Tripoli, 25 febbraio 2011 - Si stringe il cerchio attorno a Muammar Gheddafi, il leader libico messo alle corde da una grande rivolta popolare giunta al suo undicesimo giorno. Molte aree del Paese sono ormai fuori dal controllo del Colonnello, che si prepara a far fronte al possibile assedio di Tripoli ma non si arrende: "Vinceremo", ha promesso in una breve apparizione nella Piazza Verde di Tripoli. Nel frattempo, l'Ue studia la possibile applicazione di una no-fly zone e ha raggiunto un accordo di massima per un embargo sulle armi e il congelamento dei beni di Gheddafi e dei suoi familiari.

GHEDDAFI: VINCEREMO - Muammar Gheddafi ha parlato per pochi istanti, arrivando a sorpresa in piazza Verde, a Tripoli, dove erano radunati centinaia di suoi sostenitori. Il popolo libico "ama Gheddafi, questa è la voce del popolo" ha strillato, coprendo le urla dei sostenitori. "Preparatevi a difendere la Libia. Lotteremo fino a riconquistare ogni pezzo del territorio del Paese - ha aggiunto parlando ad una piazza che, a giudicare dalle immagini trasmesse dalle tv, non sembrava gremita di gente - sconfiggeremo il nemico come abbiamo sconfitto il colonialismo italiano”. Il Colonnello ha poi aggiunto che “tutti i depositi di armi saranno aperti per armare il popolo". "Ecco la voce del popolo, lotteremo fino a riconquistare ogni pezzo del territorio della Libia. Sconfiggeremo il nemico come abbiamo sconfitto il colonialismo italiano", ha continuato Gheddafi, che ha concluso: "Cantate, ballate e siate felici".

PRESUNTE TRATTATIVE - Seif al Islam, uno dei figli del leader libico Muammar Gheddafi, ha detto ai giornalisti stranieri a Tripoli che l’esercito si sta trattenendo perché spera di negoziare con i ribelli ed ha aggiunto di sperare in una soluzione pacifica entro domani.

OFFENSIVA RIBELLE SU TRIPOLI - I leader della rivolta stanno inviando truppe per un’offensiva contro la capitale, dove le forze di sicurezza hanno circondato le moschee: oggi infatti era in programma la prima grande manifestazione anti-regime al termine della preghiera del venerdì; secondo alcuni testimoni i militari avrebbero aperto il fuoco contro i manifestanti nei quartieri di Fashlum e di Soug al Jomaa, e vi sarebbero decine di morti. I manifestanti che sono scesi in piazza oggi avrebbero preso il controllo di alcuni quartieri della capitale libica. L’aeroporto internazionale di Maatiqa, a Tripoli, sarebbe caduto nelle mani dei manifestanti. I militari che sono presenti al suo interno hanno aderito alla rivolta contro Muammar Gheddafi.

I POZZI DI MARSA BREGA IN MANO AGLI INSORTI - Testimoni hanno riferito che le installazioni petrolifere della sitta’ di Marsa Brega sono sotto il controllo dei ribelli. E i soldati stanno aiutando i ribelli a mettere in sicurezza il porto.

GHARIAN IN MANO AI RIBELLI - I manifestanti libici che chiedono le dimissioni di Muammar Gheddafi hanno preso il controllo della città di Gharian, nella zona montuosa di Jabel Akhdar. Lo ha annunciato il portavoce dei rivoltosi della zona, Sadiq al-Gharian, alla tv araba ‘al-Jazeera'.

MISURATA IN MANO AI RIVOLTOSI - Le milizie anti-governative libiche hanno preso il controllo della città costiera Misurata, situata a meno di 200 km da Tripoli, dopo aver respinto una "violenta" controffensiva: lo sostiene un abitante della terza città della Libia. Le informazioni sulla situazione di Misurata sono state a lungo confuse. Gli oppositori di Gheddafi avevano annunciato mercoledì di aver preso la città; i residenti hanno detto che mercenari e soldati lealisti hanno lanciato una controffensiva, giovedì, ma che è stata respinta. "I manifestanti hanno sconfitto le forze di sicurezza e preso il controllo della città", ha raccontato Mohamed Senoussi, 41 anni, "la situazione adesso è calma dopo 4 ore di intensa battaglia avvenuta nella mattina. Gli abitanti celebrano la vittoria e cantano "Dio è grande".
"I civili stanno adesso organizzando il traffico, ispezionando la gente per cercare armi; sono stati arrestati alcuni infiltrati che si ritiene provenissero da Tripoli".

