{{IMG_SX}}Baghdad, 30 marzo 2008 - Sembra finita la battaglia di Bassora, ma i termini dell'accordo che porta al silenzio delle armi non sono ancora chiari. Il leader sciita radicale Moqtada al Sadr oggi ha lanciato un appello ai suoi miliziani affinché si ritirino dalle strade delle città irachene, dove si scontrano con le truppe regolari dal 25 marzo. Questo appello incontra il favore ufficiale dell'esecutivo di Baghdad, il cui portavoce ha affermato che si tratta di una decisione "responsabile e positiva..." Per Ali Debbagh "un gran numero di persone seguirà l'appello di Moqtada. La vita tornerà alla normalità in tutto il paese".


L'appello di al Sadr è stato diffuso dal suo quartiere generale a Najaf, città santa sciita a circa 160 chilometri a sud di Baghdad, nel centro-sud del Paese, poco dopo che portavoce del leader radicale aveva riferito di "negoziati tra sadristi e governo iracheno" che vanno nella giusta direzione, per risolvere la crisi.
L'appello del giovane leader sciita è incluso in un documento in 9 punti in cui al Sadr chiede anche al governo di interrompere quelli che definisce "raid a casaccio" e chiede la concessione di un'amnistia generale e il rilascio dei prigionieri detenuti senza incriminazione. Moqtada annuncia però che "sconfessa" chiunque porti armi e colpisca le istituzioni del governo, gli enti di beneficenza e gli uffici dei partiti politici.



Malgrado l'ordine di ritiro impartito oggi da Moqtada al-Sadr, il governo iracheno ha ammonito che proseguirà l'offensiva lanciata martedì scorso a Bassora e dintorni contro gli insorti, cioè la campagna denominata in codice 'Saulat al-Fursan', in lingua araba 'Carica dei Cavalleggerì.
«L'operazione in corso a Bassora proseguirà, e non si fermerà finchè non avrà raggiunto i suoi obiettivi», ha puntualizzato Ali al-Dabbagh, lo stesso portavoce governativo che pure aveva poco prima accolto favorevolmente la mossa distensiva di Sadr. «È un'offensiva diretta non contro i sadristi», ha puntualizzato ancora Dabbagh, «bensì contro i criminali».
L'Esercito del Medhi ha peraltro avvertito che non consegnerà le sue armi alle truppe regolari, come preteso invece dal premier Nouri al-Maliki, anch'egli di confessione sciita ma su posizioni moderate.


AL MALIKI SODDISFATTO
L'appello di al Sadr rappresenta
una "buona iniziativa": lo ha affermato il primo ministro iracheno Nouri al Maliki, secondo un comunicato diffuso a Baghdad. "La dichiarazione di Sadr è una buona iniziativa che va nella giusta direzione. Speriamo che ciò contribuisca a stabilizzare la situazione, a fare applicare la legalità e a sostenere il processo di ricostruzione", ha dichiarato il premier iracheno dopo che al Sadr ha chiesto ai suoi uomini di ritirarsi dalle strade.
Al Maliki ha inoltre assicurato che le forze di sicurezza irachene non hanno come obiettivo le milizie di Moqtada Al Sadr, nel sesto giorno di scontri tra l'esercito del Mahdi e le truppe regolari governative sostenute dai reparti americani. Secondo il comunicato, il premier sciita "sottolinea che le operazioni di sicurezza a Bassora non sono rivolte contro nessun gruppo politico o religioso, in particolare il movimento sadrista".
I combattimenti tra l'Esercito del Mahdi, la milizia fedele a Moqtada al Sadr, e le forze regolari irachene appoggiate dalle unità americane, hanno provocato più di 270 morti e centinaia di feriti. I primi scontri sono scoppiati il 25 marzo a Bassora, grande porto petrolifero nel sud dell'Iraq, e poi si sono estesi in altre città nel sud del paese e nei quartieri sciiti a Baghdad.