Milano, 18 marzo 2014  - 'Spending review' e 'stress test' non sono (solo) vocaboli per adepti di strategie economiche o bancarie. Sono la realtà con cui milioni di famiglie italiane fanno i conti, giorno dopo giorno, da quando è iniziata la crisi. A darne evidenzia è anche l’Ocse nello studio ‘Uno sguardo sulla società".

I NUMERI - Il reddito medio in Italia ha subito una contrazione di circa 2.400 euro rispetto al 2008 scendendo a 16.200 euro pro capite nel 2012, indica l’Ocse, sottolineando che si tratta di una delle riduzioni in termini reali più significative nell’Eurozona, dove in media la riduzione nei redditi è stata di 1.100 euro. Ventesima sui 34 Paesi che aderiscono all’Ocse, nell’insieme l'Italia galleggia appena sopra la media, ma nel dettaglio ad avere pagato il conto più duro sono state le fasce più disagiate. Il reddito del 10% più povero della popolazione si è ristretto a 5.600 dollari a parità di potere d’acquisto dai 6.700 pre-crisi (nono maggiore calo nell’Ocse) e il paragone è sfavorevole rispetto alla media europea di 7.700 dollari e Ocse di 7.100. La percentuale di persone che dichiara di non avere abbastanza soldi per acquistare cibo è balzata al 13,2% dal 9,5% ante-crisi, contro una media europea dell’11,5%. Del resto il quadro è in linea con un minaccioso crescendo di dati sul lavoro o piuttosto sulla sua mancanza.

L'OCCUPAZIONE - Un tasso di disoccupazione più che raddoppiato dal 6% al 12,3%, con un balzo per i giovani oltre il 40%. Un aumento dei giovani inattivi (i 'Neet', né a scuola, né al lavoro) dal 16,3% al 21,4%, uno su cinque, quasi il doppio rispetto alla media degli altri Paesi e il terzo più alto dell’Ocse. Una percentuale di occupati al 55%, la quarta più bassa dell’Ocse. Tra il 2007 e il 2013, la disoccupazione è aumentata ad un tasso di 5.100 lavoratori per settimana e più di un quinto dell’aumento totale della disoccupazione nell’Eurozona è dovuto all’Italia. La diminuzione dei redditi in Italia riflette la debolezza del sistema di previdenza sociale nel rispondere alle necessità di quanti hanno perso il lavoro o hanno visto il loro reddito da lavoro contrarsi. Con un tasso di disoccupazione sopra la media, il Paese ha una spesa di circa un terzo inferiore alla media degli altri paesi per trasferimenti sociali ai cittadini in età lavorativa, quali assegni di disoccupazione o sussidi alle famiglie. Parimenti, la spesa per servizi rivolti agli stessi gruppi (corsi di formazione e assistenza nel cercare lavoro) è la metà della media e si è ridotta ulteriormente tra il 2007 e il 2009.

LA PREVIDENZA SOCIALE - L’Ocse è molto critica nei confronti del sistema di previdenza sociale dell’Italia, "scarsamente preparato ad affrontare un forte aumento della disoccupazione, soprattutto di lungo periodo, e della povertà". Meno di 4 disoccupati su 10 ricevono un sussidio di disoccupazione e con la Grecia l’Italia condivide il triste primato in Europa di non avere un sistema comprensivo nazionale di sussidi a favore dei gruppi a basso reddito. Allo stesso tempo, le famiglie relativamente più abbienti hanno un maggior accesso ai benefici dal sistema di protezione sociale rispetto ad ogni altro Paese in Europa, Insomma un Paese avaro con i poveri, generoso con chi ne ha meno bisogno. Il risultato è che con una diminuzione nei redditi del 12% in totale tra il 2008 e il 2010, il 10% più svantaggiato della popolazione ha subito perdite maggiori rispetto al 10% più ricco, che ha perso solo il 2%.

PROPOSTE RENZI SU LAVORO E SUSSIDI "PASSI IN BUONA DIREZIONE"  - L’Ocse promuove i primi passi del Governo Renzi, ma raccomanda maggiore sostegno ai gruppi più vulnerabili con un sistema di protezione sociale più efficace che eviti il radicamento delle disuguaglianze. In Italia"“le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro e l’estensione del sistema di previdenza sociale - attraverso sussidi di disoccupazione universali e le proposte per un piu’ unificato sistema di supporto per i lavoratori con reddito minimo - rappresentano importanti passi nella buona direzione", scrivono gli esperti dell’Organizzazione, rilevando che a queste iniziative si affianca la proposta riduzione della pressione fiscale per i redditi medio bassi. Tuttavia - aggiunge il rapporto - il sistema di sostegno per i gruppi più svantaggiati in età lavorativa "rimane debole" e per questo il Paese corre il serio rischio di vedere “un ulteriore radicamento nella società delle disuguaglianze”, tanto più che la ripresa economica da sola "non sarà probabilmente sufficiente per porre fine alla profonda crisi sociale e del mercato del lavoro" che colpisce l’Italia.

MOODY'S - Il rating dell’Italia "probabilmente rimarrà nella parte più bassa dei rating con grado d’investimento (più alti del livello speculativo) nel futuro prevedibile". Lo scrive Moody's, spiegando che restano "persistenti" sfide di carattere strutturale che "abbassano le prospettive di crescita dell’Italia".