Il Cairo, 7 febbraio 2011 - Il governo del presidente egiziano, Hosni Mubarak, tiene oggi la sua prima riunione, in una situazione di permanente stallo del dialogo e mentre i manifestanti di piazza Tahrir insistono nel chiedere che il Rais se ne vada e si prepararono a una lunga resistenza. L’82nne Mubarak, che finora ha bocciato la richiesta di mettersi da parte sostenendo che le sue dimissioni potrebbero provocare il caos, ha provato a concentrarsi sul ripristino dell’ordine. Ma si sono visti ben pochi progressi.

Mentre le banche hanno riaperto, le scuole e la Borsa Valori sono rimaste chiuse. E un importante edificio governativo (il Mugamma, divenuto negli anni il simbolo del pesante fardello che la burocrazia impone agli egiziani, nella loro vota quotidiana) che si affaccia proprio su piazza Tahrir, è rimasto chiuso: i dimostranti hanno creato una lunga catena umana, bloccandone tutti gli accessi ai dipendenti, ma anche ai semplici cittadini. Le autorità egiziane hanno anche ridotto le ore di coprifuoco nelle città del Cairo, Alessandria e Suez dalle 20 di sera fino alle 6 del mattino contro il precedente divieto dalle 19 alle 8 di mattina.


Al quattordicesimo giorno di rivolta, i manifestanti, asserragliati nelle tende montate nella piazza nel cuore del Cairo, hanno trascorso sempre più numerosi un’altra notte (alcuni appostati dentro o sotto i blindati per impedire che i veicoli dell’esercito si muovessero). La riapertura della Borsa è stata rimandata a domenica mentre il governo ha tentato di vendere 2,5 miliardi di dollari in titoli di Stato a breve termine, dopo che l’asta della scorsa settimana era stata rimandata. In piazza Tahrir, promettono di rimanere fino a quando Mubarak non se ne andrà.

Ma finora sul fronte del dialogo, si sono visti ben pochi progressi. Gli oppositori hanno respinto come insufficienti le concessioni fatte nei colloqui, nel week-end, con il vice-presidente Omar Suleiman.
 

Domenica sera Barack Obama è tornato a ribadire che l’Egitto non tornerà indietro: in un’intervista alla conservatrice Fox News, a poche ore dall’inizio del Super Bowl, il presidente americano ha sostenuto che gli Usa non intendono dettare al presidente egiziano cosa deve fare, ma inequivocabilmente suggeriscono che è giunto il momento di cambiare (tra l’altro, il settimanale Spiegel, rivela che i piani americani per favorire l’uscita di scena di Mubarak prevedono il suo ricovero in una lussuosa clinica di Baden-Baden).

Intanto Al-Azhar, il massimo centro dell’Islam sunnita, scende in campo contro l’Iran, che ha sollecitato una svolta khomeinista per la rivolta egiziana. In un comunicato diffuso nella notte, la prestigiosa università ha condannato con forza le parole dell’ayatollah Ali Khamenei il quale aveva detto che l’ondata di insurrezioni nei Paesi arabi è il sintomo di un «risveglio islamico» ispirato alla rivoluzione di Khomeini del 1979.

 

CLINICA IN GERMANIA - Lo scenario di una exit strategy di Mubarak attraverso il ricovero in una clinica tedesca è “molto più concreto di quanto si pensi”. Lo scrive nella sua edizione online il settimanale tedesco ‘Der Spiegel’, secondo cui il luogo prescelto per il soggiorno ospedaliero del presidente egiziano sarebbe una lussuosa clinica nei dintorni di Baden-Baden. Attualmente Mubarak si trova nella sua residenza estiva di Sharm el-Sheikh.

Stando al settimanale, gli Stati Uniti avrebbero delineato un piano per mettere fine al caos politico di questi giorni in Egitto attraverso un “check up prolungato” che offrirebbe al rais ormai 82enne la possibilità di uscire di scena a testa alta. Nel weekend il New York Times ha riferito, nel merito, di contatti in corso fra il governo americano e i vertici militari egiziani. E i mediatori, secondo lo Spiegel, avrebbero già pre-allertato alcune strutture ospedaliere considerate all’altezza, fra cui la Max-Grundig-Klinik ‘Buehlerhohe’ a Buehl, nei pressi di Baden-Baden. La direzione della clinica di lusso, che in passato ha avuto ospiti illustri come l’ex presidente ucraino Viktor Jushchenko, non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

In passato a più riprese era circolata la voce che Mubarak fosse malato di cancro. Nella primavera del 2010, il presidente egiziano era stato ricoverato nella clinica universitaria di Heidelberg, dove gli sono stati asportati la cistifellea e un polipo intestinale, anche se in quella circostanza i sanitari avevano smentito l'ipotesi di un tumore.

 

LIBERATO WEB ATTIVISTA - Le autorità egiziane hanno rilasciato Wael Ghonim, membro del team Google in Medio Oriente e web-attivista simbolo della protesta. Lo rende noto la tv al-Arabiya. Di Ghonim si erano perse le tracce il 28 gennaio, tre giorni dopo la prima manifestazione di massa in piazza Tahrir, al Cairo. Responsabile marketing per Medio Oriente e Nord Africa del colosso di Mountain View, Ghonim aveva contattato i familiari l’ultima volta il 28 gennaio, poco dopo uno dei suoi post sulla seguitissima pagina Twitter @ghonim, che aveva alimentato un certo timore: “Pregate per #Egitto. Molto preoccupato perché sembra che il governo stia programmando crimini di guerra per domani contro la popolazione. Siamo pronti a morire #25 Gen”
 

Da allora Ghonim è diventato una sorta di leader, ‘portavoce’ simbolico del Movimento 6 Aprile in prima linea nella rivolta di piazza della Liberazione. Numerosi gli slogan che si sono susseguiti negli ultimi giorni in tutto il paese per chiedere la sua liberazione.
 

RAZZI CONTRO POSTO POLIZIA DI RAFAH - Almeno un agente è rimasto ferito nel corso di un attacco con razzi alla caserma della polizia di Rafah, città egiziana al confine con la Striscia di Gaza. È quanto hanno riferito fonti della sicurezza egiziane, secondo cui alcuni uomini armati hanno lanciato quattro razzi contro l’edificio.

Non è chiaro se l’attacco sia collegato o meno alle proteste antigovernative contro il presidente egiziano, Hosni Mubarak. Sabato, un gruppo di assalitori ha dato alle fiamme una chiesa copta a Rafah. Nella stessa zona ieri è stato sabotato il gasdotto che collega l’Egitto alla Giordania.

 

VIDEO CHOC - Un giovane egiziano sfida le forze di sicurezza, disarmato. Si toglie la giacca, a mostrare il petto. Gli amici, la famiglia forse, lo richiamano, gli urlano di stare attento, di non esporsi. Troppo tardi: dopo qualche attimo di esitazione i poliziotti sparano. Colpito, il ragazzo cade a terra.

Il filmato è destinato a diventare uno dei simboli della rivolta popolare in Egitto ed è, per diversi blogger, la causa dell’arresto di Ayman Mohyeldin, il corrispondente di al Jazira al Cairo arrestato qualche ora dopo aver lanciato su Twitter un appello a chi sapesse qualcosa di più sul fatto.