Washington, 6 agosto 2011 - Per la prima volta nella sua storia, l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha abbassato il giudizio di rating sul debito Usa: dalla classica tripla A che e’ il top del giudizio ad AA +.

Ma l’amministrazione Obama ha attaccato l’analisi compiuta dall’agenzia di reting per declassare il debito, dicendo di aver trovato un errore di 2 miliardi di dollari nei calcoli di S&P.

“Un giudizio errato per due miliardi di dollari parla da se’”, ha tagliato corto un portavoce del Tesoro, parlando al Wall Street Journal. Il presidente Barack Obama e’ stato informato dell’intenzione di S&P di abbasare la valutazione sul debito Usa poco prima di lasciare Washington per partire alla volta del buen retiro’ di Camp David.

L’abbassamento di un grado nel giudizio é stato innescato, spiega S&P dalle difficoltà del Paese alle prese con un enorme deficit e conseguente debito. L’agenzia ha anche aggiunto un outlook negativo, spiegando che c’e’ il rischio di un ulteriore declassamento nei prossimi due anni se non sarà fatto un profresso per tagliare l’ernome defici di bilancio; secondo l’agenzia la strategia politica degli ultimi mesi dimostra che il governo del Paese sta diventando “meno stabile, meno efficace e meno prevedibile”. E nel pomeriggio l'agenzia rincara: il processo politico americano ‘’non è coerente’’ con il rating di tripla A.

La decisione di tagliare il rating statunitense, sottolinea Jean-Michel Six, il capo economista per l’Europa di S&P, “non è una sanzione, tanto meno una punizione”. “Non siamo dei maestri di scuola. Facciamo delle diagnosi che permettono di confrontare la qualità del credito, in altre parole il livello di rischio dei vari strumenti presenti sul mercato”, ha detto Six a France Info.

Per gli Usa e’ il primo declassamento dalla AAA ricevuta da Moody’s nel 1917 e da quella ricevuta da S&P nel 1941.

 

OBAMA - Il presidente Usa Barack Obama, dopo il downgrade del debito, esorta il Congresso ad impegnarsi “al di là delle divergenze politiche” per rafforzare la ripresa economica e realizzare un credibile programma fiscale a lungo termine.

Secondo quanto affermato dal portavoce della casa Bianca, il presidente ritiene che le trattative per giungere ad un accordo sul tetto del debito degli Stati Uniti siano state troppo lunghe e laceranti e ora i membri del congresso devono unirsi e lavorare per rafforzare l’economia. "E’ importante’’ che il Congresso si unisca ‘’per rafforzare la nostra economia e riordinare i conti pubblici’’.

 

BUFFETT: "NON HA SENSO" - “Non la capisco, non ha alcun senso”. L’oracolo di Omaha, l’investitore miliardario Warren Buffett non ha dubbi: la decisione di Standard & Poor’s di tagliare il rating del debito americano da “Aaa” a “Aa+” non era necessaria e dovrebbe avere un impatto solo limitato sui mercati.

“Se non succederà nient’altro e non entreranno in gioco altre variabili, per esempio nuovi problemi in Europa, non si noterà differenza”, ha detto durante un’intervista all’emittente televisiva Fox Business.

Per questo, la sua Berkshire Hathaway, conglomerata americana il cui titolo vale oltre 107.000 dollari, non toccherà i propri investimenti per oltre 40 miliardi di dollari in titoli di stato americani. “Non ho la tentazione di vendere, tutto resta come è. A Omaha gli Stati Uniti hanno ancora la tripla A. Se ci fosse un rating quadrupla A, gli darei quello”. Sulla stessa linea il Tesoro americano: "Non c’è una giustificazione razionale’’ al downgrade di Standard & Poor’s.

 

PECHINO: AFFRONTATE I PROBLEMI DEL DEBITO - La Cina ha “adesso ogni diritto” di chiedere che gli Usa affrontino i loro problemi di debito: questa la prima reazione ufficiale del governo di Pechino alla notizia del declassamento dell’affidabilita’ del debito statunitense da parte dell’agenzia di rating, Standard&Poor’s.

