Sky e che per attirare i clienti i bar si limitino ad acquistare una sola copia di giornale, che passa di mano dalla mattina alla sera. E’ un vero e proprio abuso".
Se ne parla da tanto.
"E’ il momento di pensarci".
Se si vendono meno copie la colpa non è anche degli editori?
"In tempo di crisi la tentazione di ridurre i costi tagliando le foliazioni c’è. Ma chi ha scelto questa soluzione ha sbagliato".
Qual è la sua scelta?
"Noi continuiamo ad avere una foliazione media di 90 pagine e cerchiamo di fare i giornali ascoltando il lettore".
In che modo?
"Non è più il tempo di quotidiani pseudo popolari con argomenti futili o ‘gossip’. Ai lettori non interessano tre pagine su Nicole Minetti ma le guide per pagare le tasse o mettere al sicuro i risparmi".
Quali risultati avete?
"Il fatto che le nostre vendite soffrano meno la flessione del mercato significa che è la strada giusta".
E le Cassandre che predicano la fine dell’informazione su carta?
"Ricordo che qualche mese fa un guru di Wall Street come Warren Buffett, uno che non sbaglia mai un colpo, ha comprato 63 quotidiani locali".
Dunque lunga vita alla carta.
"Il giornale, come i libri, che stanno riscuotendo un forte ritorno d’interesse, non è morto. Ho fiducia nel futuro del quotidiano ma non bisogna avere paura di cambiare".
Come?
"Una volta serviva solo per informare la gente. Adesso ha ceduto questa funzione alla tv e a Internet. Le news online, che anche noi produciamo, stanno crescendo molto ma sono parallele al giornale di carta".
Non concorrenti?
"No, possono convivere con ruoli separati".
Che altro deve fare il giornale?
"Riflettere, approfondire le notizie, creare dibattito, formare le opinioni, far crescere le coscienze".
E il costo?
"Il prezzo giusto e a vantaggio di tutta la filiera sarebbe un euro e mezzo. Ma servirebbe una grande campagna nazionale per spiegare che un giornale non può costare il 40% in meno di un litro di benzina!".
Servirebbe anche un mercato della distribuzione più liberalizzato, no?
"Il problema è che bisogna aumentare la disponibilità e la frequenza d’acquisto. Oggi ci sono solo 20 mila punti vendita: ne occorrerebbero il doppio".
E le edicole chiuse?
"Quelle chiuse il sabato e la domenica o quelle con orario di apertura ridotto. Mi è capitato tante volte di fare chilometri per comprare il giornale! E se piove o nevica è un’impresa. Si rischia di spendere di più in benzina che per il quotidiano!".
Colpa dell’edicolante?
"Assolutamente no, liberalizzare non significa disconoscere il ruolo fondamentale degli edicolanti. Una buona idea sarebbe consentire loro la distribuzione diretta di copie nei negozi e nei bar vicini che lo richiedano".
Conclusione.
"Questo è il momento di innovare. Penso all’importanza di razionalizzare e creare economie di scala. Con alleanze tra editori per concentrare le testate (a partire dai piccoli giornali) e accordi sul fronte della pubblicità. Il mercato pubblicitario sta soffrendo ma è proprio in tempo di crisi che bisognerebbe investire di più. Anche le case automobilistiche: per risollevare le vendite avrebbero un ritorno molto più alto con gli annunci dettagliati sulle pagine locali che non con qualche secondo di spot in tv! Ma il cambiamento passa anche dalla stampa".
In che modo?
"Noi siamo gli unici con una società grafico-editoriale quotata: Poligrafici Printing. E siamo aperti ad accordi commerciali o ingressi azionari, convinti che per molti editori sarebbe molto più conveniente non stampare più solo in casa propria".
Morale: riformarsi, perché chi non cambia è perduto.