Roma, 21 febbraio 2011 - Gli italiani che vivono “stabilmente” in Libia sono 1.500, di cui circa 500 sono dipendenti di società italiane con progetti nel paese. E’ quanto si apprende da fonti della Farnesina, secondo cui non più di una decina di connazionali si trovano adesso a Bengasi, epicentro delle rivolte anti-Gheddafi. Il ministero, attraverso l’ambasciata, consiglia agli italiani di lasciare il paese “con voli commerciali”. L’aeroporto di Tripoli è operativo, e i collegamenti di Alitalia sono regolari.


PIANI DI EVACUAZIONE - I piani di evacuazione degli italiani dalla Libia sono pronti, ma ancora non è stato dato loro il via. Il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, spiega: "I piani di evacuazione in situazioni del genere sono sempre e comunque pronti, ma al momento non è stato dato nessun via". L’ambasciata italiana a Tripoli, prosegue Craxi, "di concerto con l’Unità di crisi a Roma sta invitando i nostri connazionali a lasciare ordinatamente la Libia, utilizzando i voli Alitalia che non sono stati interroti e naturalmente - aggiunge - se la richiesta dovesse essere maggiore, l’Alitalia è pronta a intensificare i voli".

I RIMPATRI - Finmeccanica sta rimpatriando i propri dipendenti italiani dalla Libia: tratta di un numero ristretto di lavoratori, meno di dieci. È quanto si apprende da fonti vicine all’azienda.


E anche Eni sta rimpatriando i dipendenti non “strettamente operativi” presenti in Libia sia tutti i familiari dei dipendenti. La società precisa tuttavia, in una nota che “non ravvisa alcun problema agli impianti e alle strutture operative” in Libia.
“In relazione allo stato delle attività in Libia, Eni - spiega la nota - informa che è in corso sia il rimpatrio dei familiari dei propri dipendenti, come già previsto a seguito della chiusura anticipata delle strutture scolastiche nel Paese, sia dei dipendenti non strettamente operativi. In questo momento Eni non ravvisa alcun problema agli impianti e alle strutture operative. Le attività proseguono nella norma senza conseguenze sulla produzione. Eni, tuttavia, sta provvedendo a rafforzare ulteriormente le misure di sicurezza a tutela di persone e impianti”.

SOFFRE PIAZZA AFFARI - L’acutizzarsi delle tensioni in Libia gravano su Piazza Affari, che a metà giornata è in calo del 2%, la peggiore tra le principali Borse europee. “Perdiamo di più perchè abbiamo più società che hanno attività o interessi con Tripoli”, commentano dalle sale operative. “E si tratta di società che pesano fortemente sul listino, come Eni ed Unicredit”. La performance peggiore l’ha mette a segno però Impregilo che scivola di cinque punti percentuale: il gruppo di costruzioni ha varie commesse nel Paese maghrebino, dove opera attraverso la Impregilo Lidco, società partecipata al 40% dalla Lybian Development Investment.


A zavorrare il listino milanese è comunque Eni, che perde il 4,6%: il mercato teme un impatto sulla produzione e sulle forniture di gas. Unicredit, dove gli azionisti libici detengono il 7,5% circa del capitale, lascia sul terreno il 3,4%. Lo scorso agosto la Banca Centrale libica aveva dato l’approvazione per aprire una filiale nel paese nordafricano. Regge Finmeccanica (-1,3%) che ha comunicato di stare provvedendo a rimpatriare i suoi dipendenti che lavorano in Libia. Fa peggio la controllata Ansaldo Sts (-3,3%).