Roma, 4 dicembre 2012 - Conto alla rovescia per le nuove norme sulle pensioni previste dalla riforma Fornero. Se fino alla fine del 2012 sono usciti dal lavoro ancora i dipendenti che hanno maturato i requisiti a fine 2011, dal 2013 i lavoratori dipendenti potranno lasciare il lavoro solo con le regole previste dalla riforma (continueranno ad andare ancora fino a giugno con le vecchie regole gli autonomi).

Ma tra esodati, dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi e parasubordinati, cosa cambia davvero? E soprattutto per chi? Il nuovo sistema previdenziale, in effetti, rischia di riservare non poche sorprese. A fare un po' di chiarezza ci pensa un libro uscito oggi: 'Le nuove pensioni' (Oscar Mondadori) del giornalista Angelo Raffaele Marmo, attuale direttore generale della comunicazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che mercoledì 12 dicembre, dalle 13 alle 14, sarà presente alla redazione di Quotidiano Nazionale - Il Resto del Carlino, per una video-diretta web con i lettori (inviate le vostre domande a [email protected]).

IN PENSIONE PIU' TARDI - Di fatto a decorrere da gennaio 2013 si potrà andare in pensione di vecchiaia con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata rispetto alla vecchiaia solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne.

Per le donne si tratta di un aumento significativo dell’età che aumenterà ancora gradualmente fino al 2018 (quando sarà equiparata a quella degli uomini). "Ma - spiega Marmo nel suo libro - salirà, e questo vale per tutti, anche perché dal 2009-2010 è stato introdotto un meccanismo automatico che lega l’età pensionabile alla cosiddetta aspettativa o speranza di vita. Il principio, in fondo, è semplice: a mano a mano che si vivrà più a lungo, si dovrà lavorare anche di più e, di conseguenza, l’asticella del pensionamento si allontanerà nel tempo".

"In pratica, a cominciare dal 2013, ogni tre anni (e poi ogni due dal 2019) l’età pensionabile sarà adeguata all’aumento della speranza di vita come calcolato dall’Istat. Questo vuol dire che se l’Istituto di statistica stabilirà che si vive più a lungo in media di x anni, più o meno automaticamente l’età di pensionamento per vecchiaia verrà incrementata proporzionalmente. Il primo adeguamento scatterà esattamente dal 2013 ed è stato già deciso che sarà di 3 mesi. Scavallato, dunque, il 2013 i prossimi appuntamenti con la speranza di vita saranno quelli del 2016 e del 2019. E poi ancora del 2021, 2023, 2025, 2027, 2029... Anche se fin da ora sappiamo che per legge nel 2018 e nel 2021, comunque vadano gli andamenti dell’aspettativa di vita, l’età per l’uscita di vecchiaia non potrà essere inferiore rispettivamente a 66 e 67 anni".

UN PO' DI ESEMPI - Per fare maggiore chiarezza proviamo a fornire un po’ di esempi, almeno per gli anni più vicini, traendoli sempre dal libro di Marmo. "Se siete un uomo e lavorate nel pubblico impiego o alle dipendenze di un privato oppure svolgete un’attività autonoma, la vostra età pensionabile minima è di 66 anni nel 2012, di 66 anni e 3 mesi dal 2013 al 2015 e di 66 anni e 7 mesi dal 2016 al 2018 compreso. E, dunque, per ottenere la pensione, dovrete avere 66 anni di età nel 2012, mentre dovrete avere 66 anni e 3 mesi nel 2013, nel 2014 e nel 2015. E 66 anni e 7 mesi nel 2016, nel 2017 e nel 2018. Sempre con 20 anni di contributi alle spalle".

"Anche se siete una donna e lavorate nel pubblico impiego, la vostra età pensionabile minima è di 66 anni nel 2012, di 66 anni e 3 mesi dal 2013 al 2015 e di 66 anni e 7 mesi dal 2016 al 2018 compreso. E quindi anche voi potrete andare via a 66 anni nel 2012, a 66 anni e 3 mesi nel 2013, nel 2014 e nel 2015. E a 66 anni e 7 mesi nel 2016, nel 2017 e nel 2018. Sempre con almeno 20 anni di contribuzione versata".