FESTA A BENGASI, I RIBELLI: MANTERREMO IMPEGNI PETROLIFERI - È in festa oggi Bengasi, la seconda città per grandezza della Libia, dove i manifestanti pro-democrazia stanno celebrando il controllo dell’amministrazione locale. Bengasi è attualmente governata da un comitato di giudici e di avvocati, che hanno rivolto un appello urgente agli abitanti affinchè ritornino al lavoro. Gli oppositori al regime di Muammar Gheddafi, al potere da 41 anni, hanno preso il controllo della maggior parte delle città nell’est del Paese, oltre che di Misurata e Zuara a ovest. "Manterremo gli impegni presi dalla Libia con le compagnie petrolifere e per il funzionamento dei terminal petroliferi". È quanto ha reso noto la direzione temporanea dei rivoltosi libici che controllano la città di Bengasi, secondo quanto riferisce la tv satellitare ‘al-Arabiya'.

SI DIMETTE CUGINO GHEDDAFI, UN FIGLIO FUGGITO IN VENEZUELA - Un altro dei sette figli del leader libico, non meglio identificato secondo una fonte sentita dal Telegraph, sarebbe arrivato due giorni fa nell’isola Margarita, in Venezuela. L'ultima defezione, in ordine di tempo, è stata poi quella di un cugino e stretto consigliere del Colonnello, Kadhaf al-Dam, che si è dimesso ieri “da tutti i suoi incarichi nel regime libico per protestare contro la gestione della crisi” in atto nel Paese.

GLI STATI UNITI - L’ambasciata americana a Tripoli ha chiuso venerdì. A dirlo è stato un funzonario della sede diplomatica, il quale ha annunciato che per via della situazione in cui è impossibile garantire la sicurezza il personale è stato evacuato. Una nave e un aereo noleggiato appositamente hanno lasciato Tripoli venerdì sera con a bordo il personale diplomatico.

Intanto il portavoce della Casa Bianca ha detto che gli Usa stanno mettendo a punto sanzioni unilaterali contro la Libia. "Le sanzioni non sono l’unico strumento” che gli Usa hanno a disposizione e stanno pensando di usare contro il regime libico, ha detto il portavoce Jay Carney.

Le sanzioni sono unilaterali, ha precisato, e sono state quindi decise indipendentemente dalle possibili sanzioni Onu, che secondo la Casa Bianca potrebbero comprendere un embargo delle vendite di armi e il blocco dei beni. Sanzioni multilaterali alle quali Carney ha detto che gli Usa daranno pieno appoggio.  "Gheddafi ha perso la fiducia del suo popolo, la sua legittimità è ridotta a zero", ha detto Carney: "Lo status quo in Libia non è sostenibile né accettabile".

Gli Stati Uniti non escludono di prendere in considerazioone alcuna ipotesi, incluso il ricorso alla forza, per porre fine alle violenze.

LE NAZIONI UNITE - E’ attesa per domani l’approvazione di sanzioni contro la Libia, con l’embargo sulle armi, il blocco dei beni, limiti ai viaggi per i dignitari del dignitari oltre ad un riferimento a eventuali crimini contro l’umanità. Lo indicano all’Ansa fonti diplomatiche occidentali del palazzo di Vetro.

Il Consiglio di Sicurezza Onu è consapevole della "urgenza" di "approvare misure per arginare la crisi in Libia", ha detto la presidente di turno dei Quindici, la brasiliana Maria Luiza Ribeiro Viotti, leggendo una dichiarazione approvata all’unanimità dal Consiglio.

L’ambasciatore francese all’Onu, Gerard Araud, ha detto dal canto suo che c’è "un ampio accordo" sulle misure proposte dagli occidentali in Consiglio (Usa, Gb, la stessa Francia, Germania e Portogallo). L’unico punto ancora in discussione sono i termini esatti del riferimento alla Corte Penale Internazionale a L’Aja (Cpi), che dovrebbe giudicare eventuali crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio commessi durante le repressioni in Libia.

