Il peggio è passato, è alle nostre spalle. Lo dice Mario Draghi, presidente della Bce, che di solito non è propriamente un ottimista. Draghi sostiene che in marzo c’è stato un certo riassorbimento della disoccupazione in Europa. Siamo all’11,9 per cento di senza lavoro, ma proprio quella diminuzione notata in marzo fa pensare che la fase più acuta, per quanto riguarda il lavoro, sia dietro di noi. Dopo una certa ripresa del Pil, questo è un altro segnale che anche l’Europa (come l’America) sta uscendo dal tunnel: la luce che si vedeva già nell’autunno scorso non era quindi quella di un treno lanciato contro di noi, ma era proprio quella della ripresa. Ripresa sulla quale, peraltro, non bisogna farsi alcuna illusione. In Europa rimane minima, poco al di sopra, se tutto va bene, dell’1 per cento. La crescita, cioè, è così bassa che gli effetti positivi sull’occupazione si faranno sentire molto lentamente. Non solo: mentre Draghi afferma che le cose vanno un po’ meglio, si preoccupa anche di far sapere a tutti che l’intero direttivo della Bce è d’accordo nel mettere in campo le misure «non convenzionali» di sostegno all’economia. Perché questo atteggiamento apparentemente contraddittorio?

La ripresa c’è, come si è detto, ma è fragile e c’è il rischio deflazione, cioè che inverta la marcia a torni indietro. Per questo la Bce ha già pronti i suoi missili da lanciare sul Vecchio Continente: si tratta di mille miliardi di euro, a 80 miliardi al mese. Quindi ce n’è per più di un anno. Soldi che verrebbero spesi per acquistare titoli Abs dalle banche, in pratica la Bce comprerebbe dalle banche i finanziamenti da queste fatti alle piccole e medie imprese, fornendo così a loro altra liquidità per nuovi finanziamenti. Fino a qualche tempo fa una misura del genere non era nemmeno immaginabile, ma adesso anche la Germania non vuole vedere la deflazione e in più c’è anche la possibilità che la vicenda Ucraina si complichi. Quindi è bene tenere l’arsenale anti-crisi della Bce bello pieno e pronto all’uso immediato. Se questo è il quadro europeo, l’Italia non può certo stare meglio. E infatti le previsioni più attendibili dicono che la crescita italiana sarà, come di consueto, metà di quella europea (0,6 contro l’1,1 per cento). E anche nel nostro caso ci sono tutti i rischi appena visti per l’Europa. Con qualcosa in più. Anche se Renzi corre come un dannato, con le riforme siamo ancora indietro (è per questo che cresciamo la metà degli altri). Non a caso proprio ieri il Fondo monetario internazionale, ci ha invitati a fare presto la riforma del lavoro. A eliminare, insomma, un po’ di lacci e lacciuoli.

Giuseppe Turani