Tripoli, 7 marzo 2011 - Muammar Gheddafi sarebbe disposto a lasciare il potere e il Paese purchè gli fosse garantita la vita. È quanto riferisce il quotidiano arabo ‘al-Sharq al-Awsat’, secondo il quale il colonnello avrebbe inviato ieri un suo delegato a Bengasi per trattare con i capi del Consiglio nazionale dell’opposizione. "In cambio di garanzie sull’incolumità e di non essere perseguito sua e dei suoi familiari ha ipotizzato la possibilità che il Comitato popolare generale annunci il passaggio di poteri al Consiglio nazionale dell’opposizione" riferisce il giornale. Anche la rete al Jazira riferisce che Muammar Gheddafi avrebbe offerto ai ribelli del Consiglio Nazionale di Liberazione di convocare un congresso del Popolo per consentirgli di dimettersi con le necessarie garanzie di salvacondotto.

E sempre secondo al Jazira, il Consiglio Nazionale di Liberazione di Bengasi ha respinto a stretto giro l'offerta di Muammar Gheddafi di dimettersi in una riunione del Parlamento dietro la garanzia di un salvacondotto. I ribelli hanno respinto l'offerta perché sarebbe stata una "onorevole" via d'uscita per Gheddafi e avrebbe offeso le sue vittime. Al Jazira ha riferito che il Colonnello voleva garanzie per la sua sicurezza personale e della sua famiglia e che non sarebbero stati processati. Secondo la rete Gheddafi aveva inviato l'ex primo ministro Jadallah Azzouz Talhi a Bengasi dai ribelli per offrire di riunione il Parlamento per definire i particolari dell'accordo. Il leader libico intendeva passare i poteri a un comitato del Parlamento.

Quella delle dimissioni è una ipotesi che contrasta con quanto dichiarato da uno dei figli di Muammar Gheddafi, Saadi, alla televisione araba al Arabiya: Saadi ha detto che la Libia precipiterà nella guerra civile se suo padre lascera’ la guida del Paese, chediventerà una nuova Somalia e che le tribu’ cominceranno a combattere le une contro le altre.


FRATTINI - “E’ difficile immaginare un ritorno alla normalità del regime di Gheddafi con Gheddafi”. Lo dice il ministro degli Esteri Franco Frattini durante la registrazione di ‘Porta a Porta’. Gheddafi “non è più un interlocutore della comunità internazionale”, ha continuato. “È difficile tornare a una situazione di normalità con lui”. Parlando della situazione attuale in Libia, Frattini parla apertamente di “guerra civile”.


Sulla 'no fly zone', Frattini si è detto "d’accordo con Rasmussen, l’attacco contro i civili giustifica una riflessione per una no fly zone” sulla Libia. Per questo, però, spiega, “ci vuole un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu, una deliberazione della Nato e aggiungo che condizione imprescindibile e’ la non contrarietà della Lega araba e dell’Unione africana”.
Una invasione di truppe di terra statunitensi in Libia “sarebbe un gesto certamente unilaterale. Stiamo parlando - ha aggiunto - di un divieto di sorvolo e non di un attacco al cuore del mondo arabo a meno che non si tratti di una missione umanitaria dell’Onu, ma questa è una riflessione neanche iniziata”.

Per il titolare della Farnesina le forze del regime "hanno sempre forze nuove" probabilmente ricorrendo al reclutamento di mercenari, oltre ad avere a disposizione la forza aerea. Anche i gruppi della Cirenaica, aggiunge Frattini, "si stanno muovendo verso Ovest" con nuovi reclutamenti anche tra la popolazione. Per Frattini, "dall’una e dall’altra parte c’è una grande azione di propaganda". Quanto alle battaglie che si stanno combattendo attorno alle installazioni petrolifere Frattini sottolinea come per la Libia, "per un eventuale futuro il controllo dei terminali petroliferi è molto importante".

I FONDI SOVRANI - Sul congelamento delle quote di partecipazione libica nelle società italiane, il Governo italiano si atterrà alle decisioni dell'Unione europea, ha detto ancora Frattini nel corso a 'Porta a Porta'. "Manca una decisione europea e delle Nazioni unite - ha spiegato - noi ci atterremo a quella. Se le quote verranno considerate come della famiglia Gheddafi saranno congelate, se verranno considerate come dello Stato libico non saranno congelate". Tuttavia, ha concluso Frattini, "non è una decisione che possiamo adottare unilateralmente. L'Italia accetterà le decisioni dell'Europa".