I più riluttanti, Russia e Cina, che hanno potere di veto in Consiglio, sembrano comunque aver dato un via libera di massima alla risoluzione preparata dagli occidentali: manca solo la conferma del via libera delle capitali, dato per imminente.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha chiesto di intraprendere "azioni decisive". "Perdere tempo significa perdere più vite", ha detto Ban al Consiglio. Ban ha riferito di rapporti secondo i quali forze governative sono entrate negli ospedali per uccidere oppositori feriti, e hanno anche ucciso soldati che si rifiutavano di sparare sui civili.

Il segretario dell’Onu lunedì incontrerà il presidente degli Usa Barack Obama per parlare delle misure destinate a far cessare le violenze perpetrate contro il popolo libico dal regime di Gheddafi, secondo quanto annunciato dalla Casa Bianca.

LA NATO - Continua a seguire la situazione in Libia in stretto coordinamento con gli altri organismi internazionali e "continuerà a consultarsi allo scopo di prepararsi ad ogni eventualità": è quanto ha dichiarato il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, al termine della riunione d’emergenza del Consiglio Atlantico dell’Alleanza.

ALLO STUDIO IPOTESI NO-FLY ZONE DELL’UE - Intanto i paesi europei si preparano a imporre un’eventuale zona di esclusione aerea (no-fly zone) in Libia per impedire agli aerei dell’aviazione militare libica di mettersi in volo. Una fonte dell’Ue ha detto che gli europei stanno valutando dei “piani d’urgenza” per controllare lo spazio aereo libico. L’Europa, però, ha preliminarmente bisogno di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che autorizzi simili misure; proprio oggi è prevista una riunione del Consiglio di sicurezza Onu che potrebbe colmare il vuoto.

ACCORDO UE SU EMBARGO ARMI E CONGELAMENTO BENI - Accordo raggiunto in seno all’Ue per il congelamento dei beni del leader libico Muammar Gheddafi e dei suoi familiari, nonché un embargo sulle armi alla Libia: lo hanno reso noto fonti diplomatiche. I dettagli delle misure da adottare devono ancora essere definiti a livello di esperti, ma secondo fonti governative tedesche le sanzioni potrebbero entrare in vigore “all’inizio della prossima settimana”. Oltre alle armi, l’embargo riguarda anche materiali ed equipaggiamenti che possano essere utilizzati per reprimere delle manifestazioni.

IL VATICANO: BASTA VIOLENZE - La Santa Sede esprime "sgomento e dolore per le vittime causate da queste crisi libica e chiede di porre fine alle violenze". È quanto afferma monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu, in un’intervista alla Radio Vaticana. Monsignor Tomasi ha preso parte questa mattina a Ginevra a una riunione urgente del Consiglio per i diritti umani dell’Onu.

"La Santa Sede - ha spiegato mons. Tomasi ai microfoni della Radio Vaticana - afferma che bisogna anzitutto porre fine a questa violenza e fare in modo che si ritorni ad un dialogo per vedere se si può trovare una soluzione". "Queste manifestazioni - ha aggiunto - esprimono la volontà popolare di una partecipazione attiva e democratica nella gestione del Paese". "La Santa Sede - ha quindi rilevato - esprime sgomento e dolore per le tantissime vittime causate da questa crisi libica. Si cerca inoltre di capire come queste decisioni della Comunità internazionale possano avere efficacia per il beneficio dei cittadini della Libia ed anche per prevenire questi esodi massicci, che potrebbero essere inevitabili se non si trova una soluzione serena e concordata per questa crisi".

