Tripoli, 23 febbraio 2011 - Calma tesa a Tripoli, mentre aumenta il pressing internazionale sul colonnello Muammar Gheddafi, perché si faccia da parte. Gli oppositori del Colonnello sembrano controllare la costa orientale della Libia, dove i soldati si stanno alleando con i ribelli, mentre nella penisola arabica le mobilitazioni non si placano e i sauditi adottano misure sociali.  Ribelli, per lo più armati, erano presenti sulla strada tra la frontiera egiziana e la città di Tobrouk, circa 150 chilometri più a ovest. I residenti hanno confermato che la regione, che si estende dai confini orientali del Paese fino ad Ajdabiya più a ovest, passando per Tobrouk e Bengasi, è in mano agli oppositori del Rais, malgrado il regime sostenga di controllare questa zona. I soldati, hanno affermato queste persone, hanno espresso il loro sostegno alla guerriglia.
 

Ma il Colonnello è asserragliato a Tripoli e non sembra intenzionato a mollare. Lo riferisce la rete al Arabiya secondo cui le truppe ancora fedeli a Gheddafi hanno isolato la capitale stendendo un cordone di mezzi e truppe con cui difendere il raiss.Stamane sono risuonati colpi d’arma da fuoco nella capitale, probabilmente la risposta dei ‘fedelissimi' all’appello del colonnello a ribellarsi contro le proteste. Del resto, manifestanti anti-governativi sostengono di avere il controllo di quasi tutti i 1.000 chilometri della costa mediterranea orientale del Paese; e affermano di aver preso il controllo anche di Misurata (se fosse vero, sarebbe la prima città nell’ovest del Paese a cade nelle mani degli insorti). E comunque, la parte orientale della Libia sembra esser calma, con poche tracce di polizia o militari.


Il ministro dell’Interno, Abdul Fattah Younis, considerato il numero due del regime, avrebbe lasciato il colonnello per unirsi ai manifestanti anti-Gheddafi, ma è giallo sulla sua sorte (secondo i media del regime, sarebbe in realtà ostaggio di gang locali). 

 

EX MINISTRO GIUSTIZIA: GHEDDAFI ORDINO' LOCKERBIE - L’ex ministro della giustizia libico ha detto a un giornale svedese di avere le prove che Muammar Gheddafi ordinò ’’personalmente’’ la strage di Lockerbie.
 

L'EX DIPLOMATICA: "IL PAZZO POTREBBE USARE ARMI CHIMICHE" “Si teme che il pazzo usi arme chimiche”. Sono le parole riportate dal sito dell’associazione Articolo21 e attribuite a “una ex diplomatica libica” che “spiega le angosce, le paure dei libici” via Skype. “Il grande timore espresso- spiega Articolo21- e’ che Gheddafi usi le armi chimiche che non ha mai distrutto”. La fonte “racconta del suo massiccio ricorso a mercenari africani. La certezza e’ che Gheddafi e i suoi sono pronti a tutto, consapevoli che nessuno al mondo li accogliera’”. 
 

ALMENO 10.000 MORTI - Almeno 10mila persone sono morte in Libia dall’inizio delle proteste contro il regime di Muammar Gheddafi: lo ha detto alla televisione al-Arabiya, il componente libico della Corte Penale Internazionale,, Sayed al Shanuka. Parlando da Parigi, Al Shanuka ha anche sostenuto che i feriti potrebbero raggiungere quota 50mila. Sempre più serio anche l'allarme immigrazione. Secondo l'Ue il numero di persone che potrebbe arrivare in Europa oscilla fra 500 mila e 1,5 milioni.  E già in queste ore sono migliaia i libici che stanno scappando dal Paese martoriato dalle violenze, nel tentativo di raggiungere la vicina Tunisia (dove sarebbero arrivati 5 mila rifugiati) o l’Egitto, dove i profughi sarebbero addirittura 15 mila. Ne dà notizia il portavoce dell’Onu Martin Nesirky, citando i dati piu’ recenti a disposizione dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari.

