New York, 28 giugno 2011 - Non importa se l’Fbi abbia accertato che in alcuni casi di violenza giovanile sfociata in tragedia e in sparatorie a scuola, l’ispirazione diretta sia stata quella dei videogiochi violenti. La Corte Suprema degli Usa non la pensa allo stesso modo e ieri, con sette voti a favore e solo due contrari, ha cancellato una legge del 2005 della California che di fatto proibiva la vendita di videogames violenti ai minori dei 18 anni. «Sarebbe una violazione al primo emendamento della costituzione che si basa sulla libertà di espressione» hanno sentenziato gli alti magistrati.

 

In altre parole gli Stati devono difendere i minori, ma per arrivare a proteggerli non possono far venir meno loro i diritti costituzionali. I giochi violenti in altre parole sono stati equiparati alla libertà di parola e come tali non possono essere ne messi al bando ne limitati nella vendita. Arnold Schwarzenegger, da governatore, approvò la legge che imponeva ai venditori fino a 1.000 dollari di multa. Contro il provvedimento sono ricorsi in appello tutti i grandi costruttori di videogames. Il giro d’affari annuale supera i 13 miliardi di dollari e il 97% dei giovani, fra i 12 e i 17 anni, rappresenta la fascia di consumo più accanita e che dedica il maggior tempo al gioco. Va ricordato però che almeno secondo le statistiche americane dei primi 20, solo sette dei video giochi più venduti possono essere classificati come altamente violenti o basati su storie di sangue e di vendette quindi con contenuti anche profondamente diseducativi.

 

Uno di quelli considerati più contagiosi è 'Call of duty' seguito da super Mario Brothers. Più che i giudici della Corte Suprema insomma dovranno d’ora in poi essere i genitori a guidare i figli nelle scelte di queste storie elettroniche interattive che finiscono per creare in certi casi una vera e propria dipendenza. Titoli come Mortal Kombat, Resident Evil o Grand Theft Auto che esaltano dalle arti marziali ai furti di automobili, sono stati messi all’indice da molte associazioni di genitori e di psicologi, ma la vendita su scala nazionale non è affatto diminuita. La logica degli specialisti è semplice: siccome la bravura nei videogiochi violenti viene comunque premiata crea la sensazione inconscia che la violenza sia di fatto gratificante. Ci sono però psicologici che sostengono il contrario e cioè che i giochi violenti rappresentano un sano sfogo della fantasia paragonabile all’effetto delle fiabe nei bambini e come tali non dovrebbero essere demonizzati.