Tripoli, 8 marzo 2011 - Si intensificano le pressioni degli Stati Uniti e dei loro alleati per scongiurare lo spettro di una lunga guerra civile in Libia, mentre la Nato non esclude un intervento militare su mandato Onu o in accordo con la Lega Araba e l’unione Africana. Dal canto suo, però, Muammar Gheddafi, smentisce di star preparando la sua uscita di scena.

Almeno formalmente non sarebbe in atto nessuna trattativa e nessuno ‘scambio’. La televisione di Stato ha contraddetto quanto riferito ieri da Al Jazeera e da altri due giornali arabi e cioè che il colonnello avrebbe proposto al Consiglio Nazionale ribelle il suo esilio in cambio delle garanzie di immunità per il rais e per la sua famiglia, inviando un proprio negoziatore a Bengasi e ponendo come condizione il trasferimento dei poteri al Parlamento libico.

Sul fronte diplomatico, intanto, Francia e Gran Bretagna premono sull’acceleratore per preparare una bozza di risoluzione da presentare "entro breve tempo" in Consiglio di Sicurezza, con l’obiettivo di creare una no-fly zone sul paese Nordafricano. "La Nato sta considerando diverse opzioni, compresa la possibilità di operazioni militari" in Libia, ha confermato il presidente americano Barack Obama, che deve far fronte però alle resistenze della Russia. Il presidente, in ogni caso, non vuole fare della Libia un nuovo Iraq e non intende dare l’impressione al mondo intero di volere una guerra ‘occidentale’ per il petrolio. E infatti, l’inquilino della Casa Bianca starebbe premendo per un coinvolgimento della Lega Araba e dell’Unione africana.

Dalla Lega Araba sarebbe già arrivato il consenso per l’imposizione di una no-fly zone. Il suo segretario generale Amr Moussa si è detto favorevole durante un incontro con il ministro degli Esteri francese Alain Juppé. E anche i paesi arabi del Golfo si sono dichiarati favorevoli all’applicazione di una zona di interdizione al volo dell’Onu sulla Libia. "I Paesi del Consiglio per la Cooperazione del Golfo chiedono al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di adottare le misure necessarie per proteggere i civili in Libia, ivi compresa la creazione di una zona di interdizione al volo", si legge in un comunicato dell’organizzazione, che comprende Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein.

RIBELLI: SE GHEDDAFI LASCIA ADESSO NON SARA' PERSEGUITO - "Se Muammar Gheddafi lascerà il potere entro le prossime 72 ore, non sarà processato per i crimini che ha commesso". È questa la proposta lanciata al colonnello libico dal presidente del Consiglio nazionale dell’opposizione, Mustafa Abdel Jalil. Intervenendo telefonicamente sulla tv araba Al Jazeera, l’ex ministro della Giustizia libico ha chiesto "la fine dei raid aerei, e le sue dimissioni entro le prossime 72 ore. Se lascerà il paese - ha precisato - noi non lo perseguiremo e non sarà processato per i crimini che ha commesso".

Abdel Jalil ha aggiunto che "non sono in corso trattative dirette con Gheddafi e questa proposta la lancio ora attraverso i media" ed ha giustificato il suo ultimatum affermando che "è necessario arrivare ad una soluzione che eviti ulteriori spargimenti di sangue".

Un altro membro del Consiglio insurrezionale, Baraa al-Khatib, ha precisato che condizione irrinunciabile per lasciar cadere ogni iniziativa processuale contro Gheddafi è che lasci il potere immediatamente. Khatib ha inoltre escluso che le dimissioni possano avvenire, come richiesto dal colonnello, nel corso di una seduta straordinario del Congresso Generale del Popolo, il Parlamento di Tripoli. "Significherebbe attribuirgli una legittimità che non ha", ha commentato.

Intanto, secondo al Arabiya, i ribelli di Bengasi avrebbero avviato colloqui indiretti con gli Stati Uniti. Bersagliati dall'aviazione, inoltre, gli oppositori del regime hanno anche il timore di rimanere senza combustibile nel giro di una settimana, a causa della cessazione delle attività nelle raffinerie.