"GHEDDAFI FA BRUCIARE I CADAVERI" - "A Tripoli ci sono decine e decine di cadaveri per strada e le milizie di Gheddafi li stanno portando via in luoghi sconosciuti per bruciarli e nascondere l’evidenza del massacro’’. E’ quanto riferisce il presidente del comitati Libia Democratica Karim Bengharsa nel corso della protesta organizzata di fronte all’ambasciata libica a Roma.
Bengharsa ha spiegato che ‘’online girano gia’ video di corpi bruciati dalle milizie’’ e da testimoni con i quali l’oppositore e’ in ‘’costante contatto’’, hanno riferito che in queste ultime ore le forze del colonnello ‘’stanno raccogliendo i cadaveri per portarli fuori da Tripoli’’. 


OBAMA: "IL MONDO PARLI A UNA SOLA VOCE"
Barack Obama è tornato a "condannare con forza" le violenze in corso in Libia, "oltragiose ed inaccetabili" aggiungendo allo stesso tempo che "i cambiamenti in corso nella regione sono opera del popolo".
 

Leggendo una dichiarazione alla Casa Bianca con accanto Hillary Clinton il presidente ha chiesto al segretario di Stato di presentare il caos libico a Ginevra al Consiglio per i DIritti Umani dell’Onu. Secondo il leader della Casa Bianca "vi e’ una costante e continua violazione dei diritti umani", i responsabili "dovranno risponderne".  "Il diritto ad essere trattati da essere umani - ha sottolineato il presidente americano - e’ la piu’ basilare delle aspirazioni che stanno portando a questo cambiamento".
 

Obama punta a couagulare contro la Libia il maggior numero di Paesi perchè "è imperativo che le nazioni e i popoli parlino con una sola voce". Obama infatti non ha annunciato ancora sanzioni unilaterali contro Tripoli - anche se a Washington non si esclusono - ma punta a raccogliere maggiori consensi possibili su nuove misure contro il regime di Gheddafi.  

UE: POSSIBILI SANZIONI C’è una forte "unità di intenti e disponibilità ad agire" nell’adottare sanzioni alla Libia da parte dei Paesi Ue. È quanto si apprende da fonti comunitarie che hanno sottolineato come al momento "non esista una lista precisa" di sanzioni nei confronti di Tripoli. Anche perché al momento "non è utile pubblicizzare queste eventuali misure prima che siano prese, altrimenti perdono la loro efficacia".
 

BAN KI-MOON: "VIOLATI I DIRITTI UMANI" Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha detto che in Libia sono in atto ‘’gravi violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani’’, ribadendo che ‘’le violenze vanno fermate’’ e che ‘’i responsabili di questo bagno di sangue devono essere puniti’’.
 

EMIRATO DI AL QAEDA A DERNA - Al Qaeda ha instaurato un emirato islamico a Derna, nell’est della Libia. A dirlo è stato il vice-ministro degli Esteri, Khaled Kaim, secondo cui a dirigerlo ci sarebbe un ex detenuto di Guantanamo. Kaim lo ha dichiarato durante una riunione con gli ambasciatori dei Paesi dell’Unione europea.
 

PENTAGONO: ITALIA E FRANCIA IDEALI PER LA 'NO-FLY ZONE' Seconodo il segretario alla difesa Usa Robert, Italia e Francia sono i due Paesi maggiormente in grado di garantire una ‘no-fly zone’, un’area di non volo sopra la Libia. Gates lo ha indicato in una intervista al settimanale conservatore Usa ‘The Weekly Standard’, precisando che ‘’i francesi e gli italiani dispongono potenzialmente di piu’ mezzi per intervenire’’, in modo da impedire ai caccia libici di bombardare la Libia, come e’ successo in queste ultime ore, per colpire le istallazioni petrolifere e la popolazione civile.
 

RIFIUTARONO DI SPARARE AI CIVILI: FUCILATI 130 MILITARI -  Soltanto a Bengasi almeno centotrenta soldati libici sono stati fatti giustiziare dai loro superiori per essersi rifiutati di obbedire all’ordine di sparare sui manifestanti anti-governativi: lo ha reso noto la giornalista tunisina Souhayr Belhassen, presidente della Fidh, la Federazione Internazionale per i Diritti Umani, che come fonti ha citato gruppi umanitari locali. I soldati messi a morte rientrano in un computo più ampio indicato dalla stessa Belhassen, che ha parlato di almeno 640 morti accertati in tutta la Libia dall’inizio delle proteste contro il regime: una cifra enormemente inferiore alle diecimila vittime riferite da Sayed al-Shanuka, giudice libico del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, ma pur sempre pesante e comunque pari a oltre il doppio di quanto ufficialmente ammesso dalle autorità di Tripoli: trecento morti, tra cui 111 militari.
Secondo la stessa Fidh, ammontano a 275 le persone uccise nella capitale della Libia, e a 230 quelle trucidate complessivamente a Bengasi, compresi dunque i civili.