CONSULENTI MILITARI USA E UE GIA' IN CIRENAICA - Centinaia di consulenti militari Usa, britannici e francesi, inclusi agenti dei servizi segreti, sono giunti in Cirenaica per aiutare i rivoltosi. A rivelarlo è Debkafile, sito israeliano di intelligence, che pochi giorni fa aveva anticipato la notizia delle navi iraniane in transito nel canale di Suez. I consulenti, secondo quanto afferma Debka, sono sbarcati ieri a Bengasi e Tobruk per una missione dal triplice scopo: aiutare i comitati rivoluzionari a stabilire infrastrutture governative; organizzare i rivoltosi in unità paramilitari, addestrandoli all’uso delle armi; preparare l’arrivo di altre unità militari, forse egiziane. Se la notizia fosse confermata, si tratterebbe del primo intervento militare effettuato da Stati Uniti e Europa dallo scoppio delle rivoluzioni maghrebine.
Fonti militari citate da Debka affermano, inoltre, che molti comandanti delle Forze aeree di Muammar Gheddafi si sono ammutinati. Il Colonnello, dunque, non sarebbe più in grado far affidamento su quello che viene considerato uno dei pilastri-chiave per la repressione della rivolta.

MUGABE OFFRE TRUPPE E ASILO AL RAIS - Solidarietà tra dittatori: Robert Mugabe avrebbe inviato dei combattenti per dare man forte al colonnello Muammar Gheddafi che tenta disperatamente di reprimere la rivolta popolare in Libia. Il presidente dello Zimbabwe, che da anni soffre di un cancro alla prostata, avrebbe inoltre offerto asilo nel suo paese al leader libico.
Un aereo di fabbricazione russa con a bordo truppe dell’unità di commando dello Zimbabwe sarebbe decollato martedì con destinazione Libia, secondo lo “Zimbabwe Mail”, che cita fonti dei servizi segreti.

CHAVEZ APPOGGIA GHEDDAFI - Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha postato un messaggio su Twitter di sostegno al leader libico Muammar Gheddafi. Lo riferisce il sito internet dell’emittente panaraba al Jazeera. “Gheddafi sta affrontando una guerra civile. Lunga vita alla Libia. Lunga vita all’indipendenza della Libia”, ha scritto Chavez.

LONDRA, SCOPERTO IL TESORO DI GHEDDAFI - Le autorità britanniche hanno scoperto il tesoro di Muammar Gheddafi nella City di Londra. Lo rivela il britannico Telegraph, secondo cui sono stati identificati miliardi di sterline e il governo di David Cameron dovrebbe confiscare i fondi nel giro di qualche giorno.
Un’unità del Tesoro è stata incaricata, secondo il quotidiano, di tracciare il patrimonio di Gheddafi in Gran Bretagna, tra cui migliaia di dollari in conti bancari, proprietà commerciali e una sontuosa dimora da 10 milioni di sterline, acquistata dal colonnello per uno dei suoi figli. Si calcola che il regime abbia fondi per 20 miliardi di sterline, la gran parte a Londra, che dovrebbero essere congelati nell’ambito degli sforzi internazionali per defenestrare il colonnello dal potere. Un cable pubblicato da Wikileaks, nelle scorse settimane, aprì uno squarcio sull’entità delle ricchezze depositate dal regime in conti all’estero: Mohamed Layas, funzionario dell’Autorità di Investimento Libica, che ha un ufficio a Londra, rivelò all’ambasciatore Usa di avere "liquidità per 32 miliardi di dollari".

WIKILEAKS, GHEDDAFI HA MILIARDI IN USA - La Libia possiede miliardi di dollari su conti americani. E’ quanto emerge da un documento diplomatico diffuso da Wikileaks. Secondo una nota redatta nel gennaio dello scorso anno dall’ambasciata americana a Tripoli, l’ammontare dei fondi libici detenuti in ‘’piu’ banche americane’’ sarebbe di circa 32 miliardi di dollari, e ‘’ognuna delle banche gestirebbe dai 300 ai 500 milioni di dollari’’.
In questi termini gli Stati Uniti furono informati da Mohamed Layas, rappresentante della Autorita’ Libica di Investimenti, che aveva la responsabilita’ dei fondi in questione. Layas - e’ precisato nella nota - aveva sottolineato che la maggior parte dei 32 miliardi di dollari erano conservati ‘’sotto forma di depositi bancari che ci porteranno buoni rendimenti sul lungo termine’’. Oggi il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Philip Crowley, aveva reso noto che gli Stati Uniti hanno ‘’piu’ opzioni’’ per far fronte alla crisi in Libia, e tra queste vi e’ anche la possibilita’ di congelare i fondi libici.