"Ma se siete una donna e lavorate nel privato, la vostra età pensionabile è di 62 anni nel 2012, di 62 anni e 3 mesi nel 2013, di 63 anni e 9 mesi nel biennio 2014-2015, di 65 anni e 7 mesi nel biennio 2016-2017 e di 66 e 7 mesi nel 2018. E dunque potrete lasciare il lavoro, avendo sempre 20 anni di contributi accumulati, ma a 62 anni di età nel 2012, a 62 anni e 3 mesi nel 2013, a 63 anni e 9 mesi nel 2014 e nel 2015, a 65 anni e 7 mesi nel 2016 e nel 2017 e a 66 anni e 7 mesi nel 2018".

"Se, infine, siete una donna e fate un lavoro autonomo (commerciante, artigiana), l’età pensionabile stabilita per voi è di 63 anni e 6 mesi nel 2012, di 63 anni e 9 mesi nel 2013, di 64 anni e 9 mesi nel biennio 2014-2015, di 66 anni e 1 mese nel biennio 2016-2017 e di 66 anni e 7 mesi nel 2018. E quindi potrete abbassare la serranda del vostro negozio o del vostro laboratorio, avendo sempre, ancora una volta, 20 anni di contribuzione, ma a 63 anni e 6 mesi nel 2012, a 63 anni e 9 mesi nel 2013, a 64 anni e 9 mesi nel 2014 e nel 2015, a 66 anni e 1 mese nel 2016 e nel 2017 e a 66 anni e 7 mesi nel 2018".

CHI PERDE E CHI VINCE ALLA ROULTETTE DELL'ETA' - Per il sistema, nel suo insieme, i cambiamenti introdotti dovrebbero garantire la sua sostenibilità e la sua tenuta nel tempo. Tuttavia non c'è dubbio che le modifiche saranno inevitabili rispetto ai programmi di vita di ciascuno di noi. "Per quel che riguarda la pensione di vecchiaia, per gli uomini di tutti i settori e per le donne dipendenti pubbliche, a ben vedere, non cambia granché rispetto alle regole valide fino a dicembre 2011: è vero che l’età era fissata a 65 anni, ma considerando anche la 'finestra mobile' di 12 mesi (e, dunque, dell’anno di attesa tra la conquista dei requisiti e l’uscita effettiva) bisognava comunque aspettare i 66 anni. Anzi, dal momento che per i lavoratori autonomi la benedetta o maledetta finestra scattava dopo 18 mesi, c’è in sostanza un 'guadagno' netto di 6 mesi", ci spiega ancora 'Le nuove pensioni'.

"Anche se guardiamo in prospettiva, oltre il 2013, l’ultima riforma non produce di fatto innalzamenti dell’età nel confronto con quanto già previsto in precedenza: nel 2018, per esempio, era già ipotizzato che, per effetto degli adeguamenti all’aspettativa di vita, l’età raggiungesse, 'finestre' comprese, i 66 anni e 7 mesi".

"Diverso e più spinoso è il discorso che tocca le donne lavoratrici dipendenti del settore privato e autonome. Per voi che vi ritrovate in questa condizione le cose cambiano. Eccome, se cambiano. Basti pensare che l’equiparazione all’età degli uomini secondo la corsa precedente sarebbe dovuta avvenire nel 2026: con le nuove regole avverrà nel 2018. Otto anni di anticipo che producono un’accelerazione robusta concentrata negli anni 2012-2018 con effetti significativi: già nel 2012 l’aumento è di un anno; nel 2014 diventa di 2 anni e mezzo circa; nel 2016 di 3 anni e mezzo; nel 2018 di 4 anni e mezzo. Ma quel che si vede a livello teorico è ancora più rilevante sul piano pratico".

Daniela Laganà