 

PILOTA CACCIA NON SPARA SU FOLLA E ABBANDONA AEREO- Un aereo da caccia libico si è schiantato al suolo dopo che il pilota, rifiutandosi di bombardare la città di Bengasi controllata dagli oppositori del regime di Muammar Gheddafi, si è lanciato col paracadute: è quanto riporta la stampa libica.

Il caccia, un Sukhoi 22 di fabbricazione russa, è precipitato ad ovest della località di Adjabiyah: “Il pilota Abdessalam Al Abdali e il copilota Ali Omar Gheddafi si sono lanciati dopo aver rifiutato l’ordine di bombardare Bengasi”, riporta il quotidiano.
 

LA SITUAZIONE NEL PAESE - A Tripoli gran parte dei negozi sono chiusi, ma lunghe code si sono formate davanti alle panetterie e alle pompe di benzina, mentre sulla Piazza Verde stamani si sono radunati decine di sostenitori di Gheddafi. Alcune decine di automobili girano sulla piazza suonando il clacson, sotto una pioggia battente, mentre i manifestanti filo-regime inalberano bandiere verdi e ritratti della 'Guida della rivoluzione', sotto gli occhi di un piccolo gruppo di poliziotti e di alcuni uomini in borghese armati di kalashnikov.

Tutti i porti e i terminal libici sono temporaneamente chiusi: lo ha reso noto la società armatrice francese Cma-Cgm sul suo sito internet.

FOSSE COMUNI - Un video realizzato da OneDayOnEarth e ripreso dal Telegraph mostra i preparativi di una fossa comune a Tripoli, capitale della Libia in preda alle violenze. Il filmato amatoriale dà una visione dall’interno sul numero delle vittime a Tripoli. Le forze del colonnello hanno colpito duramente i manifestanti: Human Rights Watch ha denunciato che sono almeno 233 le persone uccise in cinque giorni di violenze in Libia, anche se i gruppi dell’opposizione parlano di un numero di vittime nettamente superiore.

CRISI DEL PETROLIO: TOCCATA QUOTA 100 DOLLARI AL BARILE - La rivolta in Libia rischia di provocare una vera e propria crisi petrolifera, paragonabile a quella delm '73. È l'opinione diffusa tra gli analisti e gli operatori del settore davanti alla guerra civile che scuote il paese, membro dell'Opec e terzo produttore di greggio del continente africano, con riserve stimate pari a 44 miliardi di barili. Primo fornitore di petrolio per l'Italia, la Libia ha una produzione complessiva di 1,6 milioni di barili al giorno, pari al 2% del totale mondiale. Dati alla mano, al momento lo stop delle attività da parte delle maggiori compagnie straniere, da Eni a Total, per citarne alcune, peserà sulla produzione di circa 300mila barili al giorno.
 

Detto fatto: vola il prezzo del petrolio. A New York arriva a toccare i 100 dollari al barile, per la prima volta dall’ottobre 2008.

DEFEZIONI NELL'ESERCITO - Le unità dell’esercito libico dispiegate nella provincia di Jabal al-Akhdar, nella Cirenaica, sono passate con i manifestanti che da giorni protestano per chiedere le dimissioni di Gheddafi. Lo ha annunciato uno degli ufficiali che si trova nei dintorni della città di al-Bayda, capoluogo della provincia, alla tv araba ‘al-Jazeera'.

Un caccia libico del tipo Sukhoi 22, di fabbricazione russa, è precipitato questa mattina ad ovest della città di Adjabiya. Lo ha annunciato il sito del quotidiano libico 'Quryna', considerato vicino a Seifulislam Gheddafi. Fonti militari hanno confermato la notizia al giornale, sostenendo che il velivolo era decollato da Tripoli con l'obiettivo di bombardare Bengasi. Un ufficiale dell'aviazione, che ha il grado di colonnello, ha spiegato che "i due piloti a bordo, Abdel Salam Atiya al-Abdali e Ali Omar Gheddafi, si sono rifiutati di eseguire l'ordine di bombardare Bengasi ed hanno fatto precipitare il velivolo dopo essersi lanciati con il paracadute".

