Teheran, 16 novembre 2010 - "Sono una peccatrice". Cosl Sakineh Mohammadi Ashtiani, l’iraniana condannata a morte per complicità nell’omicidio del marito, ha aperto l’intervista trasmessa stanotte dal canale della tv pubblica iraniana ‘Channel 2’.

Sakineh, per la terza volta in video da quando il suo caso si è imposto all’attenzione della comunità internazionale, ha puntato il dito contro Mina Ahadi, portavoce del Comitato Internazionale contro la lapidazione, accusandola di avere strumentalizzato la sua vicenda per fini personali.

Per tutta la durata dell’intervista, andata in onda in lingua azera e sottotitolata in farsi, il volto dell’iraniana è stato oscurato. Prima della sua apparizione in video, le autorità hanno presentato Sakineh accusandola di omicidio, ma tralasciando la condanna alla lapidazione comminata in primo grado nel 2006.

Nel servizio 'Channel 2' ha accusato, inoltre, l’ex avvocato della donna, Mohammad Mostafaei (attualmente in Norvegia), e il legale che ufficialmente ancora la assiste, ma al momento in carcere, Javid Houtan Kian, "di avere cercato scuse per chiedere asilo nei Paesi occidentali".

Nella stessa trasmissione sono state mandate in onda anche le confessioni del figlio, Sajjad Ghaderzadeh, e dell'avvocato, entrambi arrestati il mese scorso. Il figlio ha ammesso di avere detto "menzogne" alla stampa straniera quando ha affermato che sua madre era stata torturata in carcere, e ha aggiunto di averlo fatto su consiglio di Javid Hutan-Kian. Quest’ultimo ha anch’egli 'confessato' questa circostanza.

Intanto Malek Ajdar Sharifi, capo dell’apparato giudiziario della provincia dell’Azerbaigian dell’Est, ha spiegato che i due tedeschi arrestati mentre intervistavano il figlio di Sakineh e il legale sono accusati di spionaggio. "Abbiamo le prove che si tratta di spie e che sono venuti in Iran per creare baccano contro la Repubblica islamica", ha detto all'agenzia Fars.

I nomi dei due non sono mai stati resi noti né dall’Iran né dalla Germania. La stampa tedesca ha scritto che si tratta di giornalisti, ma nemmeno questo è stato confermato dai due governi.