Belgrado, 10 ottobre 2010 - Almeno 141 feriti, tra cui 124 agenti. Questo il pesante bilancio della giornata di guerriglia urbana che si è consumata oggi Belgrado tra forze di polizia e militanti dei gruppi della destra ultranazionalista serba, che hanno tentato di impedire con la violenza lo svolgimento del Gay Pride nella capitale serba.


Sin dalle dieci del mattino sono partiti i primi tentativi di incursione da parte degli hooligans nella zona blindata della città, riservata allo svolgimento del corteo per l’orgoglio omosessuale. La polizia, con oltre 5000 agenti spiegati, ha reagito con il lancio di gas lacrimogeni consentendo lo svolgimento della parata gay. Nessuno del migliaio scarso di partecipanti è stato ferito e in tal senso la Serbia ha superato quel ‘test di democrazia’ che era il Gay Pride di Belgrado agli occhi dell’Ue.


Ma nel resto della città si è consumato l’inferno. Gli scontri sono proseguiti per ore, durante le quali gli ultrananzionalisti sono riusciti ad incendiare con lancio di bombe molotov la sede del Partito democratico (Ds) e a distruggere a sassate quella del Partito socialista serbo (Spsp). Entrambi compongono il governo filoeuropeista, accusato dai violenti di aver consentito il Gay Pride.

I mezzi blindati della polizia speciale antisommossa hanno così raggiunto i punti nevralgici della città: dieci solo quelli davanti al Parlamento. Intanto l’aria era resa irrespirabile dai gas lacrimogeni usati dalle forze dell’ordine per disperdere la furia distruttiva degli hooligans. Che non hanno risparmiato la sede della Tv nazionale Rts, ma anche negozi, strutture pubbliche quali fermate degli autobus, chioschi, bar, cestini in cemento, semafori. “Ad una prima stima ci sono danni per almeno un milione di euro” ha dichiarato alla stampa il sindaco di Belgrado, Dragan Djilas, nella centrale piazza Terasje, a scontri ancora in corso.


Al momento risultano arrestate 101 persone: una volta catturati, gli hooligans venivano immobilizzati, messi in ginocchio con il volto a terra e legati per le mani dietro alla schiena, prima di essere portati via. Sotto gli occhi non solo dei giornalisti, ma anche di tanta gente comune, sorpresa dall’ondata di violenza esplosa in questa domenica di sole. “E’ stato un attacco allo stato e alla polizia” ha dichiarato il presidente della Repubblica serbo, Boris Tadic.