Sanaa, 18 marzo 2011 - Venerdì di fuoco in Yemen: il presidente dello Yemen, Ali Abdullah Saleh, ha imposto lo stato d’emergenza in tutto il Paese dopo la strage a Sanaa in cui sono morti almeno 46 manifestanti e altri 400 sono rimasti feriti. La strage è avvenuta su una piazza dell’università: ad aprire il fuoco sarebbero stati miliziani del regime, che sono stati visti sparare dai tetti, e gli stessi agenti intervenuti per disperdere la folla. Sei cecchini sarebbero stati catturati dai manifestanti e fatti cadere nel vuoto.


Saleh, da 32 anni al potere, ha espresso «rammarico» per la strage e ha definito le vittime «martiri della democrazia». I nuovi scontri hanno portato a più di 70 il numero dei morti dall’inizio delle proteste, a fine gennaio. Il presidente ha dapprima negato l’intervento della polizia, ma il ministro dell’Interno Mutahar al-Masri ha ammesso che gli agenti sono entrati in azione quando la folla è entrata nelle case vicine. Il portavoce dell’opposizione, Mohammed al-Sabri, ha accusato il regime del massacro e ha avvertito che «non basterà a mantenere Saleh al potere». Tensione anche a Aden, nel sud, durante i funerali di un manifestante ucciso questa settimana dalla polizia.


Persino dagli Usa, di cui Sanaa è un alleato di ferro nella guerra al terrorismo, è arrivata una netta condanna: Barack Obama ha avvertito che «i responsabili della strage dovranno essere chiamati a risponderne».

SIRIA - Tre persone sono morte negli scontri di questa mattina nella cittadina siriana di Daraa. Disordini anche a Damasco dove le forze di sicurezza hanno disperso una manifestazione antigovernativa organizzata da alcuni attivisti, subito dopo la preghiera del venerdlì nei pressi della moschea degli Omayyadi. Secondo l'emittente 'al-Jazeera', almeno due dimostranti sono stati arrestati. La manifestazione è stata interrotta da un reparto di agenti siriani che si era schierato all'esterno della moschea temendo una nuova protesta contro il governo. Subito dopo l'intervento delle forze di sicurezza, almeno 200 manifestanti filogovernativi si sono riuniti a Damasco per esprimere il proprio sostegno al presidente Bashar al-Assad e al suo predecessore Hafez al-Assad.

La protesta di oggi era stata promossa attraverso 'Facebook' da un gruppo di attivisti che aveva invitato i manifestanti a scendere in piazza in quella che era stata ribattezzata 'la giornata della dignità'.
 

BAHREIN - Continuano le tensioni nel Bahrain. Non solo nella capitalke Manama, ma anche a Diraz, nel nordovest del paese, in migliaia sono scesi in piazza per manifestare contro la monarchia sunita che governa il paese da quasi due secoli. Intanto l'Onu ha messo in guardia la Casa Reale contro la repressione violenta delle manifestazioni anti-governative, avvertendo che potrebbe essere contraria alla legge internazionale. Il Segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha telefonato ieri sera a re Hamad per esprimere «profonda preoccupazione» per l'uso della forza da parte delle truppe del Bahrain, che due giorni fa ha provocato 5 morti. Intanto è stata abbattuta la statua simbolo di Piazza Perla a Manama, cuore delle proteste contro la monarchia che vanno avanti da settimane nel paese. La struttura è collassata in un cumulo di macerie e aste di ferro, dopo essere stata trivellata alla base. Intanto per dare man forte alla casa Reale anche il Qatar, dopo l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, ha inviato truppe in Bahrain, con l'obiettivo di sedare la rivolta portata avanti dalla maggioranza sciita.

EGITTO - C'è attesa per il referendum sugli emendamenti costituzionali in programma domani, che vede gran parte dell'opposizione contraria.Alcuni analisti e attivisti politici ritengono che il Consiglio militare supremo, che governa l'Egitto dopo le dimissioni dell'ex presidente Hosni Mubarak sotto il peso di 18 giorni di proteste, potrebbe aver deciso di formare un'alleanza con le forze conservatrici, tra cui i Fratelli Musulmani, piuttosto che scendere a patti con gruppi di giovani laici. A differenza di gran parte dell'opposizione, i Fratelli Musulmani hanno chiesto di votare 'sì' al referendum di domani e di indire elezioni al più presto.