Roma, 27 febbraio 2011 - Diverse città ad ovest di Tripoli sono cadute nelle mani delle forze dell’opposizione che ora sono pronte a marciare sulla capitale. Lo ha dichiarato un membro dei comitati rivoluzionari a Nalut.

IL RITORNELLO DEL RAIS  "Prometto che rimarrò nel mio paese, la colpa di quanto sta avvenendo è di al-Qaeda". È quanto ha affermato il colonnello libico, Muammar Gheddafi, in un’intervista ad un’emittente televisiva serba secondo quanto riferisce ‘al-Arabiya'. "La copa della rivolta in corso in Libia - afferma - e degli stranieri e di al-Qaeda". A proposito delle sanzioni approvate dall’Onu contro il suo paese commenta "loro non vedono che la situazione della sicurezza è sotto controllo in Libia".

"La gente di Bengasi chiede salvezza, dalle case chiedono salvezza e di liberarsi da coloro che combattono contro la Rivoluzione", ha affermato Gheddafi secondo il quale in tante città libiche vi sono "grandi manifestazioni" a favore della Rivoluzione. "Ciò si può vedere alla tv libica". Secondo Gheddafi inoltre la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha imposto sanzioni alla Libia, è nulla e "non ha alcun valore".

GLI ITALIANI - Continua il recupero dei nostri connazionali rimasti in Libia: stamattina è attraccata nel porto di Catania la nave San Giorgio, con a bordo della Marina militare italiana con a bordo complessivamente 258 passeggeri di diverse nazionalità tratti in salvo dalla nave della Marina nel porto di Misurata.

Oltre a 121 italiani imbarcati, la nave ha traghettato in Italia cittadini inglesi, francesi, belgi, olandesi, austriaci, turchi, albanesi, macedoni, portoghesi, slovacchi, ucraini, croati, romeni, indiani, messicani, thailandesi, filippini, marocchini, tunisini, algerini, della Tanziania, delle isole Mauritius e anche un libico che ha preferito lasciato il suo paese.

Intanto il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari comunica che sono stati rimpatriati "gran parte degli italiani residenti e presenti in Libia. Rimangono in quel Paese poche decine di nostri connazionali, che sono già segnalati e che rimpatrieremo nei prossimi giorni". Grazie alla sinergia tra Farnesina, Ministero della Difesa e Ambasciata in Libia, sono stati riportati in patria finora 1400 italiani, oltre a numerosi cittadini di altre nazioni.

LE TESTIMONIANZE - "Essere riusciti a tornare in Italia per noi è un miracolo, non vedevamo l’ora di tornare perché lì cominciava ad essere triste", dice Francesco Baldassarre, 34 anni, sbarcato con il padre Gino, di 54, entrambi di Brindisi e dipendenti della Tecnomontaggi. ‘’Entrare sulla nave - ha aggiunto Francesco Baldassarre - è stato un po’ problematico. Ci fermavano ai posti di blocco, erano armati, comunque ci hanno scortati e sentivamo dire che a 15 chilometri da noi stavano bombardando l’aeroporto di Misurata". Hanno raccontato che la situazione nel campo dove erano ospitati ‘’era abbastanza tranquilla". Padre e figlio hanno detto di essere rimasti fermi da martedi’ scorso. ‘’Ci hanno trattati bene - ha detto il padre Guido - i libici ci hanno trattati bene".

UNICREDIT - "Stiamo seguendo con attenzione la situazione, anche alla luce della recente risoluzione delle Nazioni Unite". Così un portavoce di Unicredit, dopo che il governo Usa ha congelato i beni della famiglia Gheddafi alla luce del contenuto della risoluzione dell’Onu sulla Libia. Stessa decisione è stata presa dalla gran bretagna.

L’istituto italiano è partecipato dalla banca centrale libica e dal fondo Lia (nel complesso azionisti con circa il 7,5%). Starebbero quindi alla finestra a Piazza Cordusio, in attesa di eventuali interventi del governo italiano analoghi a quelli degli Stati Uniti. L’esecutivo potrebbe infatti in teoria congelare le partecipazioni, non solo in Unicredit ma anche in altri grandi gruppi italiani, che fanno capo al governo del Paese nordafricano.

FRATTINI SU GHEDDAFI - "E’ “inevitabile” che Gheddafi se ne vada, secondo il ministro degli Esteri Franco Frattini.
In un’intervista a ‘Sky Tg24’ Frattini ha affermato: “Tutta la comunità internazionale è convintamente dell’idea che il regime non possa più in nessun modo continuare ad avere comportamenti che hanno provocato migliaia di persone innocenti. Quando il capo di un regime spara sul suo popolo, la comunità internazionale deve reagire”.

BASI ITALIANE -  Nonostante la sospensione del trattato Italia-Libia è ancora prematuro parlare dell'impiego di basi italiane, qualora la comunità internazionale decida di lanciare operazioni nel Paese nordafricano, come l'imposizione di una no-fly zone. Lo dice, in un'intervista a Rai news il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, per il quale  "il dibattito su questo aspetto è ancora molto embrionale, siamo in una fase fluida".

Massari sottolinea "l'importanza delle misure adotatte stanotte dall'Onu", con le sanzioni votate all'unanimità, «che verranno riprese e articolate ulteriormente domani dall'Unione europea secondo una linea che l'Italia ha condiviso fin dall'inizio con i principali partner europei e con gli Stati Uniti".

Per il portavoce della Farnesina, "questa è l’azione principale in questo momento della comunità internazionale: le sanzioni come principale disincentivo per la leadership libica e per fermare le azioni violente contro la popolazione civile. Ora dovremo vedere come reagirà la leadership libica a queste sanzioni. Il nostro auspicio -conclude- è che effettivamente servano a fermare le violenze, i passi successivi li vedremo".

FORMATO CONSIGLIO NAZIONALE - Nel frattempo l’opposizione al regime di Gheddafi nell’est della Libia ha affermato di aver formato un Consiglio nazionale libico precisando che non si stratta di un governo ad interime e descrivendolo come espressione della rivoluzione.