{{IMG_SX}}Blacksburg, 17 aprile 2007 - Forse molte vite si sarebbero potute salvare al Virginia Tech se l'allarme fosse scattato nel campus subito dopo la prima sparatoria. All'indomani della più terribile strage che mai sia stata compiuta in un'università americana, sono in molti a interrogarsi sulla lentezza con cui le autorità hanno reagito. L'assassino, un sudcoreano di 23 anni, ha sparato una prima volta alle 7:15 alla West Ambler Johnston Hall, un dormitorio che ospita 900 ragazzi, e ucciso le sue prime due vittime. Solo alle 9:26 però sono partite le e-mail in cui si informavano gli studenti dell'accaduto e si chiedeva loro di contattare la polizia se avessero visto qualcosa di sospetto.

 

Era uno studente coreano il giovane che ieri ha compiuto la strage nel politecnico Virginia Tech di Blacksburg. Secondo la televisione Abc, il ragazzo che ha ucciso trentadue persone si chiamava Seung Hui Cho. Il giovane sudcoreano autore della strage al Politecnico di Blacksburg, in Virginia, ha lasciato una lettera-testamento in cui dà sfogo alla sua rabbia contro i «ragazzi ricchi», «dissoluti» e «falsi ciarlatani». «Voi mi avete spinto a fare questo», si legge nella lunga lettera lasciata nella sua stanza del dormitorio, di cui ha riferito la 'ABC News'. Il rettore dell'ateneo, Charles Steger, aveva già confermato che l'autore del massacro era uno studente di 22 anni che viveva nel campus. Il giovane sudcoreano si chiamava Cho Seung Hui e aveva 23 anni. A quanto riferisce sempre la Abc, la polizia ha trovato tra i suoi effetti personali un biglietto scritto di suo pugno e la ricevuta per l'acquisto di una pistola. La polizia ha stabilito che Cho è entrato in una delle stanze del dormitorio dove anche lui alloggiava e ha sparato sulle sue prime due vittime. Poi è rientrato in camera, ha caricato di nuovo le due pistole che aveva con sè ed è uscito verso la Norris Hall dove ha ucciso trenta persone. Il giovane è stato identificato grazie alle impronte digitali trovate sulle armi e confrontate con quelle del suo permesso di soggiorno. Gli agenti hanno ritrovato nello zainetto che il giovane aveva con sè le ricevute della pistola Glock da 9 millimetri comperata in marzo.

Tra le 9:40 e le 9:45 il killer ha fatto irruzione in un'aula della Norris Hall e ha aperto il fuoco. Trenta le persone morte sotto i suoi colpi. Dieci minuti dopo i ragazzi hanno ricevuto un altro messaggio di posta elettronica in cui si sollecitavano tutti ad asserragliarsi in stanze e classi, e a stare lontani dalle finestre. «Credo che abbiano fatto del loro meglio inviandoci e-mail, ma forse se l'avessero fatto prima si sarebbero potute salvare delle vite», ha sottolineato Savannah McReynolds, 18 anni, studentessa di biologia nel politecnico della Virginia. «Dal momento che qualcuno era entrato nel campus e ucciso due studenti nel dormitorio, avrebbe dovuto esserci immediatamente una comunicazione a ragazzi e insegnanti di ciò che stava accadendo», ha commentato Lorraine Watkins, madre di una studentessa.

 

Sia la polizia sia il rettore Charles Steger si sono difesi spiegando che in un primo momento non si era capito ciò che stava accadendo in un campus grande quanto una cittadina e con oltre 26mila studenti. All'inizio, è stato spiegato, si è pensato che la prima sparatoria fosse un fatto isolato. «Abbiamo fatto il possibile sulla base di ciò che sapevamo in quel momento», ha assicurato Steger. Wendell Flinchum, capo della stazione di polizia del campus, ha raccontato che le autorità erano certe che il killer fosse fuggito dopo la prima sparatoria e che c'era il dubbio che ad agire fossero state due persone. «Abbiamo reagito sulla base delle informazioni che avevamo», si è difeso.

 

La strage di ieri al Virginia Tech di Blacksburg ha riacceso il dibattito sulla diffusione delle armi negli Stati Uniti. Prima di togliersi la vita, il giovane assassino ha ucciso trenta studenti e due insegnanti con due pistole, una calibro 22 e una 9 millimetri. Il massacro «ci ricorda ancora una volta in modo terrificante che alcuni dei più gravi pericoli che gli americani devono affrontare arrivano in patria da assassini armati con pistole spaventosamente facili da ottenere», ha scritto il 'New York Times'. Ancora una volta, ha sottolineato il giornale, si scoprirà che «uno psicolabile o un criminale non ha avuto difficoltà ad armarsi e a far del male e persone indifese».

 

Di ben altro avviso è invece il presidente americano George W. Bush che già dopo le prime notizie del massacro ha ribadito, attraverso la portavoce Dana Perino, il «diritto» dei suoi connazionali ad avere armi.
Sulla linea del capo della Casa Bianca è il senatore repubblicano John McCain, candidato alle presidenziali del 2008. «Sostengo il diritto costituzionale che tutti hanno, sulla base del Secondo emendamento alla Costituzione, di possedere un'arma», ha detto. E il Secondo emendamento così recita: «Essendo necessaria per la sicurezza di uno Stato libero una milizia ben regolamentata, non può essere violato il diritto della popolazione a possedere e portare con sè armi».

 

Da St. Louis in Missouri, la National Rifle Association (Nra), di cui Charlton Eston è stato a lungo l'icona, ha diffuso sul suo sito web una brevissima nota di appena quattro righe in cui «si unisce all'intero Paese nell'esprimere le più profonde condoglianze alle famiglie del politecnico della Virginia e a tutti quelli colpiti da questa orribile tragedia».

 

Eppure, secondo il New York Times, all'indomani della tragedia di Blacksburg e otto anni dopo il massacro al liceo Columbine di Littleton, dove due ragazzi uccisero dodici compagni e un insegnate, «la compassione non basta. Ciò di cui c'è bisogno, con urgenza, è un controllo più forte delle armi che provocano un tale devastante massacro e una così insopportabile perdita».