{{IMG_SX}}Erez, 25 febbraio 2008 - Agitando la minaccia di una "nuova Rafah", i leader di Hamas oggi contavano sulla mobilitazione di decine di migliaia di palestinesi contro l'embargo israeliano nei confronti di Gaza per dimostrare la loro capacita' di manovra in condizioni politiche sfavorevoli.

La modesta partecipazione popolare alla catena umana che avrebbe dovuto unire idealmente i valichi di Rafah con l'Egitto e quello di Erez con Israele, al contrario ha messo in evidenza l'incapacita' del movimento islamico nell'organizzare una lotta di massa pacifica contro lo Stato ebraico.


"Il risultato dell'iniziativa di oggi - ha detto ad Apcom l'analista palestinese Issam Nassar - conferma che gli eventi di Rafah (dello scorso 23 gennaio, ndr) erano stati in gran parte spontanei e che Hamas aveva semplicemente cavalcato l'onda della disperazione che aveva portato centinaia di migliaia di palestinesi di Gaza prima ad abbattere la barriera di confine e poi a riversarsi nel Sinai egiziano per procurarsi beni di prima necessita'".


Hamas, ha spiegato Nassar, a Rafah aveva compreso in parte le potenzialita' di una massiccia partecipazione di massa ma, ha aggiunto, "nell'organizzare oggi la catena umana e' stato ambiguo nelle parole d'ordine, avrebbe dovuto spiegare alla gente l'impatto positivo che la lotta pacifica avrebbe avuto sull'opinione pubblica internazionale e invece ha parlato di sacrificio e resistenza".

 

"Cosi' molti temendo di essere mandati allo sbaraglio hanno preferito rimanere a casa". Una occasione perduta anche se i dirigenti di Hamas annunciano che in futuro i palestinesi non esiteranno a forzare i valichi con Israele per mettere fine all'isolamento politico ed economico di Gaza.


Eppure la lotta pacifica palestinese e' una arma che i comandi militari israeliani temono molto, come ha scritto per il sito del quotidiano Haaretz l'analista Bradley Burston. "Nel vasto arsenale israeliano di tecnologia e armamenti non c'e' nulla che puo' contrastarlo efficacemente (il pacifismo, ndr)...ecco perche' per decenni Israele ha fatto del suo meglio per bloccare le espressioni della non-violenza palestinese".


Il pacifismo, spiega Burston, al contrario degli attentati suicidi, dei razzi su Sderot e della violenza migliora l'immagine della lotta palestinese e conquista consensi, non solo all'estero ma anche tra gli israeliani. I palestinesi, aggiunge l'analista pertanto dovrebbero ripetere le battaglie non violente della prima Intifada e sviluppare una pratica di resistenza civile all'occupazione militare.
Invece il movimento islamico abbagliato dall'ideale della lotta armata appare incapace di proporre alla popolazione di Gaza un modello alternativo al martirio e alla violenza come percorso per raggiungere l'indipendenza.


Eppure gli esempi di lotta pacifica non mancano. Nel villaggio di Bilin, a ridosso del muro di separazione costruito da Israele in Cisgiordania, da tre anni a questa parte palestinesi, attivisti internazionali e pacifisti israeliani continuano a tenere ogni venerdi' una manifestazione di protesta contro la confisca delle terre che attira ogni volte molte centinaia di persone (venerdi' scorso erano circa oltre mille) e procura non poco imbarazzo all'esercito israeliano costretto ad far uso della forza per disperdere dimostranti disarmati, sotto l'occhio delle telecamere di tutto il mondo.