QUANDO l’euro è precipitato nella nostra vita eri nato da poco e non te ne sei accorto. Tu parli la sua lingua, noi abbiamo dovuto impararla. Ci resta attaccato l’accento, l’ossessione del confronto. Non è la stessa cosa. Per te lire e sesterzi sono valuta da libro di storia. Se ti dico che con 5mila lire mangiavi la margherita ti metti a ridere, io non rido se penso che oggi per una pizza di euro ce ne vogliono dieci, e in matematica sono messa peggio di te. Non è colpa dell’euro, naturalmente. Ma l’unità di misura dei soldi separa le nostre generazioni come mai era successo in passato. Non hai vissuto questa specie di mutazione antropologica, ti ci sei trovato dentro. Dentro una famiglia che continuava a ragionare secondo uno schema che a mio padre e a mio nonno – più indietro non so – era sembrato logico: si studia, si lavora, si guadagna, si mette da parte, si compra la casa, si investe, si sale di un gradino e tutto quello che devono fare gli eredi è riprendere da lì, un’eterna rincorsa verso l’alto.

SE NON SI METTEVANO in mezzo il destino o un’imprevista propensione al disastro da un papà geometra benestante veniva fuori un figlio ingegnere ricco. E il bilocale a Sanremo prima o poi diventava attico in Costa Azzurra. Persino l’austerity ci sembrò una faccenda scomoda ma interessante e comunque non definitiva. Andavamo tutti insieme in bicicletta la domenica mattina nella città senza auto, felici e certi che sarebbe durato poco, il tempo di dare modo ai petrolieri di mettersi d’accordo. Oggi non so come spiegartelo, ma lo schema è saltato. Ti dico di studiare però mi vengono i brividi. Penso ai laureati nei call center, al lavoro che non c’è, alla casa irraggiungibile, alle barzellette sulla Borsa. Mi prende una grande tristezza, per il mio presente e per il tuo futuro. Ma poi ti guardo: non sei triste. Fai progetti, ti brillano negli occhi le possibilità e capisco che questo pantano non ti riguarda. È roba nostra, di noi adulti che l’abbiamo creato o subito. Tu sei oltre. Mi rendo conto che ogni generazione ha in sé gli anticorpi per vincere i suoi drammi. In che modo lo ignoro, ma deve avere a che fare con l’idea che non sia solo una questione economica. E tu, si vede da come sorridi, lo hai già capito.

Pubblicato su Qn il 17 maggio 2013