DA UE SANZIONI A FONDO SOVRANO - E, in attesa di sviluppi su un'eventuale intervento militare, i Ventisette Paesi dell'Unione Europea hanno raggiunto un accordo per delle nuove sanzioni contro la Libia, in particolare per colpire il Fondo sovrano Libyan Investment Authority (Lia) e la Banca centrale libica.

L'accordo, per entrare in vigore, attende ora l'approvazione formale entro il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell'Ue, previsto venerdì a Bruxelles. Le nuove sanzioni riguardano in particolare il Lia, fondo sovrano che gestisce il ricavato delle esportazioni di petrolio e detiene delle quote azionarie in molte grandi imprese europee, come le italiane Unicredit e Finmeccanica e l'editrice britannica Pearson. Secondo fonti diplomatiche, sarebbe stato inoltre trovato un meccanismo atto ad "evitare effetti indesiderati delle sanzioni sulle imprese europee", timore che era stato espresso dalla delegazione maltese.

MARONI: RISCHIO GUERRA MONDIALE CON L'INTERVENTO - La linea interventista in Libia potrebbe portare alla terza guerra mondiale. Lo dice Roberto Maroni, ministro dell’Interno, alla Padania, tornando a bocciare l’ipotesi di un intervento. "Minacciare un intervento militare in Libia è molto pericoloso. Si rischia di trasformare quelle terre in una nuova Somalia o Afghanistan dove il terrorismo può trovare linfa vitale. E averlo a pochi chilometri da noi sarebbe un casino", dice il ministro per il quale "certi guerrafondai che preferiscono scorciatoie non si rendono conto di come un intervento militare significherebbe la terza guerra mondiale". Quanto all’emergenza umanitaria "noi siamo l’argine ma rischia di essere sfondato. Da soli non ce la facciamo" e per questo in vista del Consiglio Ue di venerdì "parlerò con Berlusconi perché chieda all’Europa di farsi carico di una forte pressione diplomatica in particolare nei confronti della Tunisia".

BOSSI: RAIS COME GATTO CHE AFFOGA - Sempre sul fronte Lega, Umberto Bossi respinge al mittente le illazioni di Muammar Gheddafi che in una intervista avrebbe rivelato una richiesta di aiuto del Senatùr per creare lo stato della Padania. "Ma vi pare... Abbiamo tantissimi uomini e le armi si fanno in Lombardia", ha risposto ai cronisti a Montecitorio.  "Gheddafi è un gatto che sta affogando e si arrampica - ha aggiuntio - La storia insegna che chi spara sulla sua gente finisce male. Ricordate Umberto I, fu ucciso".

RAID AEREI SU RAS LANUF - Ancora un raid aereo contro lo strategico centro petrolifero di Ras Lanuf, in Cirenaica. Un caccia dell’Aviazione fedele a Muammar Ghedafi ha effettuato un bombardamento contro una postazione dei ribelli nel deserto, circa 8 chilometri a est della città: lo hanno riferito fonti giornalistiche presenti alla scena, secondo cui dal punto colpito, ove si trova un posto di blocco degli insorti, si è levata un’enorme colonna di fumo. Il posto di blocco appariva presidiato da un numero di miliziani inferiore rispetto a quello dei giorni precedenti.

L'OCI FAVOREVOLE ALLA NO-FLY ZONE - Il Presidente dell’Organizzazione della conferenza islamica (Oci), Ekmeleddin Ihsanoglu, si è detto oggi favorevole a una zona di interdizione di volo in Libia. Ieri, anche la Lega araba e le monarchie arabe del Golfo hanno espresso parere favorevole all’imposizione di una ‘no-fly zone’. "Uniamo la nostra voce a quella di quanti chiedono la creazione di una zona di interdizione di volo e chiediamo al Consiglio di sicurezza di assumersi le sue responsabilità in tal senso", ha dichiarato Ihsanoglu, che ha però ribadito la sua opposizione a un intervento militare diretto in Libia.

LA CINA NON ESCLUDE APPOGGIO A NO-FLY ZONE - A sorpresa la Cina non esclude di poter appoggiare l’istituzione di una no-fly zone sui cieli della libia "se questo aiuterà" il Paese "a ritornare il prima possibile alla stabilità". Questa la posizione di Pechino espressa dalla signora Jiang Yu, portavoce del ministero degli Esteri, che ha anche concordato sulla necessità di "applicare le sanzioni approvate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite".