CONTATTI CON I RIBELLI - L’Italia ha avvisato contatti con il Consiglio nazionale libico, ma lo ha fatto "con discrezione", aveva assicurato stamane lo stesso ministro degli esteri, in collegamento telefonico a 'Uno Mattina'. "Abbiamo conoscenze migliori di altri - ha spiegato Frattini - e infatti siamo spesso richiesti in queste ore. Conosciamo l’ex ministro della giustizia che ora è a capo del consiglio provvisorio di Bengasi e quella rete di ambasciatori libici che ha detto che da ora loro sono al servizio del popolo e non del regime, alcuni di loro stanno esercitando un’azione importante per coagulare un consenso, noi lo facciamo ma lo facciamo discretamente e questa credo che sia la soluzione migliore".

Una conferma degli avvenuti contatti arriva anche dal rappresentante del Consiglio nazionale libico, Ahmad Gehani, conferma i contatti: una delegazione italiana "’incontrerà il consiglio nazionale" libico. Parlando con i giornalisti italiani al porto di Bengasi, Gehani spiega che, a suo avviso, "forse si potrebbe parlare anche di un riconoscimento" da parte dell’Italia.

SUPPORTO LOGISTICO - È "assai difficile" pensare all’ipotesi di aerei militari italiani coinvolti sul terreno libico, ma "la nostra lealtà euroatlantica ci fa dire che le basi militari, il supporto logistico non potremmo negarlo", ha detto Frattini. "La prima cosa da fare con nervi saldi è essere consapevoli che questa tragedia davanti a noi (gente che muore, guerra civile) non possiamo fermarla domani, se non facendo la guerra. E la guerra non è un videogioco, la guerra è una cosa seria. La 'no fly zone' - ha proseguito - vuol dire che ci sono aerei che sorvolano impedendo ad altri aerei di alzarsi in volo e se gli aerei si alzano in volo bisogna sparare".

"Evidentemente quindi l’unica cosa seria da fare è considerare i pro e i contro e in che modo Paesi come l’Italia possano contribuire. E la disponibilità delle basi l’Italia l’ha già confermata l’ho detto in varie occasioni, con la condizione che ci sia un quadro di legittimità internazionale, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu su cui i Paesi membri stanno già lavorando, e una decisione della Nato". A questo proposito, Frattini ha ricordato che l’Italia ha già dato il via libera al cosiddetto ‘contingency plan’, un piano della Nato che esamina tutte le opzioni per una no-fly zone.


SOS DAI PAESI DEL GOLFO - I Paesi del Golfo chiedono alle Nazioni Unite di intervenire per proteggere il popolo libico: l’appello è arrivato dal ministro degli Esteri degli Emirati, Abdallah ben Zayed, intervenuto in occasione dell’apertura del vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg). “La nostra riunione arriva in un momento in cui il popolo libico sta attraversando dei momenti difficili, ed è necessario uno sforzo comune per aiutarlo”, ha spiegato Ben Zayed, chiedendo “alla comunità internazionale, e in primo luogo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di assumersi le proprie responsabilità storiche e proteggere il popolo libico”.

L'AZIONE DIPLOMATICA - Soprattutto Francia e Gran Bretagna hanno premuto sull’acceleratore per preparare una bozza di risoluzione da presentare “entro breve tempo” in Consiglio di Sicurezza, con l’obiettivo di creare una no-fly zone sul paese Nordafricano. La Russia ha però già espresso il suo scetticismo.

La Nato sta studiando anche l'opzione militare in Libia: lo conferma il presidente Usa Barack Obama, che ha anche confermato che gli Stati Uniti hanno autorizzato 15 milioni di dollari di aiuti umanitari alla Libia. L'invio di truppe terrestri statunitensi in Libia rimane un'opzione possibile, ma al momento attuale "non è in cima alla lista": lo ha affermato il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. Washington sta intanto cercando di fare una mappa dei gruppi di cui è composta l'opposizione a Muammar Gheddafi, ha detto Carney, ma intende muoversi con grande cautela. "Stiamo seguendo vari canali per discutere con l'opposizione, sia gruppi che individui, per capire meglio cosa vogliono e cosa chiedono", ha spiegato il portavoce di Obama. "Bisogna essere ben consapevoli però di quello che si vuole ottenere. Sarebbe prematuro spedire un mucchio di armi a una casella postale in Libia orientale, bisogna non fare il passo più lungo della gamba", ha avvertito Carney.