"SABOTATE GLI OLEODOTTI" - Gheddafi avrebbe ordinato all’esercito di sabotare tutti gli oleodotti del paese, come rivela il settimanale americano ‘Time', citando fonti vicine al Rais. "Gheddafi - scrive la rivista - ha ordinato all’esercito di cominciare a sabotare gli oleodotti", una mossa che "secondo la fonte vuole essere un messaggio alle tribù ribelli per dire: o me o il caos". Secondo la stessa fonte, il leader libico conterebbe sulla piena fedeltà di solo 5mila militari, a fronte di un totale di 45 mila unità di tutto l’esercito. Lo stesso colonnello avrebbe confidato a "persone a lui vicine di rendersi conto di non poter riprendere il controllo completo del Paese con le forze di cui dispone", si legge sul Time. Alla luce di questa situazione Gheddafi, decritto dalla fonte come un uomo "disperato e irrazionale", vorrebbe "trasformare la Libia in una nuova Somalia", ed è con questo obiettivo che il colonnello che "ha ordinato il rilascio di dei miltanti islamici detenuti nelle carceri del paese, sperando che combatttano al fianco dei suoi sostenitori contro le tribù ribelli".

TENSIONE A ROMA    A Roma momenti di tensione nel primo pomeriggio davanti l’ambasciata della Libia in Via Nomentana, dove da circa le 14 si sono radunate circa 200 persone per protestare contro la repressione delle manifestazioni in quel paese. I manifestanti, molti africani, hanno sventolato le bandiere con i colori della rivoluzione in atto e scandito slogan contro Gheddafi. Qualcuno ha cercato anche di scavalcare il cancello dell’ambasciata, ma è stato bloccato dalle forze dell’ordine. In tilt il traffico davanti la sede diplomatica, in via Nomentana. Spintoni e momenti di tensione quando sono passate della automobili con la targa del corpo diplomatico. Non sono stati registrati tafferugli. Alle 18 il sit-in era già concluso.

AEREO RESPINTO DA MALTA: C'ERA LA FIGLIA DI GHEDDAFI - C’era anche Aisha Gheddafi, figlia del leader libico, ira le 14 persone a bordo di un aereo libico cui e’ stato impedito di atterrare oggi a Malta. Lo riferiscono fonti vicine al governo de La Valletta.

Le autorità maltesi hanno negato l’atterraggio presso lo scalo internazionale dell’isola a un volo ATR 42 della compagnia di bandiera libica, arrivato in modo inatteso sui cieli di Malta. Lo riferisce il ‘Times of Malta', spiegando che il velivolo ha fatto ritorno in Libia.

Nel chiedere il permesso di atterrare, il pilota dell’aereo ha fatto riferimento a un volo che sarebbe dovuto arrivare sull’isola ieri, ma le autorità aeroportuali non hanno dato il loro via libera.

L’aereo, che trasportava 14 persone, ha continuato ad aggirarsi per circa 20 minuti a sud di Malta, riprovando più volte a chiedere il permesso per l’atterraggio. Alla fine il pilota ha deciso di tornare indietro. Militari maltesi sono stati visti entrare in fretta nell’aeroporto mentre l’emergenza era in corso.
 

L'ONU REVOCA INCARICHI A FIGLI GHEDDAFI L’Onu ha revocato l’incarico di ambasciatrice di buona volontà alla figlia di Muammar Gheddafi, Aishaa. Lo ha indicato un portavoce del Palazzo di Vetro. Aisha Gheddafi aveva ottenuto il ‘titolò per parlare della violenza contro le donne e dell’aids in Libia, ha indicato alla stampa il portavoce delle Nazioni Unite Martin Nesirky. "A seguito dei recenti eventi, l’Unpd ha messo fine all’accordo con la signora Gheddafi ai sensi dell’articolo 30 delle norme dell’Onu sulla designazione degli ambasciatori di buona volontà e di messaggeri della pace", ha aggiunto.