Londra, 9 agosto 2011 - Pezzi di metropoli in fiamme, quartieri che bruciano, barricate sulle strade formate da cassonetti di rifiuti e carcasse di auto. Quattro ragazzi con felpe di Abercrombie entrano da una finestra e svaligiano un appartamento. Un ragazzino tira un sasso contro un poliziotto armato di casco e manganello, mentre altri giovani fanno letteralmente a pezzi una macchina rossa parcheggiata. Non è Gaza, ma è Pelham, quartiere popolare di Londra, irriconoscibile rispetto a una settimana fa. Vandali e sciacalli in azione ovunque, negozi di elettronica e di abbigliamento depredati, perfino un pullman dato alle fiamme. Lo stesso accade a Clapham, a Brixton, così come era successo a Tottenham, la culla dei London riots.

 

Benvenuti nel bel mezzo della bleak revolution: non è la rabbia della comunità nera quella che sta mettendo a ferro e fuoco Londra e altre città del Regno Unito. Ma è la furia distruttrice di giovani senza speranza, con un futuro cupo, bleak, davanti a loro. Ci sono tanti brandelli di storie da raccontare per chi si trova a Londra in queste ore. Frammenti che poi pensa la Bbc a ricucire in una trama meno caotica di quello che è nella realtà. Oltre 550 persone arrestate, più di un centinaio verso i processi, come quei 23 londinesi alla sbarra per aver devastato un market di elettronica. La maggior parte giovani, il più anziano ha 45 anni.

 

Per un giorno la copertina se la prende Ken Livingstone, l'ex sindaco passato alla storia per la tassa sul traffico. E' il primo a dare alla rivolta un connotato generazionale, mentre gli altri si affannano ad utilizzare vecchie forme antropologiche, ricorrendo a Spike Lee. Ieri sono tornati sia David Cameron, che ha subito annunciato 16mila poliziotti in più per le strade di Londra, sia Boris Johnson, l'attuale sindaco che si è preso in faccia gli insulti della gente di Pelham, dei negozianti che fanno i conti con le loro botteghe distrutte, dei residenti senza più auto o senza più una casa. "Anche il mio mutuo è andato in fumo", confessa uno di loro alle telecamere.

 

Ma è Twitter il vero protagonista di queste rivolte urbane. Sono stati quei messaggini furiosi a innescare le prime molotov, dopo l'uccisione di Mark Dunggan da parte di un poliziotto; a cementare gang improvvisate, stile Guerrieri della notte. Rileggere oggi qualche messaggino fa venire i brividi, era benzina elettronica su un fuoco reale. Un'autocombustione per gruppi di giovani sotto i 30 anni. Twitter è anche il mezzo usato per cercare di spegnere le fiamme, un estintore maneggiato da stelle del calcio come Wayne Rooney e Ferdinand del Manchester United, o da chef famosi come Jamie Oliver. I loro messaggini invitano alla calma, spiegano ai giovani che stanno distruggendo le loro cose. Perfino la polizia usa Twitter, per allontanare i curiosi o per dire ai genitori di richiamare i loro figli. Sono nati gruppi di cittadini "clean up", armati di scope e spazzole per ripulire le strade ricoperte da cassonetti e macerie.

 

L'ultima novità è la morte di un giovane ucciso in una macchina, a Croydon, sobborgo di Londra. Può essere l'innesco di nuove violenze, oppure il secchio di acqua gelida che fa tornare la calma. Londra e il Regno Unito però hanno bisogno di un nuovo Menenio Agrippa: di un leader capace di convincere giovani senza futuro ad accettare un presente senza rabbia.