L'Aja, 4 luglio 2011 - L’ex generale serbo bosniaco Ratko Mladic è comparso oggi, per la seconda volta dopo il suo arresto il 26 maggio scorso, davanti ai giudici del Tribunale penale internazionale dell’Aia (Tpi). Ma ha rifiutato di dichiararsi colpevole o meno degli 11 capi di accusa a suo carico - inclusi quelli di genocidio e crimini contro l’umanità - preferendo adottare un atteggiamento di aperta sfida alla Corte. “Questo tribunale non è niente”, sono state alcune delle ultime parole gridate in aula prima che il presidente di giuria, l’olandese Alphons Orie, disponesse l’allontamento dell’imputato, richiamato più volte all’ordine.


Tutto è iniziato puntualmente alle 10 del mattino, in base ai tempi previsti dal regolamento. Un mese fa, il 3 giugno, Mladic aveva già rifiutato di dichiararsi colpevole o innocente ottenendo, come previsto dal regolamento Tpi, ulteriori 30 giorni prima della nuova convocazione, quella odierna. Sin dai primi minuti il giudice Orie ha severamente invitato Mladic “a guardare e rivolgersi alla Corte non alla tribuna del pubblico”, presente in aula per assistere all’udienza, trasmessa in diretta dai principali media internazionali.


Come trenta giorni fa, Mladic si è presentato in completo grigio chiaro e cravatta, con un berretto in testa che gli è stato chiesto di togliere. “Ho freddo alla testa, lasciatemi rimettere il berretto - si è inalberato l’ex generale - sono malato, metà del mio corpo non funziona, non voglio parlare con lei, mi sta imponendo condizioni impossibili” ha detto Mladic al giudice.
 

Il magistrato, da parte sua, ha puntualizzato che “in base alle informazioni dello staff medico del Tpi non ci sono state ragioni mediche per rimandare questa udienza”. Oltre le presunte motivazioni cliniche, l’altra principale ragione opposta da Mladic per il suo rifiuto di dichiararsi colpevole o meno è stata quella di non riconoscere come suo legale Aleksandar Aleksic, l’avvocato serbo asegnatogli d’ufficio in attesa che l’imputato nomini la sua difesa. “Senza il mio avvocato non ho bisogno di dire e fare nulla di quanto lei si aspetta” ha inveito Mladic nei confronti del giudice Orie, con un chiaro atteggiamento di sfida, lo sguardo saccente e derisorio.

Proprio Milos Saljic, legale serbo vicino a Mladic che potrebbe essere nominato suo difensore, aveva dichiarato ieri, da Belgrado, che l’ex generale non intendeva presentarsi in aula. Smentendolo, Mladic è comparso, ma ha rifiutato completamente di affidarsi al difensore d’ufficio Aleksic. Il quale ha provato, invano, a chiedere un nuovo posticipo dell’udienza. “Ci siamo incontrati almeno dieci volte ed è stato sempre cordiale, ma stamane ha rifiutato persino di comunicare con me” ha riferito Aleksic alla Corte.
 

La tensione è andata via via aumentando, con Mladic, oggi sessantanovenne, che ha alzato la voce fino a costringere il giudice a farlo allontanare. Orie, a udienza ripresa, ha dunque dichiarato per conto di Mladic la non colpevolezza per ognuno degli 11 capi di accusa, così come prevede il regolamento Tpi. Alcune madri di Srebrenica, presenti all'Aja, hanno urlato: "Maledetto assassino"
 

Arrestato in Serbia dopo quasi 16 anni di latitanza, Ratko Mladic è alla sbarra della giustizia internazionale per il suo ruolo durante la guerra in Bosnia del 1992-95: è accusato, tra gli altri, dell’assedio di Sarajevo e del genocidio di 8000 civili musulmani a Srebrenica, nel luglio 1995, il più efferato crimine di guerra commesso in Europa dopo l’Olocausto.

 

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