Roma, 24 aprile 2011 - L’eco di razzi Grad e di colpi di armi automatiche è risuonata questa mattina a Misurata, nonostante l’annuncio del ritiro delle truppe di Muammar Gheddafi dalla città della Tripolitania controllata dai ribelli. I soldati del Colonnello, ha detto Omar Bani, portavoce del Consiglio transitorio di Bengasi, “si preparano ad attaccare di nuovo, non sono andate via. Si sono solo spostate all’esterno di Tripoli Street (la strada di Misurata teatro del cecchinaggio, ndr)”.

Questa mattina Khaled Kaim, viceministro degli Esteri di Tripoli, lo stesso che aveva annunciato una sostanziale ritiro dei soldati, ha rettificato: “Le forze armate non si sono ritirate da Misurata. Hanno semplicemente sospeso le operazioni per dar modo alle tribù di risolvere la crisi in 48 ore attraverso il dialogo e non con le armi”.

La Nato, intanto, ha effettuato nella notte raid su “siti militari e civili” a Tripoli, Sirte, al Khoms, al Assa e Gharyen, provocando un “certo numero di vittime”. Lo ha riportato l’agenzia di stampa ufficiale libica Jana.

“Una fonte militare ha segnalato che siti militari e civili sono stati obiettivo di bombardamenti dell’aggressore colonialista crociato a Tripoli, al Khoms, al Assa, Gharyen (ovest) e Sirte”, città natale del colonnello Gheddafi 600 chilometri a est di Tripoli, ha riportato l’agenzia.

La Jana ha fatto riferimento a un “certo numero di vittime, morti e feriti”, senza altre precisazioni.
La capitale libica, sorvolata spesso da aerei della Nato, è stata scossa sabato sera da molte esplosioni, secondo giornalisti presenti sul posto, che non sono stati in grado di accertare gli obiettivi presi di mira. La Nato ha intensificato i raid sulla Libia da venerdì.

Un Predator americano, aereo senza pilota armato e guidato a partire da terra, ha effettuato ieri i suoi primi raid nel Paese, distruggendo un “lanciarazzi multiplo” (organo di Stalin) vicino Misurata, 200 chilometri a est di Tripoli, secondo la Nato.

IL KUWAIT STANZIA 180 MILIONI DI DOLLARI PER I RIBELLI -  Il Kuwait ha deciso di finanziarie il Consiglio Nazionale Transitorio dei ribelli di Bengasi con 50 milioni di dinari pari a 180 milioni di dollari.
Lo ha reso noto il capo del Cnt Mustafa Abdel Jalil.

GHEDDAFI ATTINGE DAI CONTI ALL'ESTERO - Muammar Gheddafi continua ad attingere dai suoi conti bancari all’estero malgrado le sanzioni delle Nazioni Unite, visto che molti Paesi tardando a congelare i suoi asset. Lo ha denunciato il quotidiano americano Los Angeles Times.

Il colonnello e la sua famiglia fanno parte dei diciotto individui che si sono visti proibire di lasciare il Paese; fanno inoltre parte delle tredici persone e cinque entità i cui asset sono stati congelati da due risoluzione dell’Onu. Unione europea e Stati Uniti sono già intervenuti sui beni di Gheddafi. Ma il Los Angeles Times ha scritto che malgrado il blocco di 60 miliardi di dollari di beni da parte di Ue e Stati Uniti, molti Paesi non hanno congelato le decine di miliardi di dollari che Gheddafi ha depositato su conti stranieri in questi ultimi anni.

Il leader libico ha inoltre trasferito del denaro all’estero dall’inizio della guerriglia a metà febbraio, secondo responsabili che si sono espressi sotto condizione di anonimato.

Il totale delle somme non è facile da determinare, in particolare perché Gheddafi ha investito in società e istituti finanziari che nascondono il suo nome, secondo il quotidiano.

La Turchia, contraria all’intervento militare in Libia, il Kenya e molti altri paesi africani sono restii ad applicare le sanzioni. India, Cina e Russia hanno da parte loro resistito agli sforzi occidentali che volevano allargare le sanzioni. Infine, Paesi senza legami economici o diplomatici con Gheddafi non hanno cercato di identificare e bloccare i conti del leader libico, a volte in mancanza di capacità “ tecniche” per scovare i suoi beni nascosti.

RIENTRATO RIMORCHIATORE ASSO 22 - E’ arrivato nella tarda mattinata di oggi al porto di Augusta, in provincia di Siracusa, il rimorchiatore “Asso 22”, liberato due giorni fa dalle autorità libiche dopo oltre un mese di sequestro nel porto di Tripoli. Si conclude così un incubo per gli undici uomini dell’equipaggio, rimasti bloccati dal 17 marzo nella capitale libica.

FRATTINI: "ANDRO' A BENGASI" - Franco Frattini si recherà a Bengasi. Lo conferma lo stesso ministro degli Esteri in un’intervista al Sole 24 Ore: “Andro’ a breve, probabilmente per inaugurare il nostro consolato”.

Il governo italiano, intanto, prepara il tavolo della Riunione del Gruppo di contatto sulla situazione libica, che si terra’ il prossimo 5 maggio a Roma. La Farnesina, ha spiegato il capo della diplomazia italiana, lavora su due fronti.

“Quello politico”, spiega, “prevede un accordo tra tutti i Paesi, per permettere non solo lo scongelamento” dei beni degli enti libici all’estero, ma “anche la vendita del petrolio”. Alla riunione del gruppo, poi, l’Italia chiederà che “il coordinamento delle azioni politiche e diplomatiche verso il Consiglio nazionale transitorio avvenga sotto l’ombrello dell’Onu, altrimenti si rischia una confusione di ruoli e l’accavallarsi di contatti e iniziative scarsamente efficaci e dispersive”.