BOMBA CONTRO L'HOTEL DEI GIORNALISTI A BENGASI - Un ordigno è esploso stamani a Bengasi poco dopo le 4 ora locale (le 3 in Italia) davanti all’hotel Ouzo dove alloggiano molti giornalisti. Lo ha riscontrato l’inviato dell’ANSA. L’esplosione, di potenza contenuta, apparentemente di una bomba a mano, ha provocato vicino alla porta d’ingresso lo sfondamento di due vetrate e un buco per terra di qualche centimetro. L’hotel Ouzo a Bengasi è diventato, sin da pochi giorni dall’inizio della rivolta (il 17 febbraio), punto d’incontro degli inviati internazionali. Il Consiglio dei rivoltosi vi ha stabilito anche un suo punto stampa.

BENGASI, RAPITO MEDICO GIORDANO - Un medico di nazionalità giordana, Mohamed Nayef, è stato costretto sotto la minaccia di armi spianate a lasciare l’hotel Ouzù di Bengasi dove risiede, ed è stato portato via da individui che indossavano uniformi militari.

L'Ong Medici Senza Frontiere (Msf) ha smentito che il medico giordano prelevato e portato via da uomini
armati da un albergo di Bengasi, citta' nell'est della Libia in mano agli insorti, faccia parte della sua organizzazione.

Il personale dell’albergo, che ospita anche numerosi giornalisti stranieri, poco prima aveva riferito che all’alba uno sconosciuto aveva lanciato da bordo di un’auto in corsa due bombe contro il portane d’ingresso, provocando peraltro soltanto danni materiali di non grave entità.

LITIGIO TRA I FIGLI DI GHEDDAFI, SPARI IN CASERMA - La famiglia Gheddafi sarebbe spaccata in due, tra i figli del leader libico favorevoli a usare "tutti i mezzi militari" per reprimere la rivolta e altri invece contrari e disponibili invece a trattare con i ribelli. Lo riferisce stamani il quotidiano panarabo Asharq al Awsat, che cita un testimone oculare degli scontri avvenuti quattro giorni fa all’interno della caserma di Bab al Aziziya, a Tripoli, dove sarebbe asserragliato Muammar Gheddafi, i suoi figli e i suoi più stretti collaboratori.

La fonte citata dal giornale, identificata solo col nome di battesimo 'Fares' e che sostiene di aver avuto conferme del suo racconto da "amici, alti ufficiali dell’esercito libico", afferma che "intorno alle cinque della mattina" di venerdi’ scorso, "una fitta sparatoria si è consumata all’interno della caserma" in seguito a un litigio scoppiato tra i figli di Gheddafi. Secondo la fonte, "Sayf al Islam, Saadi, Motassem e Khamis appoggiano il piano di Gheddafi di schiacciare con tutti i mezzi militari disponibili la rivolta popolare, mentre gli altri tre figli Aisha, Hannibal e il primogenito Muhammad si oppongono".

I RIBELLI SUL WEB - Il Consiglio nazionale libico istituito dagli insorti ha lanciato oggi il suo sito sul web, "una finestra ufficiale per comunicare con l’estero" gli sviluppi delle rivolte anti-regime. In questo momento storico - si legge in un comunicato sull’indirizzo www.ntclibya.org - ci troviamo davanti a due soluzioni: acquisire la libertà oppure essere ridotti in schiavitù dal tiranno Muammar Gheddafi".

Il Consiglio nazionale di transizione è stato ufficialmente istituito lo corso 5 marzo nella città di Bengasi con l’obiettivo di "onorare e rispettare tutti gli accordi internazionali" e per mantenere "pace e sicurezza" in tutte le città liberate e riuscire a ridare libertà a "le rimanenti città ancora nelle mani di Gheddafi e della sua gang".

TEAM UMANITARIO IN ARRIVO - Intanto un portavoce dell'Onu ha annunciato che un team umanitario delle Nazioni Unite è pronto ad entrare in Libia per verificare la situazione di crisi umanitaria causata dai combattimenti tra gli insorti e le forze fedeli al colonnello Gheddafi. La composizione del team è stata messa a punto e la squadra è ora in attesa dell’approvazione da parte di Tripoli.