Amman, 10 giugno 2011 - E’ salito ad almeno 32 morti il bilancio dei manifestanti uccisi dalle truppe di Bashar el Assad che protestavano contro il regime siriano: a riferirlo sono gli attivisti locali, citati dalla rete Abc, secondo cui vi sono stati morti nella piana di Hauran, a Damasco, nella città costiera di Latakia, e nella provincia nordoccidentale di Idlib, dove truppe e carri armati hanno lanciato una pesante offensiva. A Maarat al-Numaan sono intervenuti 5 elicotteri d’attacco aprendo il fuoco indiscriminatamente.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sta tentando di contattare telefonicamente il presidente della Siria, Bashar Assad, ma quest’ultimo si rifiuta di rispondere. Lo ha riferito oggi il portavoce di Ban, Martin Nesirky.

Nei giorni scorsi il segretario generale ha condannato più volte le sanguinose repressioni ordinate dal regime di Damasco, chiedendo al presidente di aprire le porte agli inquirenti dell’Onu incaricati di indagare sulle possibili violazioni dei diritti umani. Sul tavolo del Consiglio di Sicurezza c’è una bozza di risoluzione che condanna le violenze. Il testo - preparato da Gran Bretagna ed appoggiato da Francia, Germania e Portogallo - e’ bloccato dalla minaccia del veto di Russia e Cina. Anche Brasile e India hanno fatto sapere che potrebbero votare ‘no’ alla bozza europea.

STATI UNITI-ASSAD, SALE LA PRESSIONE - Gli Stati Uniti vogliono “accentuare la pressione” sul presidente siriano Bashar al Assad per costringerlo a mettere fine alle violenze. Lo ha affermato il portavoce del Dipartimento di stato.

“Occorre costruire una pressione internazionale (...) noi continueremo a cercare il mezzo di accentuare la pressione su di lui”, ha dichiarato Mark Toner, “Ciò che conta, è fargli capire che la pressione aumenta sulle sue azioni”. La Russia, che dispone di un diritto di veto all’Onu, è contraria a qualunque risoluzione dell’Onu sulla Siria, aveva indicato ieri il ministero degli Esteri russo. Interpellato su questo punto, Toner ha menzionato “il difficile lavoro della diplomazia”, secondo cui il ruolo degli Stati Uniti è “attirare maggiore attenzione su quello che avviene in Siria”.