Anche il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha lanciato un avvertimento: i bombardamenti sulla popolazione civile costituiscano un possibile crimine contro l’umanità. “Se Gheddafi e i suoi militari continueranno ad attaccare la popolazione in modo sistematico - ha detto - non posso pensare che la comunità internazionale e l’Onu resteranno a guardare”.
Rasmussen ha precisato però che qualsiasi intervento della Nato avrebbe bisogno del sostegno legale dell’Onu. Identiche condizioni sono state poste dalla stessa Gran Bretagna e dall’Italia, che per bocca del ministro degli Esteri Franco Frattini ha definito anche “imprescindibile la non contrarietà della Lega araba e dell’Unione africana”.
 

Lo scoglio più duro rimane comunque il Consiglio di Sicurezza. Sebbene fonti diplomatiche parlino di una decisione “entro la settimana”, appare più probabile che sul breve periodo vengano approvate nuove sanzioni economiche, come quelle che sta preprando l’Ue: dopo il congelamento dei beni di 26 responsabili del regime libico adottato a fine febbraio, nel mirino dei Ventisette c’è ora alla Libyan Investment Authority (Lia), il fondo sovrano da 70 miliardi di dollari attraverso il quale il regime di Gheddafi ha investito in molti paesi, Italia in testa. Se entro domattina nessun governo si opporrà - e non è previsto - le misure di congelamento dei beni della Lia dovrebbero essere approvate formalmente entro venerdì, quando i capi di Stato e di governo europei si riuniranno in un summit straordinario a Bruxelles.
 

E' GUERRA CIVILE -  Sul terreno, la giornata di oggi non ha fatto registrare svolte: le forze ribelli hanno perso il controllo di Ben Jawad ma resistono a Misurata e Zawiyah, nonostante i rinnovati attacchi delle truppe governative; Ras Lanuf è stata colpita da un raid aereo che avrebbe causato diverse vittime civili.

Gli scontri di Ras Lanuf e Ben Jawad sembrano fotografare sintomaticamente la situazione sul campo. A Ras Lanuf, controllata dai ribelli, si combatte ormai da giorni e gli scontri sono ripresi in mattinata mentre a Ben Jawad (30 chilometri a ovest di Ras Lanouf), i ribelli sarebbero stati costretti a indietreggiare e quindi a rinunciare almeno momentaneamente alla loro avanzata verso Sirte, città natale di Muammar Gheddafi.

Rispetto a qualche giorno fa, quando l’avanzata degli insorti sembrava inarrestabile, è un’inversione di tendenza significativa. Ma in diverse città, siamo ormai alla guerra civile. La televisione di stato libica ha annunciato che le forze fedeli al colonnello Gheddafi sono dirette a Bengasi, roccaforte dell’opposizione quasi mille chilometri a est di Tripoli. A Misurata, terza città della Libia 150 chilometri a est di Tripoli, ieri si sono registrati almeno 18 morti e l’opposizione ha chiesto raid mirati contro le forze di Gheddafi.

Secondo fonti locali, dopo i bombardamenti della mattinata, nel pomeriggio a Ras Lanuf un attacco dell'aeronautica militare libica ha centrato un veicolo con civili a bordo, provocando un numero imprecisato di feriti. Secondo i testimoni a bordo del pick-up si trovavano sei persone, fra cui tre bambini: due di questi ultimi sarebbero rimasti gravemente feriti, mentre stando ad altre fonti sarebbero morti; le vittime sono state trasferite nell'ospedale di Brega, 130 chilometri a est di Ras Lanuf.

ARRIVATI GLI AIUTI ITALIANI - La nave italiana 'Libra', che porta 25 tonnellate di aiuti della cooperazione, è arrivata nel porto libico di Bengasi. La ‘Libra’, il pattugliatore della Marina Militare, era partita dal porto di Catania l’altro ieri. Porta 25 tonnellate di aiuti e materiale della cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri alla popolazione di Bengasi.

A bordo, oltre a quattro generatori elettrici, sono state imbarcate tende familiari, 4.000 coperte, uniTà di purificazione dell’acqua e 40 kit medici per patologie generali. Il pattugliatore trasporta anche acqua, con due serbatoi, rispettivamente da 3.500 e 7.500 litri, e cibo donato dalla cooperazione: 5 tonnellate di riso e 5 tonnellate di latte. Dopo aver scaricato 25 tonnellate di aiuti umanitari, la 'Libra' ha lasciato  nel pomeriggio il porto di Bengasi per fare ritorno in Italia.