Roma, 2 aprile 2011 - Sul terreno gli insorti libici sono tornati ad avanzare mentre la Nato ha aperto un’inchiesta sul raid di ieri che avrebbe fatto almeno 15 vittime “amiche” tra insorti e civili. Dopo tre giorni di intensi combattimenti, i ribelli libici hanno annunciato la riconquista di Marsa el-Brega, città strategica situata a metà strada tra Bengasi e Sirte. A lungo le sorti della battaglia sono rimaste incerte, a causa dei continui rovesciamenti di fronte: la ripresa dei raid aerei della coalizione multinazionale sembra aver favorito la vittoria degli insorti fra le cui fila si contano una decina di morti.

Anche se finora non ci sono state conferme da parte di fonti indipendenti, numerosi abitanti di Brega contattati telefonicamente sono stati concordi nel riferire che dalla mattinata gli scontri sono sostanzialmente cessati e che l’unico rumore era quello dei motori degli aerei alleati in volo sulla città, senza più esplosioni nè boati delle artiglieri pesanti. A detta dei testimoni, i rivoltosi avrebbero ormai riassunto il controllo del centro urbano, e starebbero adesso dando la caccia ai cecchini lealisti, tuttora in grado di colpire. 

Fonti giornalistiche presenti sul posto hanno raccontato di aver visto i cadaveri di almeno sette soldati governativi sulla strada che porta al sobborgo di Nuova Brega, alla periferia est della città. Accanto vi erano le carcasse annerite di una decina di veicoli militari distrutti, in mezzo alle quali campeggiava un vasto cratere, largo circa 5 metri e profondo 2, la cui presenza permette di dedurre che si tratti del risultato di un bombardamento alleato notturno.

"CI SERVONO ARMI"- “Nessuno ci ha fornito armi e ne abbiamo ancora bisogno se non ci sara’ un cessate il fuoco. Ne abbiamo bisogno perche’ altrimenti non abbiamo speranze di poter proteggere la popolazione” afferma, in un’intervista pubblicata oggi da “Il Messaggero” l’ex ministro della giustizia di Gheddafi Abdel Jalil, oggi leader del Consiglio nazionale di transizione formato dai rivoluzionari.

“La prima cosa che vorrei fare e’ ringraziare la Francia, l’Inghilterra, gli Stati Uniti per aver con il loro intervento evitato un bagno di sangue e l’Italia, un Paese vicino che ha permesso l’uso delle sue basi ai Paesi che hanno lanciato i raid contro le forze di Gheddafi”, dice Jalil che poi quanto alla missione di un rapprensentante del Consiglio nazionale di transizione lunedi’ in Italia aggiunge: “Abbiamo mandato Ali Abdel Aziz per parlare con voi di diverse cose, ma gli argomenti si sapranno soltanto a Roma”.

KUSSA COLLABORA CON SERVIZI GB - Mussa Kussa, l’ex ministro degli Esteri libico fuggito in Gran Bretagna, starebbe collaborando con i servizi segreti britannici perché il suo stesso futuro dipende dalla caduta del regime di Gheddafi: è quanto scrive il quotidiano britannico The Times. “E’ molto vulnerabile, se Gheddafi rimanesse al suo posto riuscirebbe a colpirlo”, spiega una fonte: Kussa, ex responsabile dei servizi segreti libici, si troverebbe attualmente sotto interrogatorio in una località sconosciuta e non è stato reso noto quanto tempo rimarrà in Gran Bretagna e se sarà sottoposto a misure restrittive.

Kussa, in quanto ex capo dei servizi segreti, potrebbe infatti essere coinvolto nella strage di Lockerbie e nell’omicidio dell’agente di polizia londinese Yvonne Fletcher, uccisa nel 1984 da un colpo d’arma da fuoco sparato dall’ambasciata libica: Londra ha fatto però capire che Kussa potrebbe essere a conoscenza di alcuni dettagli ma non viene sospettato di alcuna responsabilità diretta.

Sempre secondo la fonte i servizi britannici, statunitensi e francesi starebbero studiando le relazioni fra le varie tribù libiche nel tentativo di sfruttare eventuali rivalità e convincere, se necessario finanziariamente, alcune di loro ad abbandonare Gheddafi.

GHEDDAFI ACCUSA L'OCCIDENTE DI CRIMINI CONTRO L'UMANITA' - Il regime di Tripoli ha respinto la proposta di cessate il fuoco avanzata ieri dal Consiglio nazionale di transizione, bollandola come un “trucco”, e ha accusato la coalizione internazionale di “crimini contro l’umanità”.

“I ribelli non hanno mai offerto alcuna pace - ha detto il portavoce del regime Mussa Ibrahim - loro sono quelli che hanno offerto la pace diverse settimane fa e che dicevano di essere pronti a trattare. I ribelli non stanno offrendo la pace. Se avanzi richieste impossibili, è solo un trucco, un trucco ... non lasceremo le nostre città, le città del governo libico”. Ieri, il capo dell’opposizione libica, Mustafa Abdul Jalil, aveva infatti posto come condizione per il cessate il fuoco la fine dell’assedio alle città libiche.

Il leader dell’opposizione libica ha avanzato la sua proposta in una conferenza stampa congiunta con l’inviato speciale Onu Abdelilah al-Khatibha, che ha dichiarato di aver chiesto sia al regime di Tripoli che all’opposizione di Bengasi di garantire un “cessate il fuoco duraturo”.

Tripoli ha anche accusato la coalizione internazionale di commettere “crimini contro l’umanità” bombardando i civili, in particolare a est. Secondo Ibrahim, sei civili sarebbero rimasti uccisi nei raid lanciati giovedì scorso nei pressi di Brega.