Lo si legge in un commento pungente affidato all’agenzia ufficiale Xinhua.

Con una punta di acidita’, il governo del ‘gigante asiatico’ osserva che il governo di Washington deve ora affrontare seriamente una “dolorosa” realta’: “Sono ormai finiti i bei tempi in cui poteva tirarsi fuori dai guai da lui stesso causati accendendo prestiti a tutto spiano”.

Tra l’altro, siccome S&P ha anche espresso un outlook negativo sugli Usa, anticipando che c’e’ il rischio di un ulteriore declassamento nei prossimi due anni, la Cina da’ anche consigli: secondo la Xinhua, a meno che Washington non faccia sostanziali riduzioni a quello che definisce le “gigantesce spese militari e i costi salati del welfare”, il downgrade attuale asra’ solo un “preludio a piu’ devastanti tagli del giudizio di affidabilita’”.

E poi l’affondo: “La Cina, il piu’ grande creditore dell’unica superpotenza al mondo, ha tutto il diritto ora di richiedere agli Stati Uniti di affrontare i problemi strutturali del debito e garantire la sicurezza degli asset in dollari della Cina”, si legge nel commento in lingua inglese.

“Per curare la sua dipendenza dai debiti, gli Stati Uniti devono ristabilire il principio del buon senso, ovvero che non si deve vivere al di sopra dei propri mezzi”. L’editoriale prende di mira anche le “miopi” polemiche della politica Usa, dicendo che Washington ha consentito al dibattito elettorale interno di prendere come ostaggio l’economia globale.

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SCHEDA - L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha tagliato il rating degli Stati Uniti da “Aaa”, il massimo possibile, a un più modesto “Aa+”, il gradino appena più basso.

Cosa succederà ora? Nell’immediato, trader e investitori dovranno riconsiderare in tempo reale quello che è stato per decenni un assunto della finanza moderna e, nel breve termine, l’impatto potrebbe essere più psicologico che pratico. Le altre due principali agenzie, Moody’s e Fitch Ratings, hanno lasciato invariata la propria valutazione e questo ha consentito ai titoli di stato americani di rimanere il terreno sicuro su cui si sono rifugiati gli investitori, preoccupati per la crisi in Europa e per le condizioni dell’economia americana.

Ma la decisione di S&P potrebbe provocare un’ulteriore battuta d’arresto per una ripresa che non trova il giusto slancio, minando la fiducia degli investitori in un sistema politico che non riesce a trovare facilmente accordo su questioni che in passato sono state risolte con maggiore facilità. Il pericolo maggiore è quello di un effetto domino, con vari Stati americani e grandi aziende che potrebbero scivolare sulla stessa china di Washington.

Resta poi da capire se i titoli di stato americani risulteranno meno appetibili per gli investitori stranieri, in particolare la Cina, il principale creditore degli Stati Uniti con bond per 1.160 miliardi di dollari. Cifra ancora più significativa se si considera che nel 1945 i creditori stranieri detenevano solo l’1 per cento dei bond americani, mentre oggi la percentuale è salita al record del 46 per cento, stando ai dati di Bank of America Merrill Lynch. Alcuni analisti ritengono che i titoli di stato americani non perderanno il proprio status con il downgrade, mentre altri pensano che gli Stati Uniti saranno ora costretti a pagare interessi più alti, perché considerati più rischiosi.

Come risultato del downgrade alcuni fondi potrebbero liquidare una parte dei bond in loro possesso, soprattutto in presenza di regole rigide sul fatto di investire solo in asset con valutazione impeccabile, ma la maggior parte dovrebbe lasciare inalterati i propri investimenti. Banche e compagnie di assicurazione difficilmente dovrebbero accumulare più capitali a fronte delle proprietà in titoli di stato, ma il rating sui bond potrebbe risentirne: secondo JpMorgan Chase circa 4.000 miliardi di dollari di bond americani sono usati come garanzie collaterali da banche e trader sul mercato dei derivati e se queste non sono considerate di alta qualità, potrebbero essere necessari più contanti e titoli per calmare i creditori.